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L’attualità dei bitumi modificati – seconda parte

Il confronto tra bitumi normali e modificati con polimeri: esperienze di durabilità in laboratorio e in campo

L’attualità dei bitumi modificati - seconda parte

Concludiamo in questo articolo l’analisi comparativa di diversi leganti bituminosi che ha portato ad osservazioni interessanti sul comportamento a lungo termine di bitumi modificati e normali, e sugli asfalti con essi confezionati (si veda anche https://www.stradeeautostrade.it/materiali/asfalti-e-bitumi/2014-06-03/l-attualita-dei-bitumi-modificati-4585) .

Immagini

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  • Il confronto delle performance dello Styrelf in laboratorio e invecchiato in opera
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    Il confronto delle performance dello Styrelf in laboratorio e invecchiato in opera
  • Il grado di ossidazione dei bitumi modificati Styrelf
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    Il grado di ossidazione dei bitumi modificati Styrelf
  • Le curve GPC per il dopo invecchiamento in campo e in laboratorio
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    Le curve GPC per il dopo invecchiamento in campo e in laboratorio
  • La penetrazione a 25° C dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio
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    La penetrazione a 25° C dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio
  • Il rammollimento dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio
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    Il rammollimento dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio
  • Il ritorno elastico dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio (non si è potuto eseguire il Ritorno Elastico sul RL e EL e top a causa della rottura del provino prima di raggiungere la massima elongazione)
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    Il ritorno elastico dei leganti “top” e “bottom” comparato al legante medio e quello invecchiato in laboratorio (non si è potuto eseguire il Ritorno Elastico sul RL e EL e top a causa della rottura del provino prima di raggiungere la massima elongazione)
  • La distribuzione GPC per leganti estratti dalla corsia lenta e di emergenza
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    La distribuzione GPC per leganti estratti dalla corsia lenta e di emergenza
  • La distribuzione GPC per leganti estratti dalla corsia lenta e di emergenza
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    La distribuzione GPC per leganti estratti dalla corsia lenta e di emergenza

Ricordiamo che quanto riportato è estratto da una pubblicazione di diversi Autori relativa ad uno studio condotto in sinergia tra il CReS (Centro di ricerche della Total) il Laboratorio del Traffico dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna. Da questo lavoro derivano importanti considerazioni sulla durabilità di pavimentazioni stradali realizzate con bitumi modificati e bitumi normali.

I risultati qui esposti riguardano il bitume modificato Styrelf, prodotto in Italia da TotalErg. Questo particolare legante, presente ormai nel mercato europeo da più di 30 anni, è realizzato con un processo (brevetto Elf) che prevede la reticolazione del polimero e che per questo ha elevate caratteristiche di stabilità, omogeneità,  elasticità e resistenza.

Il confronto tra i test d’invecchiamento in laboratorio e in opera

La prima comparazione prevede il confronto tra l’invecchiamento ambientale (vale a dire in opera) con quello simulato in laboratorio per i bitumi modificati con reticolazione chimica (detto appunto cross-linking).

L’invecchiamento PAV è stato condotto sia a 25 che 40 ore.

I risultati mostrano l’evoluzione delle diverse proprietà con l’invecchiamento in laboratorio (a sinistra) e quelle in opera (sulla destra). Per i parametri di consistenza e di resistenza alla fessurazione alle basse temperature, le proprietà del bitume modificato dopo la mescolazione in impianto con gli aggregati è equivalente a quelli del RTFOT. L’invecchiamento a lungo termine simulato dal PAV a 25 ore è governato dal cambio di penetrazione e di rammollimento: entrambi raggiungono valori di un legante indurito in opera per un periodo tra 8 e 19 anni.

Il Ritorno Elastico e i parametri a basse temperature non mostrano significative differenze tra breve e lungo termine. Mentre la fessurazione per basse temperature non cambia molto tra invecchiamento in opera e in laboratorio; anche dopo 40 ore di PAV non si ha un significativo cambiamento di questo parametro.

