Nell’era della digitalizzazione pare che il futuro possa ancora arrivare in treno. Anzi, pare proprio che sia già arrivato. E’ questa l’impressione che si trae guardando la rete ormai consolidata eppure ancora in ampliamento che unisce l’Asia – la Cina in particolare -, con l’Europa.
Si tratta della “Nuova Via della Seta”. Il progetto è stato voluto dal leader cinese Xi Jinping e, come si è detto, è ormai concretizzato lungo i binari che collegano i due continenti: dalla Cina sudoccidentale all’Europa centrosettentrionale.
Il risultato del lavoro è stato efficacemente sintetizzato da un reportage del quotidiano La Stampa: dalla Cina a Rotterdam è già possibile arrivare in treno in quindici giorni invece che in quaranta via mare. Una volta ultimata, la strada ferrata che unisce queste due parti della Terra sarà lunga 8mila chilometri e permetterà a treni merci da 80 container di spostarsi da Chengdu a Rotterdam con regolarità.
Si apre così un futuro fatto di grandi scenari ma anche di concorrenza quasi locale. Rotterdam, per esempio, avrà in mano una carta vincente per battere i grandi porti di Amburgo e Anversa. Più di tutto, poi, l’Europa si troverà sottoposta ad un incessante flusso di merci asiatiche che daranno del filo da torcere a quelle locali. Già oggi occorre ricordare che l’Ue intrattiene scambi con la Cina per 600 miliardi all’anno che diventeranno mille nel 2020. E viene fatto anche notare che i due poli della linea potranno a loro volta essere i punti di partenza per altre reti viarie.
Tutto o quasi – spiega La Stampa -, in mano ai cinesi e alle loro ferrovie che seguono una ben precisa strategia di politica estera che ha pure uno slogan pubblicitario: “Yidai, yilu”», “una cintura, una via”.
I cinesi, d’altra parte, seguono un orientamento di politica infrastrutturale ed economica ormai ben delineato. Le merci – viene spiegato -, dovranno tornare a viaggiare via mare e via terra sfruttando la nuova rete di infrastrutture che si va costruendo: porti, ferrovie, autostrade, gasdotti e oleodotti su un territorio che coinvolge 64 Paesi, il 70% della popolazione mondiale, il 75% delle riserve energetiche e il 55% del prodotto lordo globale.
Una prospettiva che ovviamente necessita di risorse finanziarie enormi per essere realizzata. Secondo il Financial Times – spiega ancora il quotidiano torinese -, solo per i progetti già sulla carta saranno necessari 890 miliardi di dollari. Tanto che sono state create apposta già due banche: la Banca per gli investimenti nelle infrastrutture asiatiche (Aiib) e la Banca per lo sviluppo asiatico (Adb).
Tornando alla “Nuova Via della Seta”, il primo tratto è stato aperto nel 2008 con il primo treno in arrivo ad Amburgo da Xiangtan nella Cina centrale. Attualmente invece ci sono 12 centri in Cina e 9 in Europa collegati da ferrovie transcontinentali. Solo Varsavia, per esempio, è collegata a Suzhou, Lodz a Chengdu, Duisburg a Chongqing, Madrid a Yiwu.
Così, accade che il futuro di una consistente parte dell’economia occidentale si trovi ad arrivare non solo in ferrovia, ma anche e soprattutto lungo gli antichi percorsi di scambio e comunicazione infrastrutturale già aperti nell’antichità e poi rinvigoriti nell’800.