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Un nuovo modello di Smart City post-Covid-19 – seconda parte

Verso un approccio metodologico utile per strutturare un nuovo modello di città (smart) post-lockdown basato sulla correlazione tra iniziative assunte per arginare la diffusione del virus e i risultati ottenuti, per affrontare le problematiche da molto tempo esistenti come inquinamento, congestione da traffico, inadeguatezza del trasporto pubblico, ecc., la diretta conseguenza di decisioni inadeguate sul piano programmatorio

Un nuovo modello di Smart City post-Covid-19 – seconda parte

  For English version: https://www.stradeeautostrade.it/en/smart-road-digital-transformation/a-new-smart-city-model-after-covid-19-part-2/

La prima parte dell’articolo è pubblicata sul fascicolo n° 141 Maggio/Giugno 2020 e online su https://www.stradeeautostrade.it/its-smart-road/un-nuovo-modello-di-smart-city-post-covid-19-prima-parte/.

La resilienza digitale offre un futuro alle città

Le Smart City sono resilienti e sicure e per diventarlo servono modelli condivisi a livello nazionale. Si è evidenziato che la crisi innescata dalla pandemia venga affrontata decisamente meglio dalle città, dalle Imprese e dagli stessi cittadini che hanno una propensione sviluppata alla digitalizzazione.

Tutte le strutture che da tempo hanno messo in atto un’organizzazione digitale hanno decisamente dimostrato di avere una maggiore capacità di superare le criticità.

Questo vuol dire che se ogni servizio urbano fosse dotato di sistemi di monitoraggio di tutti i dati che raccoglie e li mettesse in comune con un sistema superiore – capace di raccoglierli e organizzarli, trasmettendoli per trasformarli in servizi – permetterebbe di coordinarli al meglio finalizzandoli per ottimizzare ogni comparto coinvolto: dai trasporti, al traffico, all’energia, ecc..

A tal fine, l’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha formulato un modello di città del futuro con soluzioni e strumenti tecnologici per abitazioni e ambiente urbano.

A livello orizzontale, ha sviluppato una piattaforma ICT di integrazione, denominata Smart City Platform, in grado di connettere tutti i servizi urbani alla piattaforma di distretto e di integrare i prototipi e le soluzioni innovative realizzate.

Nell’ambito del Progetto ES-PA (Energia e Sostenibilità per la Pubblica Amministrazione) finanziato dal PON-GOV 2014-2020, l’ENEA promuove la rete di città “Smart Italy Goal”, il cui obiettivo è delineare una strategia nazionale per la convergenza di programmi e interventi di riqualificazione urbana e territoriale orientati alla realizzazione di Smart City.

Covid-19
1.

La progettazione e lo sviluppo di una Smart City, infatti, si concretizzano solo se programmati nell’ambito di una collaborazione strutturata e condivisa tra i principali Stakeholder dei processi gestionali urbani e dei relativi servizi pubblici.

In quest’ottica, propone alle Amministrazioni Comunali di entrare a far parte della rete e di collaborare ai diversi tavoli di lavoro al fine di condividere:

  • modelli gestionali;
  • data model;
  • specifiche per l’interoperabilità delle piattaforme;
  • specifiche tecniche da allegare ai bandi di gara;
  • linee guida di supporto nell’applicazione degli strumenti;
  • risultati conseguiti e interventi realizzati sul territorio urbano;
  • piattaforme interoperabili.

Come devono essere ripensate le città?

Sarebbe opportuno, oggi più che mai, lavorare a un modello coordinato di Smart City a livello nazionale per rispondere al meglio non solo all’emergenza attuale, quanto ad affrontare opportunamente ulteriori situazioni critiche che inevitabilmente potranno sorgere nel futuro.

Questo potrebbe essere utile anche nel caso in cui un’utility che gestisce un servizio urbano, come il monitoraggio della mobilità, sia in grado di raccogliere i dati in tempo reale e li trasmetta a una infrastruttura superiore: così sarebbe possibile svolgere delle analisi mirate altrimenti impensabili e creare la base per ottimizzare altri servizi urbani, per esempio l’illuminazione pubblica, grazie alla conoscenza dei flussi di traffico, ottenendo un risparmio energetico ed economico rilevante.

Secondo Agens (Associazione che rappresenta gli interessi del settore dei trasporti e dei servizi nel sistema di Confindustria), questa infrastruttura di coordinamento non è pensabile sia sviluppata in modo autonomo da ogni città con uno standard proprietario, perché altrimenti si creerebbero molteplici isole smart.

Il progetto portato avanti da ENEA, Smart Italy Goal intende generare delle specifiche di standard a livello nazionale, cui devono attenersi le città e realizzare di conseguenza infrastrutture dedicate.

Questa iniziativa, pensata per migliorare l’impatto ambientale ed ottimizzare, riducendolo sensibilmente, il costo economico di determinati servizi, oggi evidenzia un’ulteriore dimensione e utilità: quella riguardante la sicurezza e la resilienza urbana.

Smart mobility
2.

Smart City: quali sono le infrastrutture necessarie per città intelligenti e resilienti?

Innanzitutto servirebbero delle fondamenta solide per costruire Smart City. Sono proprio queste piattaforme di scambio dati, infrastrutture digitali che ricevono dati e li rimettono a disposizione di altri.

