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Appalti, sei sfide per la riforma

Sono sei le sfide principali che la riforma degli appalti approvata dal Senato (e ora alla Camera) deve vincere per cambiare radicalmente il modello italiano delle opere pubbliche che finora si è distinto per lo spreco di miliardi di euro senza realizzare le opere, la forbice velenosa fra ribassi in gara e recupero dei margini attraverso le varianti, una progettazione assolutamente marginalizzata (anche con lo scopo di rendere più facili le varianti), un basso livello di concorrenza attraverso deroghe, trattative private, "in house" dei concessionari e delle ex municipalizzate, l'assenza di un'autorità nazionale capace di interpretare le norme legislative e farle rispettare.

Costi alle stelle e tempi mai certi, dunque. Si cambia? Molto dipende da queste sei sfide.

Gold plating

Il principio è sacrosanto ed è il "cuore" della delega: vietato imporre norme ridondanti rispetto alla Ue. Così si potrà varare un codice leggero, rompendo la tradizione italiana "pesante". Si discute se 56 criteri di delega non creino le premesse per un codice pesante ma è condivisibile l'opinione del relatore al Senato, Stefano Esposito, quando dice che paletti chiari e robusti del Parlamento aiuteranno il governo a sfoltire, riconoscendo l'essenziale da ciò che non lo è. Semmai, il rischio è che il gold plating diventi l'arma pronta per l'uso per chi vuole contestare punti fondamentali e qualificanti del nuovo modello (magari polemizzando con la legge Merloni): dai poteri di regolazione Anac alle limitazioni all'appalto integrato.

Poteri regolatori Anac

È una delle grandi novità della riforma, forse quella più rilevante: l'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone diventa il perno del sistema. Da vigilante anticorruzione in momenti patologici, l'Anac diventa regolatore di mercato: poteri di soft law che consentiranno di interpretare le norme di legge e vigilare sulla loro applicazione, bandi-tipo per un mercato più concorrenziale e trasparente. La sfida è mettere fine all'anarchia interpretatativa che ha moltiplicato il contenzioso e ha trasformato il settore in un terreno di scontro fra avvocati. Sfida nella sfida per l'Anac: la regolazione funzionerà se avrà come obiettivo non solo la legalità ma anche i risultati (cioè opere fatte). Una sfida che Cantone ha chiara e per cui dovrà attrezzare un'Autorità non sempre attrezzata.

Stop all'in house, lavori e servizi dei concessionari

Al momento, è la norma più rovente. Si introduce l'obbligo per i concessionari, attuali e futuri, di affidare con gara tutti i lavori e servizi. Le gare per i lavori a valle sono escluse per chi ha vinto a monte la gara per la concessione. Sono già stati sollevati dubbi interpretativi, in particolare sull'applicabilità della norma ad Aspi (Atlantia), il più grande concessionario autostradale italiano: l'esclusione riguarda «le concessioni in essere affidate con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea». Paolo Costa, ministro dei Lavori pubblici ai tempi della privatizzazione di Autostrade, ha già ricordato che la gara per la privatizzazione fu concordata con la Ue «in sostituzione di quella per assegnare la concessione».

Aspi finora non ha preso posizione esplicita, mentre il relatore del provvedimento al Senato Esposito ribadisce che il divieto di "in house" si deve applicare anche ad Aspi. «Abbiamo chiesto sul punto un parere alla commissione per le politiche Ue del Senato, presieduta da Vannino Chiti – dice Esposito – e non ha lasciato margini di dubbio: non è stata fatta nessuna gara per la concessione di Aspi, quindi l'esclusione non scatta. Mi stupisco di alcuni sindacati di categoria che si comportano come corporazioni, magari in dissenso delle loro stesse confederazioni». Non finirà qui, c'è da giurarlo. Salvo che la Camera chiarisca esplicitamente, in un senso o nell'altro.

Qualificazione e rating reputazionali

Oggi un'impresa che realizza bene i lavori nel rispetto dei tempi e dei costi del contratto e un'altra impresa che li realizza con tempi e costi estremamente dilatati sono sullo stesso piano per un sistema di qualificazione formalistico. L'introduzione del rating reputazionale è decisivo a questo proposito e il fatto che sia messo nelle mani dell'Anac è una garanzia. Dentro c'è anche il rating di legalità. Si tratta di una vera svolta per il sistema, a condizione che non si faccia l'errore – che Bruxelles non perdona – di usare i rating reputazionali soggettivi per aumentare i punteggi di gara oggettivi. I rating possono servire soltanto a una qualificazione più severa e più sostanziale (magari lasciando qualche margine di discrezionalità alle stazioni appaltanti).

La giurisprudenza europea punisce invece la confusione fra elementi soggettivi, buoni per la qualificazione, ed elementi oggettivi (progetto, prezzo, tempi) che il concorrente presenta in gara per fare l'offerta migliore.

Progettazione e incentivo 2%

Quella della progettazione è la sfida numero uno, la sola che potrà davvero favorire la ripresa del mercato dei lavori pubblici. Inutile illudersi: senza un parco progetti di qualità, il settore resterà bloccato e "ostaggio" delle varianti in corso d'opera. Molte norme vanno in direzione giusta, dal rilancio dei concorsi all'eliminazione del massimo ribasso per le gare di progettazione alla necessità di avere un progetto esecutivo per andare a gara di lavori. Manca poi il colpo del ko: eliminare l'incentivo del 2% per l'affidamento della progettazione all'interno delle Pa. Fanno distorsione del mercato, producono progetti scadenti, lasciano il problema irrisolto con una logica da "parrocchietta" del singolo dipartimento della singola Pa. Invece il problema stavolta va affrontato alla radice. Bene la relatrice alla Camera, Raffaella Mariani, che ha già detto di volerci mettere mano.

Le varianti

Il nuovo modello si reggerà sulla capacità di eliminare effettivamente l'eccesso di varianti in corso d'opera e di mettere al centro del sistema il premio per chi rispetta tempi e costi dati dal progetto e dal contratto uscito dalla gara. La norma della legge quadro sulle varianti pone correttamente il criterio ma lascia aperti varchi e dà al governo ampi margini discrezionali nel recepimento. Per un giudizio definitivo bisognerà attendere il testo attuativo del governo.