Riguardo al grado di ossidazione, l’invecchiamento in laboratorio e in opera risultano differenti.

Il PAV a 25h ha indici di CO e SO molto prossimi al bitume modificato “fresco”; mentre quello a 40h mostra un indice di CO alto simile a quello in opera dopo 4 anni con indice di SO molto basso.

Nel cromatogramma si confrontano i valori dei test e quelli in opera. Il PAV, a 25 o 40, ore ha la stessa distribuzione per bassi valori di peso molecolare con una piccola differenza nei valori medi ed un più ampio campo di distribuzione rispetto a un legante nuovo.

D’altra parte il bitume modificato di 19 anni ha una curva diversa e non sovrapponibile, con un alta percentuale di molecole a medio ed alto peso molecolare.

Questa traslazione verso gli alti pesi molecolari significa maggiori interazioni, coerenti con l’elevato tenore di SO.

L’invecchiamento in laboratorio e in opera non sono molto ben correlati, ma si tenga conto che il GPC analizza un materiale dissolto in solvente e con possibilità di perdita di insolubili o distruzione di interazioni chimiche. Questi risultati hanno quindi solo un valore qualitativo.

Il gradiente d’invecchiamento

Relativamente al recupero del legante è emersa la questione del gradiente d’invecchiamento.

Il recupero viene fatto su tutto lo spessore della pavimentazione; ma quanto il legante in superficie invecchia rispetto a quello nella parte più profonda? quanto l’estrapolazione delle proprietà medie riflette la realtà?

Sono due i meccanismi che permettono l’ossidazione: la diretta diffusione di ossigeno attraverso i vuoti e la diffusione chimica dei radicali liberi all’interno del bitume stesso.

Questo crea un gradiente di invecchiamento e quindi a un gradiente di rigidezza.

Il gradiente agisce solo nei primi millimetri di pavimentazione, e viene spesso trascurato. Per affrontarlo si è deciso di estrarre separatamente il legante dai primi 15 mm dal resto della lastra. Dai campioni di asfalto di 19 anni sono stati presi i primi 15 mm, sia dalla corsia lenta (RL) che da quella di emergenza (EL), e sono stati separati identificandoli come legante “top”. Il legante estratto dai restanti 40 mm è definito “bottom”.

Non è stato possibile misurare le proprietà di più di due strati poiché era impossibile tagliare il ridotto spessore residuo.

Il gradiente meccanico

I valori del legante medio sono stati confrontati con quelli dello strato “top” e “Bottom” sia per la corsia RL che EL. Sono anche riportati valori dell’invecchiamento a breve termine (“short term aging” rappresentato dal RTFOT) ed a lungo termine (“long term aging” rappresentato dal PAV).

Il legante conservato in barattolo rappresenta il bitume invecchiato senza esposizione all’aria.

Si è trovata una grossa differenza tra il legante “top” con quello “botton”, sia per la corsia RL che per la EL. I parametri del legante medio danno valori intermedi equivalenti a quelli della semplice legge di miscelazione, come era ragionevole attendersi.

I leganti top delle due corsie RL e EL hanno dei valori molto simili a quelli del PAV. Sono però molto più fragili. Il bitume modificato nello strato superficiale ha cominciato ad essere meno efficiente dopo 19 anni, mentre è ancora efficiente quello dopo PAV: quindi il PAV non può essere usato per prevedere in grado di valutare il grado di degradazione del polimero.

Più in profondità  l’invecchiamento non sembra avere la stessa influenza; la RL sembra più invecchiata rispetto al RTFOT, mentre la EL è addirittura meno invecchiata dello stesso del RTFOT (persino con un miglior ritorno elastico dell’originale).

Il gradiente chimico

È stato utilizzato anche il GPC sul legante di 19 anni sulla EL e RL. Le distribuzioni GPC rivelano il degrado della matrice polimerica nello strato superiore, che è congruente con i risultati visti per il Ritorno Elastico. La traslazione verso i pesi molecolari più bassi implica che il polimero non scompare ma si rompe in molecole più piccole.