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Investimenti Anas fermi a 2,2 miliardi anche nel 2014

I conti sono tornati in utile (16 milioni nel 2014), ma gli investimenti per la costruzione e l'ammodernamento della rete stradale non si schiodano dal picco negativo di 2,2 miliardi toccato nel 2012. Il presidente dimissionario dell'Anas Pietro Ciucci aveva annunciato non più tardi di qualche settimana fa, proprio attraverso un'intervista a questo giornale, che dall'anno prossimo la musica sarebbe cambiata. «Ci aspettiamo una forte accelerazione, oltre i tre miliardi», aveva detto. Resta da vedere se la promessa sarà mantenuta. Di certo, dopo l'addio annunciato per l'assemblea di maggio, non sarà più lui a doverne dare conto.

Per ora fanno testo i numeri riportati sui bilanci della società e lo stato generale – segnato dalla sequela di crolli e polemiche degli ultimi mesi – dei 25mila chilometri gestiti dall'ex ente strade trasformato in Spa dal 2002. E che Ciucci sognava di guidare verso la completa privatizzazione, una volta ottenuto l'ok del governo, entro l'anno prossimo.

Nel 2014 l'Anas ha investito 2,2 miliardi per la realizzazione di nuove infrastrutture e per la manutenzione straordinaria delle strade già esistenti. Il dato, anticipato dal presidente, viene ora confermato (anche se non ulteriormente precisato) dagli uffici della società alle prese con la redazione del bilancio da portare in assemblea il mese prossimo. Un valore inalterato rispetto alla spesa contabilizzata nel 2013 (2.202 milioni) e che risulta in leggero (costante) calo negli ultimi anni. Almeno a partire dal 2011, quando la società ha iscritto a bilancio investimenti per 3.328 milioni: più o meno il valore che Ciucci puntava a raggiungere quest'anno.

Insieme agli investimenti è leggermente scesa anche la spesa per la manutenzione ordinaria della rete stradale. Dai 231 milioni raggiunti nel 2011 si è arrivati ai 218 milioni del 2013. Fondi che, dopo la cancellazione dei contributi pubblici per la gestione corrente, dal 2011 l'Anas finanzia attraverso i canoni versati dalle concessionarie autostradali. È invece interamente a carico dello Stato la spesa per gli investimenti. Negli anni della chiusura dei rubinetti all'edilizia difficile capire quanto lo stallo dipenda da una riduzione dei trasferimenti o dalle performance di spesa della società.

Certo è che la rete avrebbe bisogno di una decisa operazione di rinnovamento. Oltre il 40% dei circa 11mila tra ponti e viadotti gestiti dall'Anas è stato costruito prima del 1970 e andrebbe tenuto costantemente sotto osservazione. Soprattutto nelle parti strutturali dove si rischia di incappare negli incidenti più pericolosi, anche a causa dell'accelerazione dell'usura dei materiali dovuta a situazioni di traffico non confrontabili con quelle registrate solo qualche decennio fa.

Nell'idea del presidente (ormai uscente) la strada per uscire dal collo di bottiglia dei trasferimenti statali sarebbe stata la privatizzazione della società interamente controllata dal ministero dell'Economia. Il piano era garantire l'autonomia finanziaria dell'ente attraverso l'imposizione dei pedaggi sui 1.300 chilometri di autostrade e superstrade senza caselli gestite dall'Anas. Un progetto che ora sarà discusso da altri protagonisti. A condizione di partire dall'inversione di rotta sugli investimenti resa plasticamente urgente dalla catena di cedimenti degli ultimi mesi: dalla Salerno-Reggio Calabria fino al viadotto Himera sulla Palermo-Catania, oggetto del sopralluogo del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.