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Spese finanziabili e non con i proventi delle “multe”

È un argomento affrontato più volte, su questa come su altre testate. Ce ne occupiamo ancora perché le cronache specialistiche offrono, periodicamente, nuovi spunti. Piuttosto sconfortanti, a guardarli con un minimo di consapevolezza: scelte normative discutibili e prassi amministrative distorte hanno prodotto un quadro, ormai, avvitato su se stesso.

Le regole per la destinazione dei proventi contravvenzionali da Codice della Strada, a questo ci riferiamo, sono farraginose e stratificate. L’art. 208 del Codice stesso, più volte modificato, vorrebbe in sostanza che i proventi spettanti ai Comuni fossero destinati, per almeno il 50 per cento, a finalità di sicurezza stradale. Siccome quest’ultima è una nozione piuttosto ampia, è enumerata una serie di possibili impieghi. 

Ma la disposizione, nell’articolare l’elenco, ripropone, tra le finalità perseguibili con i proventi in questione, anche scopi indeterminati, non sufficientemente definiti. “Sostituzione, ammodernamento, potenziamento, messa a norma e manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell’ente” o “sistemazione del manto stradale” sono indicazioni chiare, univoche. 

Lo stesso non può dirsi per impieghi descritti come “potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l’acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi di polizia municipale”, o “misure di assistenza e previdenza per il personale (appartenente a quei Corpi)”: espressioni suscettibili di essere interpretate in più modi, con maggiore o minore estensione di significato. Situazione decisamente riprovevole, trattandosi di vincoli di destinazione riguardanti denaro pubblico.

Così, un importante Comune lucano ha pensato bene di chiedere un parere alla Corte dei Conti della Basilicata, prospettando una serie di ipotetici utilizzi dei proventi di cui all’art. 208 C.d.S. La Corte ha risposto il 15 luglio scorso, con un dotto approfondimento.

Ci sono impieghi delle somme, sostengono i magistrati contabili, ammissibili sulla base di una lettura evolutiva del testo normativo, come per esempio la prospettata “manutenzione e assistenza software per varchi ZTL (Zone a traffico limitato)”, compatibile con il concetto di “potenziamento delle attività di controllo e accertamento (delle infrazioni)” espresso dall’art. 208 C.d.S.; e ci sono impieghi non consentiti in nessun modo, come l’acquisto di “mobili e arredi per gli uffici del Comando di Polizia Locale”, o la “manutenzione e assistenza fotocopiatrice a servizio del Comando”.

In realtà affiora, nell’argomentare della Corte dei Conti, un passaggio contenente la chiave di lettura per una ragionevole ricostruzione delle linee portanti del sistema. La Corte sottolinea, infatti, la strettissima correlazione tra l’essere destinatari di tali somme di denaro e l’essere proprietari di quel peculiare bene chiamato “strada”, con gli oneri e le responsabilità che ne conseguono in rapporto, anche, alla tutela dell’incolumità dei relativi utenti. 

Ma questa chiave di lettura deve saperla cogliere, prima di tutti, il legislatore: riproponendo, con convinzione, l’ammodernamento/manutenzione dell’infrastruttura viaria quale unico utilizzo ammissibile dei proventi contravvenzionali, in quanto unico utilizzo idoneo a realizzare direttamente, e non in maniera mediata o collaterale, “sicurezza stradale”. Una scelta legislativa del genere, oltretutto, presenterebbe il non trascurabile vantaggio di far cessare le difformità di orientamento tra Ente ed Ente, con annesse polemiche. La coscienza collettiva, poi, accetterebbe molto più di buon grado l’applicazione dello strumento sanzionatorio in materia di circolazione stradale se esso si liberasse dall’odioso “sospetto” di essere un escamotage per reperire risorse finalizzate a soddisfare le più disparate esigenze amministrative.