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Rischio costi fuori controllo per la stazione Av di Firenze

Pericolo di costi fuori controllo per un cantiere che rischia di non finire mai. Dopo la Procura di Firenze (che lo scorso autunno ha chiuso un'indagine che riguarda 33 persone e sette società) anche l'Anticorruzione di Raffaele Cantone vuole seguire da vicino gli sviluppi del cantiere per la stazione dell'Alta velocità di Firenze, progettata da Norman Foster.

I numeri tirati fuori dall'Autorità, al termine di un'istruttoria partita da una segnalazione dell'associazione Idra, sono un'impietosa fotografia delle anomalie di quel progetto, segnato dalle difficoltà di gestione della montagna di terre frutto degli scavi necessari a realizzare i tunnel ferroviari. Partiamo dai costi.

Il progetto della stazione Av (diviso in due lotti) è stato aggiudicato da Rfi il 28 maggio 2007 con la formula del general contractor a un'Ati composta da Coopsette e dal consorzio Ergon al prezzo di 703 milioni, dopo un ribasso del 25,1%. Per effetto di due atti integrativi e ben 19 varianti progettuali quel prezzo ("con un significativo aumento contrattuale", avverte l'Anac) è già salito di 67,3 milioni, con un aumento del 9,6 per cento. Ma la bomba che rischia di fare impennare i costi è nascosta nelle riserve, ovvero le contestazioni di maggiori costi sollevati dalle imprese alla stazione appaltante. Un contenzioso "monstre" di 528 milioni, pari al 75% dell'importo contrattuale sottolinea l'Autorità, sceso a 305,8 milioni dopo un attività di "pulizia" delle contestazioni eseguita dallo stesso general contractor, «fatti salvi» eventuali ulteriori oneri derivanti dai giorni di ritardo legati alle varianti e il ricalcolo dei costi di sicurezza. Richieste che permangono elevate per l'Autorità e che soprattutto non mettono al riparo la stazione appaltante visto che «potrebbero registrare ulteriori incrementi».

Non è strano che il presidente dell'Anticorruzione, che non manca occasione per chiedere l'abrogazione della legge obiettivo, rimarchi anche in questo caso il flop del modello general contractor. Il contraente generale, infatti dovrebbe realizzare «con qualsiasi mezzo» un'opera rispondente alle specifiche del committente. Un modello che presuppone «un obbligazione di risultato» e «l'assunzione del relativo rischio». E allora che c'entrano le riserve, sembra chiedersi l'Autorità. Tanto più che il progetto della stazione, diviso in due lotti è stato messo in gara con progetto definitivo per il lotto 1 (scavalco) ed esecutivo per il lotto 2 (passante e stazione), già peraltro corredato di «pareri e autorizzazioni degli enti e delle autorità competenti».

Tutti i problemi nati in cantiere – e l'inchiesta della procura fiorentina – ruotano alla questione delle terre da scavo. Con una stazione sotterranea e due tunnel da sei chilometri nel sottosuolo fiorentino non è difficile immaginare le quantità in gioco. Il piano di gestione prevedeva il deposito di 2,85 milioni di metri cubi in un ex miniera e per altri 307mila m3 nell'interporto di Guasticce. Tutto bloccato dalle inchieste che hanno rilevato come i prodotti della fresa TBM avrebbero dovuto essere classificati come rifiuti e non come sottoprodotti da riutilizzare. Il che ovviamente ha anche comportato un forte aggravio dei costi di smaltimento (schizzati da 24,04 a 101,01 euro a tonnellata).

Sul punto l'Anac rileva anche una carenza di vigilanza da parte «della direzione lavori e di Italferr, quale soggetto preposto all'Alta sorveglianza», sottolineando come il «decreto di sequestro della procura di Firenze ha evidenziato come la riconducibilità a fanghi dei materiali smaltiti fosse del tutto evidente a un semplice esame visivo». Mentre «non risulta dagli atti forniti che RFI abbia opposto a tale contestazione puntuali controlli e analisi, atte a dimostrare come il materiale sversato fosse riconducibile, invece, a terreno compatibile per l'utilizzazione agricola o comunque per rimodellamento delle aree interessate a riporto».

Gli stop&go del progetto hanno reso praticamente impossibile il rispetto dei tempi stabiliti nel contratto. Secondo il cronoprogramma iniziale la stazione – ferma al 20% dei lavori – avrebbe dovuto essere terminata da una ventina di giorni (il 18 agosto 2015). Con ultimazione complessiva dell'intervento prevista per il 15 novembre dell'anno prossimo. A otto anni dalla firma del contratto il cantiere è invece lontano dalla conclusione ed è praticamente impossibile prevedere come andrà a finire. In base alla ricostruzione dell'Anac, i lavori del passante sono fermi per la mancata approvazione del piano di utilizzo delle terre ed è inoltre necessario rinnovare «l'autorizzazione paesaggistica per il tratto Sud del medesimo passante». Non solo. «Il permanere dello stato di sospensione delle attività lascia presupporre la formulazione di ulteriori richieste economiche da parte del General Contractor».

Sull'andamento del cantiere ha anche influito la crisi di Coopsette, impresa capofila del raggruppamento chiamato a gestire la commessa. Finita in difficoltà finanziarie la coop ha presentato due richieste di concordato preventivo e ha ceduto a Ergon (controllata da Condotte) il 99,99 per cento della società di progetto (Nodavia), tenendo per sé solo lo 0,01 per cento. Un passaggio formalmente legittimo, ma che per l'Authority non è esente da «criticità» per il venir meno dell'«apporto operativo del socio che ha fornito, in sede di offerta, i requisiti per la qualificazione».

Di qui la decisione di mettere sotto controllo l'operazione. Se ne occuperà l'Ufficio Vigilanza dell'Authority. Per Cantone infatti permangono «situazioni di criticità che non consentono una regolare esecuzione dei lavori».