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Anac sbarra la strada alla liberalizzazione del subappalto

Ritoccare la norma che strappa i proventi delle sanzioni all’Autorità, intervenire sul subappalto, limitandone la liberalizzazione, prevedere un obbligo di motivazione per chi si discosta dai bandi tipo. E, ancora, eliminare la possibilità di fare ricorso a commissari interni al di sotto della soglia comunitaria. Ridurre la discrezionalità delle stazioni appaltanti nell’applicazione dei motivi di esclusione. Fissare sanzioni per le concessionarie che non rispettano l’obbligo di appaltare in house solo il 20 per cento. Organizzare meglio la struttura del rating di legalità. Riflettere sul mantenimento dell’istituto del contraente generale. E introdurre un divieto di prorogare d’ufficio i contratti di servizi.

Sono solo i rilievi principali che il presidente Anac, Raffaele Cantone ha sollevato nel corso della sua lunghissima audizione presso le commissioni riunite Ambiente e Lavori pubblici di Camera e Senato. Il Codice appalti, da approvare in via definitiva entro il 18 aprile, ha “raggiunto gran parte degli obiettivi che erano stati prefissati”, ma ci sono “alcune criticità che vanno corrette”.

Il presidente dell’Anticorruzione è partito dal numero di articoli. “Dal punto di vista dei numeri, se si mettono insieme il vecchio regolamento e il vecchio codice, la riduzione è notevole, ma di certo rispetto alle premesse il numero di articoli resta rilevante”. Un problema da leggere insieme al fatto che “dal punto di vista della tecnica legislativa si usano troppo i rinvii e questo genera confusione”. Fatte queste premesse di carattere generale, però, ci sono molte questioni di sostanza da affrontare. A partire dalle sanzioni. “Il Codice prevede che i proventi delle nostre sanzioni vadano al Mit. È una scelta politica sulla quale però vorrei far presente un dato: al potere di sanzionare si collega una difesa in giudizio che l’Anac deve pagare. E l’Anac per le difese paga all’avvocatura dello Stato quasi le stesse somme che arrivano in sanzioni. Sono cifre che non spostano molto, ma sarebbe opportuno prevedere meccanismi di compensazione”. Insomma, ritorna la polemica sulle risorse. Anche se Cantone precisa che “Renzi mi ha assicurato che ci sarà una soluzione su questa vicenda”.

Poi il presidente Anac passa in rassegna gli articoli del Codice da rivedere. C’è l’articolo 77 sulle commissioni di aggiudicazione. “Nella legge delega non ci sono criteri che consentono di graduare il meccanismo. So che Consip e Anas hanno fatto una valutazione su quanto impatterebbe doversi rivolgere sempre a commissioni di gara esterne, ma questa è una scelta che non può essere eliminata in ragione delle decisioni che sono state prese sul criterio del prezzo più basso. Quindi, l’uso delle commissioni esterne solo sopra la soglia comunitaria non è in linea con la legge delega”. Poi, ci sono i motivi di esclusione, all’articolo 80. Alcuni di questi sono troppo generici, come quello che parla di stop alle imprese che si sono macchiate di gravi comportamenti illeciti. “Rischiamo di far aprire una breccia pericolosa, perché questa definizione non è prevista in nessuna altra norma”.

Passiamo all’articolo 105, sul subappalto. “È una norma che non ci sembra molto chiara per come è stata scritta. Di fatto con il limite del 30% solo per superspecialistiche si lascia alla PA un potere eccessivo nel prevedere la subappaltabilità anche al 100%. È una scelta politica ma io faccio fatica a non associare l’idea del subappalto a certe particolari situazioni”. Quindi, il ripristino di un tetto generale sarebbe opportuno. Un’integrazione andrebbe inserita anche all’articolo 177, sui concessionari. “La delega prevedeva il meccanismo dell’80-20. La norma rispetta, sia pure con regime transitorio abbastanza lungo, queste indicazioni. Però, si prevede un controllo dell’Anac. Ma se c’è un potere di controllo dell’Anac bisogna individuare conseguenze, che non sono necessariamente sanzioni immediate ma ad esempio un potere d’ordine che sia prodromico rispetto alla sanzione”.

Sul contraente generale, “l’impressione era che si volesse andare verso l’eliminazione. Nella delega si parla di superamento della legge obiettivo, ma tutto sommato anche questa resta una questione di tipo politico. Io credo che il contraente generale abbia dato pessima prova di sé”. Mentre, sul rating di legalità, “vorrei che fosse chiaro chi lo fa”. Al momento, infatti, ci sono nel Codice tre disposizioni che riguardano il rating, dando poteri all’Anac, alle Soa e all’Antitrust. “Bisogna regolare il sistema in maniera unitaria, non prevedere tre rating diversi”.

Ancora, “manca un’indicazione sul divieto di proroga, e soprattutto nei servizi la proroga è diventata la regola. Su questo punto bisognerebbe prevedere qualcosa”. E serve una riflessione sui “decreti attuativi, che sono veramente troppi e impongono un lavoro enorme al ministero”.

Quanto ai poteri Anac, infine, bisognerebbe meglio precisare il valore delle linee guida. “La soft law è una materia aperta ma se le linee guida non hanno carattere vincolante rischiano di restare grida manzoniane”. Di certo, le linee guida che sostituiranno il regolamento saranno vincolanti. Per le altre, soprattutto per i bandi tipo, bisognerebbe introdurre un meccanismo nuovo. “Perché non prevedere un obbligo di motivazione delle PA che non vogliono adeguarsi?”, si chiede il presidente Anac.