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Pedemontana Veneta, la Corte dei Conti accusa: «Dai costi agli appalti: tutto inadeguato»

La Pedemontana Veneta è un’opera la cui «sostenibilità finanziaria appare incerta» e incombe sul futuro della nostra regione come un «potenziale debito pubblico occulto». Lo scrive il giudice istruttore Antonio Mezzera, lo stesso che per primo avanzò dubbi sul Mose sostenendo (era il 2008, quindi molto prima degli arresti di Galan e complici) che «i fondi per la manutenzione ordinaria della laguna non dovrebbero essere sacrificati alla sua realizzazione, perché comprometterebbe i benefici ottenuti». Sette anni dopo, questo stesso magistrato della Corte dei conti torna a occuparsi di un altro maxi-progetto che interessa il Veneto: la superstrada a pagamento che dal 2019 collegherà Montecchio Maggiore, nel Vicentino, a Spresiano, in provincia di Treviso. Una striscia d’asfalto lunga 94 chilometri e mezzo (50 dei quali in trincea), inseguita per vent’anni con il sogno di unire la fascia più produttiva della nostra regione. Nei mesi scorsi, Mezzera ha preteso dal commissario straordinario per la Pedemontana, Silvano Vernizzi, una serie di documenti lasciando intendere di nutrire dei dubbi sulla regolarità dell’opera. Ora ha depositato una relazione di 161 pagine, ricche di grafici, analisi economiche e giuridiche, che criticano fortemente l’intero progetto.

Non si tratta – è bene precisarlo – di una sentenza ma ora la Corte dei Conti ha convocato a Roma tutte le autorità coinvolte (Regione Veneto e Veneto Strade, oltre a ministeri e una quarantina di Comuni) proprio per discutere dei dubbi sollevati. L’appuntamento è fissato per il 21 dicembre. Ironia della sorte, proprio il 21 dicembre (ma correva l’anno 2001) una delibera del Cipe inserì la Pedemontana tra gli «interventi strategici di preminente interesse nazionale ». Nella relazione, il magistrato contabile non risparmia nessuno. Ne ha per la Regione e i governi che si sono succeduti dal 2009 in poi, colpevoli di aver appoggiato il commissariamento dell’opera che «ha permesso deroghe alla legislazione vigente (…) sacrificando le tutele previste dal codice dei contratti» e ha «aumentato i conflitti e i contenziosi». Ne ha per la struttura commissariale, che «presenta costi rilevanti » e ha una «non adeguata composizione» a causa della quale «è stato necessario il ricorso a consulenze esterne». E ne ha per i ministeri competenti e – di nuovo – per la Regione «i cui controlli risultano assenti». Ma soprattutto il magistrato punta il dito contro Vernizzi, che «ha assommato in sé tutte le funzioni concernenti l’opera, in potenziale conflitto d’interesse in quanto, in vari momenti, è stato anche segretario alle infrastrutture della Regione, autorità di vertice di Veneto Strade e delle commissioni di valutazione ambientale e di sostenibilità economico-finanziaria». La Pedemontana venne ideata quando la crisi economica non era neppure all’orizzonte e, di conseguenza, il suo potenziale era molto superiore.

Oggi quei volumi di traffico appaiono «previsioni ottimistiche, con il conseguente rischio che gli insufficienti flussi di cassa generati possano produrre ulteriori esborsi pubblici». I problemi maggiori nascono da qui: l’opera è realizzata in project financing ma una clausola prevede che, se si dovesse scendere sotto i venticinquemila transiti al giorno, lo Stato risarcirà le imprese che la stanno costruendo. «La convenzione con il concessionario – scrive il giudice – presenta condizioni di notevole convenienza per lo stesso, ricadendo molti rischi sul concedente. Incombe pertanto l’alea di un potenziale debito pubblico occulto sulla regione, dal momento che il rischio di mercato risulta sbilanciato a sfavore della parte pubblica». Infine ci sono i costi di realizzazione. Il progetto preliminare contava di spendere un miliardo e 828 milioni, ma oggi si arriverà a superare «i tre miliardi, anche a causa delle rimodulazioni progettuali e delle opere compensative richieste dagli enti locali». Per il magistrato, la Pedemontana non andava fatta o almeno non con queste modalità. I comitati ambientalisti, che da anni la contestano, ora sperano che qualcuno fermi i lavori. Ma se il commissario Vernizzi non commenta, il suo staff affila le armi in vista del 21 dicembre, quando tenterà di smontare una ad una tutte le accuse.