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Dalla Bei con i piani Juncker 1 e 2, per l’Italia 100 miliardi

L’Italia potrà attivare un totale di 80-100 miliardi di nuovi investimenti, di cui 40-50 a sostegno delle sole PMI, dalla somma del Piano Juncker 1 + 2 spalmata su un arco temporale di circa sei anni, dal maggio 2015 al 2020-2021. Il calcolo è presto fatto: all’Italia basterà mantenere il ritmo a passo sostenuto delle operazioni chiuse nei primi 16 mesi del Piano Juncker. Un ritmo che finora ha portato gli investimenti attivati in Italia dalle garanzie EFSI su operazioni Bei e Fei oltre 15 miliardi. Nello specifico, le garanzie dello speciale Fondo per gli investimenti strategici hanno consentito al Fei di mobilitare investimenti per le Pmi fino 8 miliardi con l’utilizzo di garanzie su portafogli di crediti e 1,5 miliardi su equity.

Questo traguardo è realistico, per Dario Scannapieco, vicepresidente Bei e presidente del Fei (Fondo europeo per gli investimenti), specializzato in strumenti di finanziamento e copertura del rischio a sostegno delle piccole e medie imprese. «L’Italia è uno dei Paesi che ha utilizzato al meglio la finestra EFSI per le Pmi: c’è stato un vero e proprio boom di queste garanzie in Italia, che hanno sostenuto poco meno di 8mila Pmi su un totale di 15mila in tutta Europa», ha puntualizzato Scannapieco al Sole-24 Ore. L’attività del Fei, nell’ambito del Piano Juncker, finora ha attivato 58 miliardi di investimenti, con un impatto positivo su 150mila posti di lavoro di cui 50mila in Italia. Il ruolo del Fei è di assorbire il rischio Pmi, alleggerendo così il peso sul bilancio delle banche che hanno molta liquidità ma spazi ristretti per aumentare le esposizioni più rischiose.

«Con il piano Juncker la Bei è entrata in operazioni più rischiose che in passato non avrebbe potuto accettare – ha spiegato il vicepresidente -. Ora possiamo chiedere meno garanzie alle banche, spingerci su durate più lunghe, entrare nelle operazioni ibride molto vicine all’equity». La Bei con il Piano Juncker diventerà anche azionista delle imprese che sostiene finanziariamente? «Lo escludo, la Bei potrà aiutare le aziende come se investisse in equity, assumendosi un rischio equivalente, ma senza entrare nell’equity come azionista».

Il Piano Juncker 1+2, potenziato, apre comunque nuove opportunità. E la Banca europea si sta adeguando al passo con i tempi che cambiano. «La Bei sta finanziando imprese con dimensioni più piccole, oltre alle grandi assistiamo molte più medie aziende e questo avverrà sempre di più attraverso lo strumento delle piattaforme, che è molto avanti in Italia grazie a lla stretta cooperazione con la Cdp».

Il Piano Juncker 2 non è ancora definito: per esempio, la quota assegnata alla lotta contro il cambiamento climatico, inizialmente ipotizzata su un livello molto elevato pari al 40% dei finanziamenti, potrebbe essere ridotta al 25% perchè manca la materia prima, il progetto. «La Bei è pronta a fare la sua parte ma abbiamo bisogno di progetti di qualità, sostenibili, bancabili, questo è un passaggio essenziale».

E allora, cosa dire del Ponte sullo Stretto di Messina, un progetto rilanciato ieri da Matteo Renzi? «Un progetto per costruire il ponte sullo Stretto di Messina non è mai stato presentato alla Bei finora. Se dovessimo riceverlo, lo analizzeremo per valutarlo sulla base dei criteri che applichiamo su tutti i progetti, guardando soprattutto alla convenienza economica». E su cosa sta lavorando allora la Bei oggi in Italia?

«Tra le aree che stiamo esplorando c’è un programma ad hoc presso la Presidenza del Consiglio sul dissesto idrogeologico, per mettere in sicurezza argini e fiumi – ha detto Scannapieco -. Anche sul fronte dell’assistenza alle aree terremotate in Italia, la Bei si sta muovendo con interventi su tre livelli: per primo c’è l’obiettivo di ripristinare l’attività produttiva, poi la ricostruzione dei privati e infine la prevenzione, quest’ultima soprattutto attraverso il piano casa. Ma per poter intervenire bene bisogna conoscere bene. Occorre insomma un approccio più scientifico, per puntare a un maggiore ritorno economico-sociale».