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La lunga strada per il mercato pulito

Il governo ha tenuto fede all’impegno di varare una riforma degli appalti ambiziosa e capace di rifondare il mercato rendendolo più efficiente (costi e tempi certi) e pulito (abbattimento della “tassa” occulta della corruzione). Non mancano, però, le correzioni da fare, per evitare che nella fase di transizione si ottengano gli effetti paradossali di una riduzione di trasparenza o di una paralisi del sistema.

La strada maestra di un nuovo sistema di regolazione con l’Anac al centro va nella direzione giusta, quella di un “modello Expo” generalizzato in cui lo sblocco del sistema arrivi da una maggiore garanzia di legalità. Bene anche il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, la drastica sforbiciata al loro numero, i rating reputazionali per premiare le imprese virtuose, la semplificazione che elimina il regolamento generale per fare posto alle linee guida Mit-Anac. In tutto 217 articoli che sono poco più di un terzo dei 660 del sistema codice+regolamento attuale.
Se l’impianto della riforma è certamente buono, ancora molte sono le cose da aggiustare in una disciplina che è fatta non solo di pilastri ma anche di dettagli di non poco conto. Nel settore degli appalti pubblici la storia delle pentole e dei manici è assolutamente calzante. Sulla progettazione non si fanno passi avanti: ci vogliono più concorsi di progettazione, più qualità e meno appalti integrati, vera piaga del settore negli anni passati. La qualificazione delle imprese va rimessa a posto, superando le gravi patologie passate del sistema Soa. Nei subappalti si deve cercare un equilibrio fra costruttori e altri soggetti “industriali” non meno importanti. L’obiettivo di un mercato più trasparente ed efficiente è solo impostato, ma la strada è ancora lunga.

Per essere chiari – ripetendo un concetto già espresso il 1° marzo parlando dei rischi di riduzione della trasparenza e di blocco del settore nel periodo transitorio – le norme hanno bisogno di essere promosse, spiegate e accompagnate (a questo dovrebbe pensare il fondamentale ruolo dell’Anac di Cantone che copre un vuoto ultraventennale che aveva per esempio affossato una buona legge come la Merloni negli anni ’90), ma hanno anche bisogno di essere condivise, di creare nuovi equilibri fra domanda e offerta e all’interno dell’offerta, hanno bisogno di tempo per essere applicate correttamente. Per questo la regolazione è lo strumento-chiave. L’illusione che tutto si possa fare con un colpo di bacchetta magica, scrivendo una nuova norma, invece, appartiene ai decenni scorsi e in questo Paese ha fatto già danni gravissimi in un approccio pangiuridico che ha riempito aziende e amministrazioni di avvocati e le ha svuotate di ingegneri.

Ancora molti sono i dubbi su singole norme. Siamo sicuri che le singole stazioni appaltanti saranno in grado di definire criteri di qualificazione, di dare i requisiti alle società di ingegneria, di fare analisi di mercato per giustificare magari la vecchia orribile prassi di preferire una trattativa privata a una gara? Siamo sicuri che sia giusto lasciare nel periodo transitorio, un po’ troppo genericamente e superficialmente affrontato dal nuovo codice, la facoltà alle stazioni appaltanti di scegliersi le commissioni di gara nel momento in cui l’offerta economicamente più vantaggiosa diventa praticamente l’unico criterio di selezione delle offerte in gara? Siamo sicuri che ridurre i livelli di trasparenza dei bandi di gara cancellando la pubblicità sui giornali (che oggi alimenta un sistema privato virtuoso di provider che danno informazioni e trasparenza al sistema) non produca nel breve periodo zone d’ombra ulteriori e comportamenti viziosi, anziché virtuosi, che sarà più difficile poi rimuovere?

Il Sole 24 Ore è stato il primo a chiedere ampi poteri all’Anac di Raffaele Cantone per farne il perno regolatorio (e di vera vigilanza e sanzione) del sistema quando nessuno lo pensava. Ma questo non significa che si debbano attribuire poteri messianici all’Autorità che non riuscirà, in poco tempo, a mettere in piedi un sito unico di pubblicazione di bandi di gara, come, d’altra parte, finora non è riuscita a fare nessuna amministrazione pubblica in Italia.

Fa bene l’Anac ad accelerare l’approvazione delle linee guida che, a valle del codice, dal 18 aprile in poi, dovranno dare certezze agli operatori pubblici e privati. È la strada per consolidare rapidamente un quadro di certezze e accorciare i tempi della transizione fra il vecchio e il nuovo regime. Fa male il legislatore – in questo caso governativo – a ignorare che una fase transitoria ci sarà comunque ed è bene affrontarla con strumenti adeguati, se non si vuole far naufragare una buona riforma prima del suo arrivo in porto.