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Il Mose è ripartito: pronte in due anni le dighe

Il Mose contro l’acqua alta è in costruzione dopo la fermata ai tempi dell’inchiesta giudiziaria che ne azzerato il vertice. Sarà finito fra due anni. È uno dei temi caldi a Venezia insieme con le ovvietà sugli eccessi turistici e con l’irrisolvibile (per ora) tema delle grandi navi da crociera contro le quali il 25 settembre ci sarà una manifestazione nimby di sicura forza mediatica.

Ieri un rimorchiatore d’altura, il Garibaldo, ha consegnato a Venezia (cantiere di Santa Maria del Mare, isola di Pellestrina) i primi quattro colossali cassoni d’acciaio, i più grandi del Mose, costruiti in un cantiere di Spalato in Dalmazia. I quattro colossi formeranno una parte del sistema di paratoie per chiudere l’acqua alta fuori dalla bocca di porto di Malamocco.

La storia

Il Mose, sigla di Modulo sperimentale elettromeccanico, è il nome acquisito dall’intero progettone delle paratoie. Dopo l’alluvione di Venezia del 4 novembre 1966, la legge speciale per Venezia decise di costruire le porte colossali che con la marea più pericolosa si alzassero e tenessero lontana l’acqua alta chiudendo i grandi varchi fra laguna e mare. Nel dicembre ’82 nacque il Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per lo Stato voluto dai famelici politici del pentapartito di allora. Fino a pochi anni fa il progetto Mose è stato un colossale ripartitore di flussi di denaro, una dozzina di miliardi, molti dei quali usati per costruire l’opera ma moltissimi invece dissipati.

La Finanza, che ha cominciato a indagare nel 2010, ha rilevato una sequenza di reati alta come un elenco del telefono.

Arresti, scandalo, blocco temporaneo del progetto, azzeramento del vertice, intervento del Governo e nel dicembre 2014 la nomina di tre commissari, cioè Giuseppe Fiengo, Luigi Magistro e Francesco Ossola. I tre commissari — dopo mesi di ribaltamento degli archivi e di stop ai lavori — insieme con la Finanza, la magistratura e l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone hanno riavviato i lavori del progetto.

Il costo del solo sistema Mose è di 5.493 milioni di euro. Per il rush finale rimangono ancora da assegnare 221 milioni. Il programma dice, forse con ottimismo, che il 30 giugno 2018 le paratoie saranno finite e da allora Venezia sarà in salvo dall’acqua disastrosa che spesso allaga la città.

Dei quattro tratti di paratoie, uno è pronto (Cavallino-Baccàn) e uno, il più profondo, è ora in posa (Malamocco). Già realizzate gran parte delle opere complementari nella laguna e sulle rive dei canali per mitigare gli effetti delle maree e ricuperare la forma naturale della laguna. Messi in salvo con “mini-mose” i centri abitati come Chioggia e Malamocco.

Il vero problema del progetto Mose è il consenso soprattutto tra i non veneziani: oltre ai decenni di denarificio, da terraferma legioni di intellettuali veri o sedicenti di mezzo mondo temono di perdere la Venezia romantica dei sospiri e delle gondole, ma Venezia sarà davvero spazzata dal mare se non si finirà il Mose.

Dal punto di vista ingegneristico il Mose ha le smagliature di un progetto concepito 30 anni fa. Le prove di chiusura dell’acqua alta fuori dalla laguna dicono che il Mose funziona davvero ma servono aggiustamenti e miglioramenti. Fra tre settimane altre prove di chiusura delle dighe mobili.