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Fondi coesione (Fsc), 28,6 miliardi per lo sviluppo

Si sbloccano le due maxi-delibere con le quali il Cipe, il 10 agosto scorso, ha ripartito e assegnato gli ultimi 28,6 miliardi di euro di fondo sviluppo e coesione (Fsc). Il 2 novembre la Corte dei Conti ha registrato le delibere, che a questo punto usciranno nei prossimi giorni sulla Gazzetta Ufficiale (sono già scaricabili sul quotidiano digitale «Edilizia e Territorio»).

Tre mesi per registrazione e pubblicazione di delibere Cipe sono un’ottima performance, se confrontata ai 6-8 mesi del passato. La prima delle due assegna a Regioni e città metropolitane firmatarie dei Patti per il Sud i 13,4 miliardi già “promessi” del governo all’atto della firma dei documenti con governatori e sindaci (il primo accordo è stato quello con la Regione Campnia, il 24 aprile scorso, l’ultimo quello con la Città metropolitana di Napoli, il 26 ottobre, mentre ancora manca quello con la città di Cagliari). Queste le quote: alla Regione Abruzzo 753,4 milioni; alla Basilicata 565,2; alla Calabria 1.198,7 mln; alla Campania 2.780,2; al Molise 378 milioni; alla Puglia 2.071,5; alla Sardegna 1.509,6 mln; alla Regione Siciliana 2.320,4 mln. Poi le Città metropolitane: a Napoli 308 milioni; a Bari 230; a Cagliari 168, a Catania, Messina e Palermo 332 milioni ciascuna.

La seconda delibera, la 25/2016, ripartisce per “Aree tematiche” i residui 15,2 miliardi di fondi fondi Fsc 2014-2020: 11.5 miliardi alle infrastrutture, 1,9 miliardi all’ambiente, 1,4 allo sviluppo economico, 400 milioni all’agricoltura, ciascuna cifra da programmare tramite «Piani operativi» da definire e approvare nella Cabina di regia Stato-Regioni, su proposta dei relativi ministeri. La delibera non fissa termini per l’approvazione dei piani. Sono comunque in fase avanzata di elaborazione (su «Edilizia» web la bozza del ministero delle Infrastrutture). Spetterà alla Cabina di regia Stato-Regioni approvarli.

Una delle novità, leggendo il testo delle due delibere, è il termine fissato dal governo al 31 dicembre 2019 per le «obbligazioni giurdicamente vincolanti per l’affidamento dei lavori», pena la revoca dei fondi. Entro la fine del 2019, cioè, i vari soggetti beneficiari dei finanziamenti per i singoli interventi (Regioni, Comuni, Anas, Rfi, società pubbliche locali, etc…) dovranno aver firmato con le imprese i contratti di appalto per i lavori.

Tre anni abbondanti possono sembrare tanto, ma se pensiamo che con il nuovo Codice appalti tutti i progetti devono essere esecutivi, devono essere completate le procedure approvative e fatta e aggiudicata la gara d’appalto, i tre anni non sono poi molti. Soprattutto perché è un termine generale, che vale per tutti i 28,6 miliardi di euro assegnati (significa aggiudicare gare per 9,5 miliardi di euro all’anno solo con l’Fsc).

Naturalmente il governo vuole anticipare il più possibile la spesa già dai primi anni, e cronoprogrammi dei singoli interventi e obiettivi di spesa sono indicati nei Patti per il Sud e lo saranno nei Piani operativi per le singole aree tematiche. Il Cipe affida a Invitalia (Agenzia nazionale attrazione investimenti) il ruolo di «soggetto responsabile per l’attuazione degli interventi», solo però se viene scelto “dalle parti” (Stato-Regione o Stato-Ministeri), mentre per tutti i piani (Patti Sud e piani operativi nazionali) spetta all’Agenzia di coesione il ruolo di vigilanza e controllo “attivo”, con la possibilità di istituire task-force per l’attuazione dei piani ma anche di proporre alla presidenza del Consiglio sanzioni in caso di ritardo nella spesa per oltre al 25% rispetto ai programmi, con sanzione di valore pari allo scostamento stesso.

Circa la spesa, la delibera 26 sui Patti per il Sud (13,4 miliardi) indica risorse spendibili pari a 1,5 miliardi di euro per il biennio 2016-2017, più altri due miliardi nel 2018. Quella sulle Aree tematiche non indica invece per ora stanziamenti annuali, in attesa dei Piani operativi.