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L’Europa alla conquista di Marte

Exomars 2016 è partito in perfetto orario, 10.31, dalla base spaziale russa di Baikonour. Il potente razzo vettore Proton lo ha portato fuori dall’atmosfera terrestre prima, e poi, entro stanotte, nell’orbita corretta di trasferimento verso quella definitiva che porterà il satellite verso Marte, dove arriverà per ottobre. Lì proverà un qualcosa che noi europei non abbiamo ancora, la tecnologia per arrivare in modo sicuro sul Pianeta rosso, “ammartare” come dicono i tecnici con un pessimo neologismo, e per studiare, con attrezzatura in gran parte italiana, l’atmosfera marziana, ancora in gran parte un rebus da sciogliere.

Un primo grande successo per la missione europeo-russa dunque cui l’Italia partecipa in prima persona, con il 35% della spesa, molti e qualificati responsabili delle ricerche scientifiche che si effettueranno e con tante nostre qualificate industrie, medie e piccole coordinate, assieme a quelle di mezza Europa, da Thales Alenia Space di Torino.
C’è Finmeccanica, con la ex Selex Es, oggi Divisione sistemi avionici e spaziali, che ha fornito fra l’altro il fondamentale navigatore stellare che permette al satellite di stabilire la rotta, e Telespazio con il software per il centro controllo missione, ma anche le più piccole, ma comunque importanti, Aerosekur per l’innovativo sistema che attutisce l’arrivo al suolo della capsula Schiaparelli, e la Vilella Aerospace che ha lavorato sugli indispensabili pannelli solari.

C’era poco tempo, un paio di giorni, per lanciare Exomars 2016, poi Terra e Marte si sarebbero allontanati e il tempo di viaggio fra i due pianeti rischiava di crescere da otto mesi scarsi a quasi due anni.

Ma è andato tutto bene e ora dobbiamo aspettare ottobre per capire se saremo così bravi da far arrivare su Marte la piccola sonda Schiaparelli che sta proprio sulla testa, diciamo così, del molto più grande modulo spaziale TGO, che resterà invece in orbita attorno al pianeta dopo aver sganciato la sonda. Lui, TGO, servirà da base per ripetere i segnali radio, ma soprattutto per studiare dalla sua orbita, con gli strumenti che ha a bordo, il metano marziano per capire se sia di origine organica, potrebbero infatti generarlo dei batteri sotto la superficie, oppure se è di origine geologica.

Nel primo caso, origine biologica, la scoperta cambierebbe la nostra concezione della vita nell’universo: se infatti troveremo anche un solo batterio qualunque su Marte capiremo che la vita non è una prerogativa della Terra, una rivoluzione assoluta.

Il piccolo modulo Schiaparelli, una volta arrivato sul Pianeta rosso, inizierà una corsa frenetica contro il tempo, per portare a termine i tanti esperimenti programmati nelle poche ore, un paio di giorni almeno, in cui potrà funzionare prima di esaurire l’energia elettrica che sostiene la strumentazione. Quest’ultima è in buona parte di fabbricazione italiana, sviluppata da Università di Padova, Cisas, e Istituto Nazionale di Astrofisica, Napoli, con due scienziate italiane, la partenopea Francesca Esposito e la padovana Francesca Ferri, come responsabili della parte scienza di due esperimenti o fondamentali, che cercheranno di capire se l’atmosfera o le sabbie marziane possono essere pericolose per la seconda parte della missione, che porterà su Marte un vero e proprio laboratorio fisico chimico semovente, nel 2020.