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CsC: Italia arranca, ma è 2^ in Europa e 7^ nel mondo

«L’Italia arranca ancora. Tuttavia l’annuale classifica elaborata dal Centro studi di Confindustria evidenzia che il Paese riesce a difendere la seconda posizione in Europa e settima nel Mondo, con una quota del 2,3%, seppure quasi dimezzata rispetto al 2007». Lo rileva il CsC nel Rapporto “I nuovi volti della globalizzazione”, nel quale si osserva anche che l’Italia è «nona nell’export di manufatti, ottava se si mette in conto il recente deprezzamento della sterlina».

Per Confindustria, la manovra, se funzioneranno le misure messe in campo per sostenere gli investimenti, «ha un potenziale espansivo che potrebbe andare oltre quello che dice il Governo». Anzi rilancia il capoeconomista di Confindustria, Luca Paolazzi «l’effetto potrebbe essere importante», ribadendo «quanto già indicato nei giorni scorsi» nell’analisi mensile “congiuntura flash” del centro studi di via dell’Astronomia. Resta però il rischio referendum per «l’incertezza» che ne accompagna l’esito.

Quanto all’impatto sul Pil del prossimo anno, «il terzo trimestre 2016 è andato un po’ meglio, se il quarto replica il risultato c’è un effetto trascinamento» ma – ha chiarito il responsabile del centro studi di via dell’Astronomia – ancora non c’è alcuna nuova valutazione degli economisti di Confindustria sulle previsioni per il 2017». Paolazzi ha citato in particolare il superammortamento: il Governo stima un impatto espansivo della Legge di Bilancio di 0,4 punti percentuali di Pil.

Industria 4.0 «è una partita fondamentale» per i destini del manifatturiero italiano ma le nuove tecnologie richiedono «saperi codificati», appresi a scuola e alle università si sottolinea nel rapporto. Il piano del governo è una sfida da cogliere e uno dei driver di sviluppo su cui puntare.

«Industria 4.0 – si legge – è la direzione verso cui sta evolvendo tutto il mondo industrializzato». Tuttavia ci sono delle criticità legate soprattutto alla «debolezza» nella risorsa principe e principale di ogni sistema economico depositario di saperi: il capitale umano.

«Anche le imprese che più di altre innalzano la bandiera dell’innovazione (in hoc signo vinces ) fanno poco ricorso ai laureati, rispetto ai loro competitor europei: in media sono meno del 10% della manodopera occupata. L’80% delle imprese innovatrici si comportano così, contro meno del 40% in Spagna e il 50% in Italia». Per queste ragioni Industria

4.0 rischia di «essere ulteriormente divisiva tra chi è in testa e chi è nelle retrovie della performance di impresa». Per evitare questo e rendere il piano un «trampolino per la rincorsa e il ricompattamento, l’accompagnamento è cruciale e il Sistema Confindustria, con le sue ricche articolazioni territoriali e settoriali, è chiamato a giocare un ruolo chiave. Peraltro – conclude il Csc – le misure appena varate dal governo vanno in questa direzione».

L’appeal del made in Italy resta forte. «La domanda di Made in Italy è forte e crescente. Il brand Italia mantiene – scrive il Centro studi – integra la grande capacità di attrazione, che va meglio colta con la promozione internazionale declinata in tutti gli aspetti».Cruciale «promozione dell’export, intercettazione dei nuovi turismo, investimento nella valorizzazione della cultura». Bisogna «colmare i vuoti di produzione scavati dalla crisi, si va da dal -50% del legno dal picco pre-crisi al +11% della farmaceutica, con il Sud che ha subito i danni maggiori».

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