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BEI – Scannapieco: «Già 6 miliardi all’Italia nel 2015, altri 4-5 in arrivo»

La Banca europea per gli investimenti ha già finanziato progetti italiani per 6 miliardi di euro nei primi sette mesi di quest'anno e le operazioni in lista d'attesa sono tali e tante che anche nel 2015 il target sull'Italia da 9 miliardi annui (dopo l'aumento di capitale della Banca avvenuto nel 2012) verrà ampiamente superato, come nel 2013 e 2014 (i prestiti Bei concessi a soggetti pubblici e privati in Italia è stato di 8,3 miliardi di euro nel 2007, 9,7 nel 2009, 8,8 nel 2010, 8,4 nel 2011, 6,8 nel 2012, 10,4 nel 2013, 10,9 miliardi nel 2014).

Il 2015 va però considerata un'annata speciale per un altro motivo: l'avvio del Piano Juncker e la scesa in campo nel nuovo FEIS (Fondo europeo investimenti strategici) con le sue garanzie sulle prime perdite o "first loss piece" che metteranno il turbo agli investimenti della Bei consentendo a questa storica istituzione, creata con il Trattato di Roma, di finanziare progetti nella Ue con un più alto grado di rischio.

A prescindere dal FEIS, la Bei conta comunque di aumentare il suo ruolo nelle infrastrutture – promuovendo una formula innovativa di project bond – nel finanziamento delle PMI e mid-cap, anche tramite cartolarizzazioni con tranches garantite, e nel rafforzamento dei mezzi propri delle imprese italiane per farle crescere e internazionalizzare attraverso il potenziamento del suo fondo di private equity Fei (Fondo europeo per gli investimenti). «Gli investimenti per sostenere la crescita la Bei li ha sempre fatti e continuerà a farli. Questo è un anno di transizione – spiega il vicepresidente Bei e presidente Fei Dario Scannapieco in un'intervista al Sole24Ore – perché segna il decollo del Piano Juncker che permetterà alla Bei di effettuare finanziamenti con un profilo di rischio maggiore, anche allo scopo di attrarre più investimenti dai privati».

Anche quest'anno la Bei giocherà un ruolo chiave per sostenere la crescita in Italia con finanziamenti che supereranno i 10 miliardi? Confermando così il maggiore sforzo che la Banca ha fatto in questi ultimi sette anni, in risposta alla Grande Crisi?

I primi sette mesi di quest'anno sono in linea con i nostri obiettivi dopo l'aumento di capitale del 2012, in quanto abbiamo già firmato finanziamenti in Italia per circa 6 miliardi e la pipeline dei prossimi mesi è promettente: dal 2008, in risposta alla crisi, la Bei ha erogato finanziamenti in Italia per 68 miliardi (ndr. contro i 40 miliardi circa dei sette anni precedenti 2001-2007) attivando investimenti per 200 miliardi.

Quali sono le operazioni principali chiuse finora quest'anno e quali in arrivo?

Abbiamo rinnovato il nostro rapporto con il settore pubblico. Stiamo intervenendo con 940 milioni nel piano scuola per l'edilizia scolastica, che assicura allo Stato un risparmio in conto interessi e un impatto minimo sul deficit: 450 milioni sono stati già firmati, per la messa in sicurezza degli edifici e l'efficientamento energetico. Ma ancora più importante è stato il nostro contributo per avviare un sistema di censimento e monitoraggio delle condizioni delle scuole, riconosciuto in Europa come un'eccellenza italiana. Abbiamo erogato un finanziamento da 1 miliardo alla RFI e 600 milioni alla ricerca della Fiat; abbiamo iniziato a concedere prestiti all'agricoltura, con 400 milioni per imprese del settore e consorzi; oggi firmiamo la prima tranche di un prestito all'Anas da 300 milioni. Ed è in arrivo un finanziamento da 300 milioni per ADR, per ristrutturare l'aeroporto di Fiumicino. Ma abbiamo visto anche una ripresa dell'interesse del sistema bancario a chiudere operazioni con noi, per durate più lunghe del TLTRO, e di "risk sharing". È in arrivo un'operazione da 450 milioni con il Montepaschi di Siena: è importante, è la riattivazione della nostra operatività con il MPS.

Sarà un'operazione di ABS, di cartolarizzazioni di prestiti alle piccole e medie imprese per migliorare le condizioni del finanziamento alle PMI? E per il Monte, ci sarà un beneficio in termini di minore accantonamento di capitale? Come può la Bei far arrivare più credito alle PMI?

Si l'operazione MPS ha la struttura dell'ABS e potrebbe avvalersi di una garanzia del Fei. Le Pmi e le mid-cap sono l'ossatura dell'economia italiana e anche europea e la Bei ne è consapevole.

Due sono gli elementi che richiedono interventi: il sistema europeo è ancora troppo bancocentrico e le PMI dipendono quasi esclusivamente dal credito bancario e in questo contesto operazioni di risk sharing co-finanziate con la Bei consentono alle banche di alleggerire l'impiego di capitale e liberare risorse per credito aggiuntivo. Il secondo intervento è sulle PMI stesse, quelle che soffrono per la carenza di mezzi propri e non possono espandersi. Possiamo aiutarle sin dalle prime fasi della loro vita, affiancando i business angels italiani e sostenendo i fondi di private equity e venture capital. Il Fei ha già impiegato 9 miliardi in 500 fondi di private equity nei 28 paesi dell'Unione europea e sta raddoppiando la sua operatività.

Per tornare alle infrastrutture, le aspettative sul lancio dei project bond sono elevatissime ma la prima operazione di questo tipo in Italia sul Passante di Mestre, in embrione da lungo tempo, non è ancora stata realizzata. Altri Paesi, come Spagna, Olanda, Francia, ne hanno già fatti: noi siamo indietro.

L'operazione è pronta ma si è perso del tempo. È una questione di ciclo politico della Regione Veneto. Ci auguriamo che il consiglio di amministrazione del promotore venga nominato quanto prima per sbloccare il primo project bond in Italia.

E sulla banda larga?

Abbiamo sostenuto in passato progetti importanti e abbiamo un dialogo aperto con la presidenza del Consiglio. Il settore è strategico e appena lo scenario sarà chiaro siamo pronti a intervenire in misura consistente.

L'Italia è uscita dalla recessione e i germogli della ripresa sono promettenti. Resta il problema del credito per finanziare l'economia. Il Piano Juncker rappresenta l'opportunità per una vera svolta?

Il Feis con le sue garanzie (che si accollano le prime perdite) ci permetterà di finanziare progetti che hanno un profilo di rischio maggiore rispetto al passato, mantenendo il nostro massimo rating "AAA". Ma la nostra impostazione non cambia: entriamo solo in progetti "bancabili", che siano ben fatti. Inoltre il Piano Juncker prevede riforme strutturali regolatorie per creare ambienti più fertili per attrarre gli investimenti privati. L'Italia deve poter dare certezze nel campo delle infrastrutture: tempi e costi certi. Sta all'Italia poi saper presentare progetti adeguati per utilizzare le risorse disponibili, migliorare il monitoraggio dei progetti, la loro realizzazione e manutenzione. Per questo sono convinto che occorra assolutamente rinforzare le capacità tecniche (ingegneri, periti industriali, geometri) nelle amministrazioni pubbliche centrali e locali. E anche per questo il piano Juncker prevede servizi di consulenza tecnica ai promotori dei progetti, opportunità che non deve andare persa.