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Armani minaccia le dimissioni se l’Anas non esce dalla PA

Il presidente dell’Anas, Gianni Armani , sta perdendo la pazienza a fronte della linea oscillante del governo Renzi sul percorso di autonomia organizzativa della società (solo nominalmente per azioni). L’ex Ad di Terna era stato nominato nel maggio scorso presidente Anas al posto del “dimissionato” Pietro Ciucci, con il compito di rinnovare l’ex carrozzone pubblico e il patto non scritto di arrivare all’autonomia finanziaria già con la legge di Stabilità 2016. Non solo l’autonomia (con il progetto dello “storno delle accise”) non è arrivata, ma ora nel Dlgs Madia sulle società pubbliche (approvato in prima lettura dal governo il 20 gennaio 2016) sono state poste in capo all’Anas una serie di limitazioni proprie di enti pubblici che farebbero addirittura fare passi indietro nell’autonomia organizzativa rispetto a oggi, e renderebbero impossibile l’attuazione del Piano industriale di efficientamento e ammodernamento dell’azienda (ad esempio la costituzione del Comitato per risolvere il contenzioso, il rinnovo dei dirigenti, le assunzioni di 1.000 ingegneri e tecnici). Ecco allora la dichiarazione bomba, pronunciata dal presidente dell’Anas Gianni Armani il 16 febbraio in Commissione Lavori pubblici al Senato, rispondendo a una domanda di un senatore : «Per Anas il percorso di uscita (dalla P.a., ndr.) c’è. Bisogna capire se si vuole percorrerlo o meno. Ma se si sceglie di farla rimanere nella P.a. allora meglio un commissario rispetto a un ingegnere manager che ha lavorato sempre nelle aziende e che nelle tematiche normative si trova un po’ a disagio». Una dichiarazione arrivata dopo una lunga requisitoria sugli effetti nefasti del Dlgs Madia.

NEL MIRINO IL DLGS MADIA

Nel Consiglio dei Ministri del 20 gennaio il governo ha approvato in via preliminare il decreto legislativo denominato “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, attuativo della delega contenuta all’art. 18 della Legge 124/2015. Armani ha spiegato che nel Dlgs «L’Anas risulta temporaneamente (18 mesi) esclusa solo dall’applicazione dall’art. 4 “Acquisizione e gestione di partecipazioni pubbliche”, a differenza invece di altre società al 100% pubbliche, come ad esempio Rai ed Fs…» che sono state escluse da tutte le limitazioni degli enti pubblici. L’Anas «rientra invece in tutte le limitazioni previste dal decreto che incidono fortemente sulla gestione industriale della società e rendono inapplicabili alcune azioni, anche già avviate, del Piano industriale».

Tra le altre cose, queste limitazioni comporterebbero – sostiene Armani – «una limitazione del sistema di incentivazione delle performance e della flessibilità; il divieto del Piano di esodo, che ha già portato a ricambi di 35 dirigenti e benefici netti pari a 26 milioni di euro; l’impossibilità di effettuare il piano assunzioni per circa 1.000 risorse (ingegneri e tecnici su strada); l’impossibilità di istituire il Comitato per la deflazione del contenzioso; una forte riduzione dell’autonomia gestionale della società con il rischio di compromettere l’obiettivo di uscita dal perimetro della Pa». Armani aveva già dovuto ingoiare il rinvio del progetto di autonomia finanziaria basata sullo storno delle accise sui carburanti, ma nel caso del Dlgs Madia si tratterebbe addirittura di passi indietro rispetto all’autonomia di cui l’Anas godeva come società per azioni (seppure al 100% statale e ancora inclusa nel perimetro della Pa).

IL PUNTO NON E’ LA PRIVATIZZAZIONE

Per Anas «essere pubblico o privato è totalmente irrilevante quanto essere società o essere amministrazione». Lo ha affermato il presidente Gian Vittorio Armani, nel corso dell’audizione alla Commissione Lavori pubblici del Senato. «È fondamentale invece – ha sottolineato Armani – che il governo giunga a definire compiutamente la natura e il ruolo da assegnare all’Anas, in modo tale da consentire alla società di poter finalmente operare sul mercato di capitali, senza dover pesare sul bilancio statale, con regole ed opportunità simili a quelle di altre aziende pubbliche, che risultino compatibili con la sua funzione di prima stazione appaltante d’Italia».

UNA GRANDE IMPRESA DA VALORIZZARE

«Quello che mi appare imprescindibile per il futuro di Anas – ha detto Armani – è che la società venga considerata per quello che realmente rappresenta: una grande impresa che si occupa di costruzione, gestione e manutenzione di strade con un numero di attività, fatturato e addetti neanche lontanamente paragonabili» ad altre entità incluse nella Pa. Così nel corso dell’audizione al Senato. Un’azienda, insiste Armani «che non può essere sottoposta alle medesime limitazioni finanziarie e operative previste per delle piccole entità statali, per altro prive di qualsiasi vocazione industriale». Per Armani risulta quindi «fondamentale» che il governo con l’ausilio del parlamento «giunga a definire compiutamente la natura e il ruolo da assegnare ad Anas in modo da consentire alla società di poter finalmente operare nel mercato dei capitali senza dover pesare nel bilancio statale, con regole e opportunità di altre aziende pubbliche, che risultino compatibili con la sua funzione di prima stazione appaltante d’Italia».