Dopo una partenza falsa, il recepimento delle direttive in materia di appalti è stato avviato nella maniera giusta dalla commissione Lavori pubblici del Senato. È questa la sensazione che si respira tra imprese e professionisti, commentando le parole del relatore del Ddl in discussione a Palazzo Madama, Stefano Esposito. Piacciono le norme allo studio su stazioni appaltanti, general contractor, appalto integrato, progettazione. Ma resta qualche punto da chiarire: le partite Iva chiedono con forza che vengano riviste le regole in materia di accesso alle gare, in linea con le ultime indicazioni dell'Anac, mentre le imprese vogliono evitare che i Comuni debbano passare per tutte le procedure, anche quelle piccole e urgenti, dalle centrali di committenza. Tra tutti, infine, è diffuso un auspicio: la partita del disegno di legge andrà chiusa in tempi brevi.
Ance
«Le indicazioni che arrivano dalla commissione Lavori pubblici sono positive. Siamo stati ascoltati», dice Paolo Buzzetti, presidente dell'Ance. «La riduzione delle stazioni appaltanti è corretta, ci raccomandiamo solo che sotto un certo importo ci sia la possibilità di spendere subito per i Comuni che hanno esigenze urgenti». Il rating di impresa «è una nostra vecchia battaglia», come l'elenco dei commissari, «un'innovazione che mi pare fondamentale per portare più legalità nel settore». Piace anche l'idea di adottare criteri reputazionali che vadano a rivedere i criteri delle Soa: «Sono tutte cose che possono produrre risultati molto positivi e immediati in termini di trasparenza, più del falso in bilancio e della legge anticorruzione». Buzzetti è d'accordo anche sull'impostazione in materia di contraente generale. «Sono anni che ripetiamo che il sistema del general contractor rende difficile alla stazione appaltante inserirsi nel controllo del cantiere».
Bene anche la limitazione dell'appalto integrato, «ma va detto che vanno responsabilizzati maggiormente i progettisti: chi sbaglia deve pagare».
In questo pacchetto di cose positive, cosa manca? «La programmazione. I nostri amministratori devono essere responsabilizzati sull'obiettivo di portare l'opera nei tempi e nei modi giusti: la politica deve prendere le decisioni e deve lasciare al tecnico solo i problemi di sostanza, senza carichi formali". Infine, serve un intervento sul performance bond che, senza mezze misure, "andrebbe eliminato».
Architetti
«Nelle indicazioni del relatore ci sono davvero molti elementi che recepiscono il nostro contributo», dice Rino La Mendola, vicepresidente del Consiglio nazionale degli architetti.
«Penso alla tutela della trasparenza, al sorteggio delle commissioni di gara, al rating di legalità». Un punto importante riguarda la questione della divisione tra impresa e progettista. «Riteniamo che sia indispensabile garantire la separazione dei ruoli tra controllore e controllato, tra progettista e direttore dei lavori. In questo senso, non apprezziamo l'uso indiscriminato dell'appalto integrato fatto negli ultimi anni».
Qualche ulteriore integrazione del Ddl delega potrebbe, però, ancora arrivare. «Ci auguriamo che, oltre agli elementi che sono già emersi, si prenda qualcosa dalla recente determina dell'Anac sui servizi di progettazione. Penso alla necessità di ridurre drasticamente i requisiti tecnico economici che oggi sbarrano la strada all'accesso dei professionisti alle gare». Senza contare il tema dell'incentivo del due per cento. «La progettazione va esternalizzata, vanno divisi i ruoli, il dipendente pubblico deve preoccuparsi prioritariamente della fase di controllo, dalla programmazione fino al collaudo».
Oice
«Le richieste che abbiamo fatto in fase di audizione sono state totalmente accolte, almeno guardando alle prime indicazioni del relatore», dicono dall'Oice. La sigla che riunisce le società di ingegneria aveva parlato alla commissione Lavori pubblici di centralità del progetto («uno stimolo che ritroviamo nelle parole del relatore»), di commissari di gara selezionati tramite un albo dell'Anac, di potenziare i sistemi di regolazione e vigilanza e di introdurre sistemi di qualificazione delle stazioni appaltanti, abbattendone il numero. Tutti elementi presenti nelle parole di Esposito.
Anche in questo caso, ovviamente, qualcosa manca. «Vorremmo che fosse affermata l'esclusione del massimo ribasso per i servizi di ingegneria e che fossero introdotti meccanismi per contrastare le offerte anomale. Per noi è necessaria una norma che consenta di aprire le buste economiche solo superata una certa soglia di punteggio tecnico». E, comunque, resta fermo un paletto: «La disciplina delle società di ingegneria deve restare come è oggi, senza pericolose fughe in avanti che potrebbero differenziarci rispetto agli altri paesi».
Geometri
Il lavoro della commissione Lavori pubblici del Senato – dice Ezio Piantedosi, segretario generale del Consiglio nazionale dei geometri – «fornisce indicazioni incoraggianti per quanto riguarda il ruolo da sempre rivendicato per i professionisti nel processo di realizzazione delle opere pubbliche». Secondo il Cng, occorre «riportare il ruolo dell'impresa appaltatrice solo alla funzione di esecutore delle opere, ridimensionando l'appalto integrato progettazione-esecuzione, ed eliminare la responsabilità della direzione dei lavori al general contractor». Un'operazione che può «ridare il giusto ruolo ai professionisti: garanzia e sussidiarietà per la committenza e quindi per la pubblica amministrazione». È auspicabile, poi, anche «un coinvolgimento obbligatorio dell'Anac in sede di precontenzioso, per eliminare alla fonte azioni giurisdizionali a volte pretestuose, che sortiscono spesso il solo risultato della sospensione sine-die dell'aggiudicazione o della realizzazione delle opere».
Aniem
Parole positive, con qualche distinguo, anche dall'Aniem. Parla il suo direttore generale, Federico Ruta: «Siamo assolutamente d'accordo sull'accorpamento degli enti appaltanti e sui sistemi di gara che prevedono massima trasparenza (con commissioni sorteggiate però). A ciò però aggiungiamo che diventa necessario intervenire sul sistema di qualificazione». Precisazioni servirebbero alle norme sulle centrali di committenza nei piccoli Comuni. «Sul tema delle stazioni appaltanti la nostra proposta rimane quella di consentire ai Comuni (anche piccoli) di gestire le gare di importo limitato (fino a 500mila euro) relative a opere di interesse territoriale, lasciando ampia discrezionalità nel rispetto assoluto dei tempi e dei costi contrattuali prevedendo garanzie e sanzioni». Per concludere, «la proliferazione normativa non ha funzionato, abbiamo assistito negli ultimi anni a un radicamento della corruzione, a opere realizzate talmente male da crollare, a infrastrutture incompiute e a un sistema di selezione delle imprese assolutamente non efficace. Ben venga quindi un'impostazione più leggera, fondata sulla responsabilizzazione dei soggetti protagonisti degli appalti».