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Delrio chiude la “macchina degli appalti” per sbloccare 70 miliardi di grandi opere

Affari & Finanza di Repubblica spiega i contenuti dei dossier aperti sul tavolo del Ministro Delrio. La missione di Delrio è provare a smontare, pezzo dopo pezzo, quel sistema di potere che per anni ha controllato gli appalti delle grandi opere pubbliche.

Un sistema protetto da quella Legge Obiettivo che ha drenato risorse pubbliche, arricchito imprenditori privati conniventi con una politica disposta a farsi corrompere, lasciando l'Italia in una costante situazione di affanno infrastrutturale con l'inettitudine della pubblica amministrazione e lo strapotere improduttivo dei giudizi amministrativi. Tutto nella logica del primato dell'emergenza che cancella i controlli ed esalta le varianti in corso d'opera. 

Delrio ha mutato il compito della Struttura tecnica di missione: non più la gestione dei progetti, ma funzione di supporto alle scelte strategiche del ministro con la relativa valutazione dell'impatto. Sta partendo proprio ora il bando per la selezione dei membri che ne faranno parte. Il ministro cerca esperti al di sopra di ogni sospetto, privi di potenziali conflitti di interesse. La nuova Struttura tecnica sarà un organismo decisivo per la strategia di Delrio, per il passaggio dalla cultura dell'emergenza a quella della programmazione degli interventi. 

Il nuovo codice degli appalti, approvato in prima lettura alla Camera e ora passato al Senato, supererà di fatto la logica emergenziale della Legge Obiettivo di Pietro Lunardi. L'Anac (l'Autorità centrale anticorruzione) di Raffaele Cantone ha già assunto il ruolo di vigilanza e controllo sulla regolarità degli appalti e ha assorbito le funzioni in precedenza svolte dall'Authority sui contratti pubblici e arbitro del mercato.

La riforma degli appalti (più trasparenza, semplificazione normativa coerente con quella europea, divieto dell'affidamento in house per i concessionari, rating reputazionale per le aziende e fine delle varianti in corso d'opera) va di pari passo con il Piano pluriennale di interventi infrastrutturali che il ministero presenterà entro il prossimo mese di settembre. Ed è qui (per ora sulla carta) la svolta dal punto di vista strategico con la programmazione triennale delle priorità e non più delle liste dei lavori che è facile elencare ma difficile realizzare. In questo mutamento di approccio sarà importante il ruolo delle Regioni.

Delrio punta a una sorta di patto pubblico, trasparente, non permanentemente negoziabile, tra il Mit e le varie Regioni: si decideranno le opere prioritarie, le risorse necessarie, quelle disponibili, e i tempi di realizzazione veri. Senza la ricerca del consenso con promesse a pioggia che raramente superano la prova con la realtà. Il caso della interminabile Salerno-Reggio Calabria è clamoroso ma non isolato, purtroppo. Quello dell'Anas può diventare un modello. Si è chiusa la lunga stagione di Piero Ciucci.

Da Tema Rete Italia è arrivato il quarantanovenne Gianni Armani, voluto da Delrio ancor prima che dal premier Matteo Renzi. L'Anas deve recuperare credibilità ma anche cambiare modo di operare: più manutenzione straordinaria, meno nuove opere. II che si traduce in meno costi finanziari e interventi più sostenibili sul piano ambientale. Così è stato costruito il nuovo contratto di programma (1,2 miliardi di finanziamenti pubblici previsti dalla legge di Stabilità) tra il ministero e l'Anas, che dovrebbe ottenere il via libera dalla prossima riunione del Cipe prevista per metà mese. D'altra parte oltre il 40 per cento degli 11 mila ponti e viadotti e delle 1.200 gallerie che insistono sui 25 mila chilometri di strade gestite dall'Anas, è stato realizzato prima del 1970.

Basta davvero questo dato per comprendere come la priorità sia la manutenzione di opere ormai vetuste e non la realizzazione di nuovi collegamenti autostradali in un Paese che comunque continua ad avere una rete autostradale più lunga di quella sia della Francia, sia della Gran Bretagna. Resta però il problema del congestionamento della rete visto che quella italiana rappresenta circa il 9 per cento dell'intera rete europea mentre su di essa circola ben il 15 per cento delle autovetture dell'Unione.

Tant'è che uno degli obiettivi del Piano pluriennale è quello di uscire dalla nostra storica dipendenza dalla gomma. Più ferro, nei centri abitati (metropolitane e tranvie) e anche nei collegamenti extraurbani. E questo uno dei punti strategici del "piano Delrio".