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Il Cern come Galileo, alla massima potenza nei segreti della materia

Nel 1993, nonostante il fatto che in Texas parte del tunnel sotterraneo fosse già stata scavata, il Senato americano taglia i fondi per la costruzione del grande acceleratore di particelle che i fisici chiedevano. Il progetto americano si ferma e la ricerca sperimentale estrema in fisica fondamentale passa nelle mani dell’Europa.

La costruzione della grande macchina di Ginevra, che rappresenta la punta avanzata di questa ricerca, è stata lunga e sofferta, ma ha funzionato. Già alla prima accensione, a metà potenza, il “Large hadron collider”, cioè il “Grande scontratore di particelle subatomiche” — Lhc per gli amici — ha dato un bellissimo risultato: la rivelazione del “bosone di Higgs”, che conferma una predizione di trent’anni prima. Oggi finalmente l’Lhc parte a piena potenza, pronto per esplorare qualcosa di veramente nuovo: aspetti della Natura che non abbiamo mai osservato prima.

L’attesa fra i fisici è forte. È la stessa emozione di quelle sere di Padova di quattro secoli fa, quando Galileo Galilei ha alzato uno dei primi rudimentali cannocchiali verso il cielo, per vedere cose che nessun occhio umano aveva prima mai visto. Galileo vide le fasi di Venere, le lune di Giove, le montagne della Luna, le macchie sul Sole… Cosa vedremo noi? Non lo sappiamo e questa è la vera magia dell’avventura di Ginevra. La Natura ci sorprende. Non si adatta ai nostri pensieri. L’Lhc ci ha già sorpreso. Alla sua prima accensione, tre anni fa, non ha prodotto quello che molti fisici si aspettavano.

Ricordo una visita al Cern poco prima dell’accensione e una lunga chiacchierata con un collega della divisione teorica, uno dei più bravi. Mi diceva: “Vedrai, Carlo, appena partiamo con l’Lhc troviamo le particelle supersimmetriche”. E invece no, le particelle supersimmetriche non sono saltate fuori. L’Lhc ha confermato con spettacolare puntualità quello che già sapevamo della Natura: il cosiddetto “modello standard delle particelle elementari”, ma per ora si è rifiutato ostinatamente di confermare anche uno solo dei tentativi dei fisici teorici di indovinare cosa succede più in là.

La grande pubblicità che è stata data alla rivelazione della particella di Higgs è servita ai fisici per dire al mondo che i soldi spesi non sono stati inutili (tutto sommato, confrontato con una portaerei, un’autostrada o un’olimpiade, l’Lhc costa spiccioli), ma forse ancora di più per coprire la delusione di non aver trovato quello che molti si aspettavano: le particelle supersimmetriche. Intere costruzioni teoriche, la vita di ricerca di molti scienziati, è appesa all’esistenza di queste particelle: se ora l’Lhc le trova, molti potranno dire “visto, avevamo ragione”. Se non le troviamo, gli argomenti per prendere sul serio molte teorie si indeboliranno. È questa incertezza che rende viva la scienza.

I comunicati ufficiali del Cern suonano qualche volta un po’ trionfalistici e magniloquenti: “Studiamo i lati oscuri dell’universo! Esploriamo l’inizio del Cosmo!”. La realtà, vista da vicino, è più sobria. Per molti la vera questione è: “Queste equazioni su cui ho passato la vita, hanno qualcosa a che vedere con la realtà, oppure niente?” Le troveremo oggi, le particelle supersimmetriche? Vedremo qualcosa di nuovo, forse inaspettato, oltre a quello che già è ben descritto dal modello standard? Non lo sappiamo, restiamo in attesa. Andiamo a vedere. È proprio perché chiede conferma alle risposte della Natura, che il sapere della scienza è poi così affidabile. È proprio perché non sappiamo cosa vedremo che tutto questo è interessante.