Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

La strada è libertà di movimento. E molto altro ancora

Prendiamo spunto da due notizie del maggio scorso, già ampiamente divulgate dalla stampa, tanto specialistica quanto generalista.

Il 5 maggio 2015, RFI adotta il “Regolamento per l’accesso alle banchine delle stazioni di Milano Centrale, Firenze Santa Maria Novella e Roma Termini”. È l’ormai noto provvedimento sulle “transenne”, per cui l’accesso ai binari è consentito solo se si è in possesso di un valido titolo di viaggio. In pratica, le tre stazioni anzidette (ma altre, probabilmente, se ne aggiungeranno) sono suddivise in due aree: un’area cosiddetta “commerciale”, nella quale l’ingresso è libero ferma restando la vigenza, all’interno di essa, dei regolamenti ferroviari; un’area cosiddetta “di esercizio”, in prossimità dei binari, protetta da specifiche delimitazioni architettoniche, all’interno della quale l’accesso è consentito esclusivamente ai fruitori del mezzo ferroviario, previo controllo del titolo di viaggio. Questo, come recita il sito Internet di RFI, “per avere stazioni più sicure”.

Il Porto di Genova, il 18 maggio scorso, stabilisce che potranno accedere alle aree portuali solo gli autotrasportatori preventivamente accreditatisi e già in possesso di un badge personale. Una novità che interessa una platea non piccola: sono circa 5.000 i camionisti che, ogni giorno, raggiungono lo scalo del capoluogo ligure. Il motivo è: “rafforzare i sistemi di sicurezza e accelerare le procedure”.

Ora, due indizi non fanno certo una prova. Ma possono essere, almeno, occasione per una riflessione. Perché, quale logico contraltare alle situazioni descritte, ci viene spontaneo pensare a un’infrastruttura trasportistica insuscettibile di essere “chiusa ai non-clienti” o, il che è lo stesso, “riservata agli operatori”. La strada, evidentemente (non l’autostrada a pedaggio, che costituisce un capitolo autonomo). La strada è aperta a tutti. È, di per sé, spazio di libertà. Può essere chiusa, o limitata nella sua utilizzabilità, solo e soltanto per motivi tecnici predeterminati dalla legge (manutenzione, lavori, condizioni strutturali): non per generici motivi di “sicurezza”, e meno che mai, per motivi commerciali o connessi alle strategie imprenditoriali del soggetto gestore.

In una prospettiva di amplissimo raggio, sappiamo che proprio questa caratteristica dell’infrastruttura viaria, unitamente al prodigioso sviluppo della tecnica nonché dell’industria automobilistica per buona parte del XX secolo, ha fatto sì che il trasporto stradale arrivasse a essere ciò che, in effetti, è: decisamente vincente rispetto alle altre modalità. Perché dotato di tre straordinarie capacità, descritte nei manuali di economia dei trasporti: penetrazione pressoché illimitata (grazie alla capillarità della rete stradale, l’automezzo raggiunge anche i villaggi più remoti); individualità logistica (è possibile, in teoria e spesso pure in pratica, realizzare un’azienda di trasporto economicamente perfetta e vitale anche con un singolo autoveicolo, il cui proprietario può essere a un tempo conducente e, finanche, utente); notevolissima parzializzazione (possibilità tecnico-economica di avere mezzi di piccola dimensione unitaria, e di effettuare le operazioni terminali, sostanzialmente, in quasi tutti i punti del percorso).

La riflessione, ce ne rendiamo conto, si è spinta troppo oltre. Anche perché bisognerebbe pure parlare di come il trasporto su gomma sia divenuto vittima del suo stesso trionfo e di come sia imprescindibile, ormai da troppo tempo, puntare al riequilibrio modale. Tematiche di vastissima portata, d’altronde. Quello che si voleva, sommessamente, segnalare è che esiste un gestore di infrastruttura trasportistica impossibilitato a ottimizzare la gestione con “tornelli”, “gate di ingresso” o altri simili accorgimenti.

L’Ente proprietario della strada ha quale suo primario dovere il mantenere fruibile, a tutti, l’infrastruttura stessa. Una maggiore consapevolezza, da parte dei cosiddetti stakeholders, di quanto un simile onere sia sfidante non risulterebbe, affatto, nociva.