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Def 2015, le osservazioni della Corte dei Conti

E’ un giudizio sostanzialmente positivo quanto cauto, quello espresso sul Def 2015 -2019, dai rappresentanti della Corte dei Conti, in occasione dell’audizione, avanti le Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato. La Corte rileva un aumento del clima di fiducia delle imprese, per il secondo mese consecutivo, trainato da tutti i settori produttivi fatta eccezione per quello delle costruzioni.

Un maggiore ottimismo, condiviso anche dalle famiglie, non accompagnato tuttavia da una coerente ripresa della domanda di beni di consumo.Riattivare gli investimenti. E’ questa la capacità indicata dalla Corte come utile a tradurre gli impulsi congiunturali positivi in una ripresa dell’occupazione, pur nel quadro delle incertezze che ancora caratterizzano il quadro internazionale.

Nel 2014 l’economia italiana ha registrato a consuntivo un’ulteriore contrazione della spesa per investimenti, inferiore a quella registrata nel 2013, ma comunque ben più rilevante di quelle che erano le indicazioni di pre-consuntivo.

Un modo per indicare gli spazi manovra dell’azione del Governo come molto ristretti.
Occorre, osserva la Corte, cogliere i margini di opportunità offerti dalle condizioni favorevoli che caratterizzano le economie dell’Unione, per portare a compimento i processi di riforma avviati e trarne i benefici in termini di crescita. In questa direzione si muove la previsione del Governo di utilizzare le risorse che dovessero derivare da un miglioramento dei saldi per rafforzare il processo di riforma.

Il tema dell’urgenza delle riforme è ampiamente condiviso dalla Corte che indica nella situazione attuale il motore di una rapida definizione di riforme economiche e istituzionali, in grado di rendere più sostenibile la gestione dei servizi pubblici.

Il ridisegno realistico dei fabbisogni da garantire per i servizi, nonché la ridefinizione dei confini delle prestazioni offerte ai cittadini, consentirebbe poi di evitare i rischi del sovrapporsi di interventi spesso volti ad una “resa finanziaria” che finisce per penalizzare proprio le amministrazioni più virtuose.

L’azione pubblica deve essere indirizzata a dar maggior forza alle misure volte ad incrementare il potenziale di crescita del Paese in un contesto in cui possono aprirsi spazi di intervento grazie soprattutto ad una riduzione della spesa per interessi.

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