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Stop a nuovo Codice Strada: costa troppo?

Tra gli aspetti negativi del no al ddl sul nuovo Codice della Strada – la commissione Bilancio del Senato lo ha fermato perché manca la copertura finanziaria – c’è anche lo stop al cosiddetto piano Orizzonte 2020: un pacchetto di provvedimenti che il ministero dei Trasporti aveva inserito nel decreto (accogliendo gli indirizzi della Commissione Europea) per dimezzare nel decennio 2011-2020 il numero di morti su strada.
Il piano, in particolare, era rivolto alla tutela dei cosiddetti “utenti vulnerabili”: pedoni, ciclisti, motociclisti e ciclomotoristi ed era parte della decade di iniziative per la Sicurezza Stradale 2011-2020 inaugurata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dalla Commissione Europea con l’obiettivo di dimezzare i morti sulle strade in Europa e nel mondo.

Nel testo unificato approvato il 9 ottobre 2014 alla Camera contenente la delega al Governo per la riforma del Codice della strada, erano infatti incluse importanti novità. Oltre al permesso per scooter e moto oltre i 120 cc di andare in autostrada, c’erano: l’introduzione del concetto di utenza vulnerabile (bambini, anziani, disabili, pedoni, ciclisti, altri utenti di mezzi a due e tre ruote); la tutela dell’utenza vulnerabile, con riduzioni dei limiti di velocità nelle aree urbane; la promozione della sicurezza delle bici; permessi e incentivi per l’accesso dei ciclomotori nelle corsie riservate ai mezzi pubblici.

Lo stop riporta in evidenza la necessità di educare i conducenti di veicoli a motore a due ruote a un maggior rispetto delle norme di sicurezza. E a una guida più consapevole e prudente. Perché, come conferma l’ultimo rapporto Aci-Istat, i motocicli e le biciclette rappresentano i mezzi maggiormente coinvolti in incidenti mortali: nel 2013, su 41 mila 618 incidenti a motociclisti, si sono contati 724 decessi; su 14 mila 769 incidenti di ciclomotori, 125 vittime.

Ma quello che colpisce è che all’interno delle città – dunque nei percorsi più utilizzati dai giovani alla guida – si contano il 50% delle vittime su due ruote. Un dato che si articola meglio nel rapporto Aci 2014 sugli Utenti Vulnerabili: tra i motociclisti morti in incidenti, il 48,8% è deceduto in città e il 46,4 su strade extra urbane (4,8 in autostrada); mentre tra i conducenti di ciclomotori morti, ben il 63,2% ha perso la vita in incidenti cittadini.

Analizzando gli incidenti che coinvolgono moto e ciclomotori, si scopre che tra conducenti e passeggeri spiccano i giovani di 14-29 anni, che pagano un alto tributo: il 40,9% dei morti (724 vittime in moto, 125 in motorino, come già detto). Secondo alcuni, l’alto tasso di mortalità tra i giovani in ciclomotore, scooter o moto si deve – tra le altre cause – anche al fatto che molti ragazzi appena passati dal «cinquantino» al 125 cc non hanno l’esatta percezione del rischio connesso alla maggior potenza dei veicoli e – in particolare – alla velocità.

I dati dell’associazione delle assicurazioni (Ania) fotografano 3.385 vittime sulle strade italiane nel 2013: oltre un quarto viaggiavano su moto e motorini. E anche se calano gli incidenti tra conducenti di motocicli (da 3,46 del 2012 a 3,25 ogni 100 guidatori nel 2013), aumentano quelli che coinvolgono ciclomotori: dal 2,26 del 2012 al 2,30 del 2013.

Scooteristi e motociclisti sono i primi destinatari della nuova campagna lanciata a metà febbraio dalla Fondazione Ania per la sicurezza stradale per richiamare i giovani alla necessità di rispettare le più elementari regole di sicurezza quando si guida. Degli 849 morti su due ruote a motore, “settecentottantuno hanno meno di trent’anni: ricordalo!”, è il messaggio con cui si conclude uno sconvolgente video dell’Ania che racconta la fine di un ragazzo in motorino: meno di due minuti per far vedere a migliaia di patentati la disperazione di due genitori giunti sul luogo dell’incidente.

E’ vero, grazie a ripetute campagne di informazione e corsi tra i ragazzi la situazione va migliorando: Aiscat sottolinea che in un decennio si è registrata una diminuzione del 40,2% di incidenti, 41,1% di feriti e soprattutto il 54,9% in meno di morti. Eppure il tributo di vittime è ancora troppo alto: motocicli e ciclomotori, pur rappresentando una percentuale ridotta dei veicoli coinvolti in incidenti stradali (rispettivamente 14% e 5,4%) hanno un indice di mortalità più che doppio rispetto a quello medio delle auto. In Italia il 33% delle vittime della strada sono motociclisti e ciclomotoristi.

Per questo, lo stop al ddl per il nuovo Codice della strada e al piano Orizzonte 2020 appare una follia: siamo davvero certi che la possibile riduzione della spesa derivante da una nuova riduzione degli incidenti non sarebbe bastata a coprire le spese derivate dalla nuova legge? Quando si parla di copertura finanziaria per norme sulla sicurezza, occorrerebbe ricordare quanto costino ogni anno allo Stato, in termini di assistenza sanitaria (senza parlare della tragedia dei 3.385 morti) gli oltre 181 mila incidenti con più di 257 mila feriti.