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Appalti centralizzati, un Comune su tre già ricorre alle stazioni uniche provinciali

Un Comune su tre già svolge una parte delle sue gare tramite stazioni uniche appaltanti provinciali. Mentre il nuovo Codice appalti prova a far decollare l’aggregazione dei centri di acquisto e la qualificazione delle amministrazioni, le Sua provinciali si stanno affermando come una realtà sul mercato italiano. Dicono questo i dati raccolti dall’Upi (Unione delle province italiane) che, in un report, ha fotografato il fenomeno.

Complici la concorrenza dei soggetti aggregatori regionali e le modifiche normative al Codice appalti, negli ultimi mesi le centrali provinciali hanno iniziato a svilupparsi in maniera piuttosto intensa, soprattutto in alcune aree, come in Umbria, Lombardia e Veneto. Anche se, rispetto agli altri aggregatori, c’è una differenza evidente: anziché lavorare su beni e servizi, le Sua provinciali si stanno caratterizzando soprattutto per la loro azione nel settore dei lavori pubblici.

Il monitoraggio dell’Unione delle province italiane tiene conto di un campione molto ampio: 46 province di Regioni a Statuto ordinario. E rivela un dato sorprendente dal punto di vista numerico. Su 3.507 Comuni presenti in queste aree, sono oltre mille le amministrazioni che aderiscono a una Sua: quasi una sue tre. Il fenomeno delle aggregazioni tra stazioni appaltanti, in sostanza, è già ampiamente avviato. Anche se presenta valori molto differenti a seconda delle diverse parti del paese.

Le punte più avanzate sono le Regioni dove le stazioni uniche appaltanti coinvolgono tra il 40 e il 50% dei Comuni presenti sul territorio. In testa troviamo l’Umbria, con il 47 per cento: qui la Sua di Terni aggrega addirittura due Comuni su tre. Subito dietro troviamo la Lombardia, con il 44%: in questo caso l’esempio più virtuoso è Lecco, in grado di aggregare 61 Comuni su 87. Ancora, troviamo il Veneto, con il 43%: fa molto bene Treviso, grazie a livelli di adesione nell’ordine del 65%. E l’Emilia Romagna, con il 42 per cento di adesione e l’esempio positivo di Piacenza (incidenza del 63%).

A un livello comunque piuttosto alto di adesione ci sono la Calabria (38%), la Toscana (37%), le Marche (33%), mentre tutte le altre Regioni considerate vanno sotto la media nazionale, in qualche caso in modo molto pesante. Succede in Liguria (21%), in Piemonte (20%), in Puglia (16%), in Abruzzo (13%), in Molise (5%), in Basilicata (3%). Male anche il Lazio (3%) e la Campania (1%), dove però l’analisi non considera le due province più importanti, Roma e Napoli. Non si tratta comunque di dati irrilevanti, visto che in due province popolose come Caserta e Salerno aderiscono a una Sua appena due amministrazioni in tutto.

La funzione di queste stazioni appaltanti è quella di fornire servizi ai Comuni meno strutturati. Sostanzialmente, viene gestita la singola gara d’appalto, in forma singola o aggregata, acquisendo una delega dell’amministrazione. Oppure vengono sottoscritte delle convenzioni quadro nell’ambito delle quali la Sua si può muovere. Molte di queste stazioni, poi, svolgono un compito che anticipa le nuove funzioni dell’Anac: la tenuta di elenchi di dipendenti pubblici disponibili alla nomina a commissario. E, a margine della gara, assistono le amministrazioni, sia sotto il profilo giuridico-amministrativo che sotto quello tecnico, nella redazione dei progetti. Non intervengono, invece, in fase di esecuzione.

La tendenza è a utilizzare una modulistica standard: si fa ricorso a bandi, lettere di invito, disciplinari di gara, deliberazioni a contrarre, dichiarazioni sostitutive già sperimentate in più casi e, quindi, blindate contro il rischio impugnative e ricorsi. A questa standardizzazione, in venti casi, viene accoppiata anche una dematerializzazione dei procedimenti e delle tecnologie, tramite l’utilizzo di software. Cinque province lombarde (Brescia, Como, Lodi, Monza e Brianza) si appoggiano alla piattaforma regionale Sintel di Arca che, quindi, risulta essere la più utilizzata. Per il resto, ognuno si è organizzato con software diversi.

Sotto il profilo delle tipologie di gare, mentre gli aggregatori regionali sono soprattutto uno strumento dedicato agli appalti di servizi e forniture, in larga parte relativi al settore sanitario, dai dati relativi alle Sua emerge una tendenza tutta diversa. Sulle 46 province considerate, in 30 viene segnalato un fabbisogno legato principalmente ai lavori pubblici: strade, edifici, scuole, reti di illuminazione, cimiteri, parcheggi, piste ciclabili. Sul fronte dei servizi prevalgono le assicurazioni, le mense, la tesoreria, i cimiteri e le pulizie. Poco gettonato, invece, il facility management.