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Cdm, nuovo ok al piano per il taglio delle partecipate

Nuovo via libera al piano di dismissioni delle società partecipate. L’ok del Consiglio dei ministri è arrivato stasera con il secondo esame preliminare del decreto legislativo attuativo della riforma Madia che punta a sfrondare il numero delle aziende che gestiscono i servizi pubblici locali (come la rete dei trasporti su gomma e ferrovia). Il provvedimento è stato rivisto accogliendo molte delle correzioni richieste dalle Camere, ma non tutte. Di qui il ritorno in Parlamento, come previsto nella delega Madia, da cui il provvedimento discende. I nuovi pareri devono arrivare in 10 giorni. Solo dopo ci sarà il via libera definitivo. La ministra della Pa Marianna Madia, ha comunque assicurato che il provvedimento «prima dell’estate sarà legge dello Stato».

Criteri più soft sul fatturato

Il testo della riforma delle partecipate pubbliche che è stato esaminato oggi dal consiglio dei ministri, rispetto alla prima versione approvata a metà gennaio, smussa un po’ due dei parametri scritti per cancellare le società di troppo, ma conferma l’impianto che impone la chiusura o l’alienazione delle aziende troppo piccole, di quelle con più amministratori che dipendenti e più in generale di quelle che non rientrano nei servizi pubblici locali o negli altri settori di attività consentiti per l’intervento della Pa. I criteri per la chiusura delle società partecipate diventano meno rigidi, almeno se si guarda alle soglie di fatturato.

Rispetto al testo originale, la nuova versione abbassa a 500 mila euro (era un milione) la soglia di fatturato sotto cui tagliare. Viene anche individuata una percentuale per la sforbiciata di quelle in perdita (il rosso non deve essere inferiore al 5% del fatturato). Non cambiano invece i vincoli sulla dimensione, via quelle con più amministratori che dipendenti. Non c’è più spazio per doppioni, o per realtà diverse da spa, srl o società consortili. Il monitoraggio sui tagli sarà affidato a una struttura da individuare all’interno del ministero dell’Economia.

Dismissioni entro sei mesi

Restano fermi i tempi per la prima tornata di tagli: il piano straordinario scatterà a 6 mesi dall’entrata in vigore. Entro sei mesi gli enti proprietari dovranno scrivere piani di razionalizzazione delle loro società, che devono prevedere la cessione o la chiusura delle aziende fuori regola oltre a ulteriori operazioni di fusione o razionalizzazione che vengono lasciati alle scelte autonome delle amministrazioni. Si tratta di una prima sforbiciata che produrrà i suoi effetti nel 2017, ecco perché è stata rinviata al 2018 la cosiddetta razionalizzazione periodica. Obiettivo del governo è passare «da ottomila a mille» società pubbliche, come da slogan più volte rilanciato.

La soluzione normale è l’amministratore unico, ma ci saranno ancora delle situazioni, da determinare con decreto, per cui è possibile scegliere un Cda, sempre nel limite massimo di 5 membri. Molte poltrone dovrebbero quindi saltare. E per evitare che a venire meno siano proprio quelle su cui siedono donne, è stato rivisto il criterio delle ‘quote rosa’ (pari a un terzo). La regola vale non per la singola società ma per il totale delle nomine fatte in tutte le società partecipate.

Tetti stipendi e divieti buonuscita, basta il 10%

Non solo. Arriverà un decreto, anche se non c’è più una data fissa, che prevederà limiti retributivi secondo cinque fasce (fatto salvo il limite massimo di 240mila euro annui). Paletti che le amministrazioni potranno proporre anche nelle società che non controllano, ma di cui possiedono almeno il 10%. Stessa concetto per il divieto di buonuscite ai manager. C’è però una ‘postilla’ che permette di riconoscere premi anche agli amministratori di società in ‘rosso’, purché si sia comunque dimostrato un miglioramento rispetto alla situazione di partenza.

Esuberi delle partecipate con mobilità regionale

L’altra novità fondamentale rispetto al testo approvato in prima lettura a gennaio riguarda la gestione degli esuberi che saranno prodotti dalle alienazioni e dagli obblighi di revisione degli organici anche per le società che “sopravvivono”. Un ruolo di primo piano è affidato alle regioni, che dovranno favorire la mobilità territoriale ed entro sei mesi trasmettere gli elenchi all’agenzia nazionale per il lavoro creata dal Jobs act. Le altre controllate, per le nuove assunzioni, dovranno pescare dagli elenchi fino a giugno 2018, ma potranno evitare questo passaggio per i profili professionali più specifici che vengono meglio definiti dal testo finale della riforma.