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Arriva il cemento “vivente”, si ripara con ai batteri

Un cemento ‘vivente’, capace di riparare le lesioni provocate da eventi catastrofici grazie a batteri ‘muratori’ modificati geneticamente. E’ stato progettato dai ricercatori coordinati da Martyn Dade-Robertson, dell’università britannica di Newcastle, e potrebbe essere utilizzato per costruire fondamenta più sicure, capaci di ripararsi e persino di fabbricarsi da sole. Sarà presentato il 29 ottobre negli Stati Uniti, nella conferenza dell’Associazione per la computer grafica (Cad) in Architettura, organizzata ad Ann Arbor.

I ricercatori si sono ispirati al batterio realizzato da un gruppo di studenti della stessa università, chiamato BacillaFilla, in grado di riparare lesioni nel calcestruzzo grazie alla produzione di carbonato di calcio e una colla a base di zuccheri. Il gruppo di Dade-Robertson ha però utilizzato un batterio molto comune, l’Escherichia coli. Il primo passo è stato individuare in esso i geni che rispondono ai cambiamenti di pressione dell’ambiente. Quindi il Dna è stato modificato in modo da produrre una proteina che si illumina quando si ‘accendono’ i 122 geni sensibili ai cambiamenti di pressione. Il terzo passo in programma è sostituire il gene che produce la proteina fluorescente con geni che fabbricano sostanze simili a quelle prodotte dal BacillaFilla e che si dovranno attivare ogni volta che il batterio percepisce movimenti del suolo e cambiamenti nella pressione.

La produzione del ‘biocemento’ sarà, inoltre, controllata da un software in grado di prevedere come il microrganismo reagisce alle forze nel sottosuolo, come la pressione dell’acqua. “E’ un campo davvero emozionante” ha osservato Robertson. “Stiamo cercando di creare un materiale – ha aggiunto – che potrebbe avere ampie applicazioni architettoniche, ad esempio potrebbe essere usato anche per creare le basi degli edifici senza bisogno di scavare trincee e riempirle con il cemento”.