Le Smart City Platform dovrebbero essere adottate da ogni città italiana: il problema è proprio superare il localismo e ragionare in un’ottica coordinata e uniforme. Quindi, servirebbe un’unica piattaforma software dove ogni città fa convergere i propri dati.

La proposta di cui ENEA si fa portatrice è proprio questa, avendo definito tutte le specifiche necessarie perché queste infrastrutture possano essere aperte, comunicabili, standardizzate.

Sono state messe a punto in sinergia con un network internazionale (IES Cities Framework) coordinato dal NIST – National Institute of Standards and Technology degli USA.

Ora occorre però una decisione nazionale. La logica non è trasformare dall’oggi al domani tutte le città, facendole diventare smart, perché non sarebbe verosimile.

Lo è invece mettere a punto oggi queste infrastrutture digitali obbligando le città, ogni volta che svolgono un intervento a livello urbano, a porre a fattore comune le specifiche e i principali indicatori.

Il costo di attuazione si riduce drasticamente. Per esempio: se una città dà in gestione il servizio rifiuti o l’illuminazione pubblica, per contratto dovrebbe inserire la clausola di inviare i dati quotidianamente alla piattaforma. Altrimenti, per tutta la durata del contratto non sarà possibile farlo, con i ritardi conseguenti di uniformazione.

Smart Italy Goal: i fattori abilitanti che possono renderlo fattibile

Innanzitutto, coinvolge attori di rilevanza nazionale: ANCI, Confindustria Nazionale, Agenzia per l’Italia Digitale, Consip, gestore di appalti nazionali, e l’Agenzia per la Coesione territoriale.

Quest’ultima, in particolare, è una istituzione particolarmente preziosa in quanto amministra e governa i fondi infrastrutturali europei. Oggi vengono offerti numerosi fondi UE alle città che spesso vengono usati con finalità Smart City,

ma con soluzioni parziali, non aperte, “locali”, non standardizzate a livello nazionale. Se venissero orientati in modo consapevole, ci sarebbe la possibilità di contare su stanziamenti mirati ed efficaci.

C’è poi il ruolo essenziale svolto dal Ministero per lo Sviluppo economico che, attraverso il programma Ricerca di sistema (fondo alimentato da una quota minima prevista nella bolletta elettrica), ha finanziato il progetto che ha messo a punto le specifiche delle Smart City Platform, consentendo di mantenere le risorse economiche fino alla fine del 2021. Costruire città intelligenti e resilienti richiede tempi lunghi e implica costi.

Ma all’interno della task force del progetto citato ci sono molte parti interessate a questo tema che potrebbero aiutare a rendere possibile e sostenibile questo percorso.

Smart city
3.

I tempi della città: serve un vero piano dei tempi e degli orari per la città

Argomento più che mai trascurato che ha contribuito ad aggravare la gestione delle nostre città. Peraltro, esiste una Norma, praticamente disattesa e risalente addirittura al 2000, che fornisce una soluzione che – coordinata con altre – potrebbe aiutare.

Si tratta della Legge 8 Marzo 2000, n° 53 che, al Capo VII – “Tempi delle città” – prevede:

  • l’emanazione da parte delle Regioni di Norme per il coordinamento da parte dei comuni degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici periferici delle Amministrazioni Pubbliche, nonché per la promozione dell’uso del tempo per fini di solidarietà sociale;
  • la previsione da parte delle Regioni di incentivi finanziari per i comuni ai fini della predisposizione e dell’attuazione dei piani territoriali degli orari;
  • l’istituzione, sempre da parte delle Regioni, di Comitati Tecnici, composti da Esperti in materia di progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale e di gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al coordinamento degli orari delle città e per la valutazione degli effetti sulle comunità locali dei piani territoriali degli orari.

Protagonisti della Norma sono i Comuni il cui Sindaco, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. 267/2000, “… coordina e organizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle Amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti”.

In sintesi, la pianificazione dei tempi e degli orari, raccordata con la pianificazione e le azioni in materia urbanistica così come in materia di mobilità (incrementando il trasporto pubblico locale e favorendo la mobilità pedonale e ciclistica, dedicando strade ore carrabili alle percorrenze di ciclisti e pedoni) e di lavoro (mantenendo, dove possibile, le modalità di lavoro agile, anche per riunioni e formazione), è una soluzione irrinunciabile per risolvere i problemi pre-Covid. Le Norme già esistono: si tratterebbe di applicarle subito.

Per un quadro regolatorio intelligente la chiave sono i dati. Tutti gli interventi regolatori dipendono dai dati ottenuti da veicoli connessi; condivisi dai provider di applicazioni di mappe come Waze, TNC e altri provider di trasporti e rifiniti con telecamere per il traffico, sensori e altri strumenti Internet of Things.

I dati possono identificare anomalie: in quali aree lo spazio disponibile è poco utilizzato, per esempio. I dati sono la nuova valuta della regolamentazione: permettono un controllo flessibile e sfaccettato per proteggere la salute e la sicurezza, sempre considerando i bisogni della comunità.

Il quadro regolatorio del 21° secolo dovrebbe anche includere la raccolta e l’analisi – in forma anonima – del consenso raccolto da Twitter, Yelp o altre piattaforme.

Mobilità
4.

Una persona che ha bisogno di più facile accesso a una tratta di trasporto pubblico o che ha avuto una cattiva esperienza in car sharing potrebbe contribuire ad affinare le informazioni a disposizione degli Amministratori cittadini postando un voto sul servizio. Stabilire un nuovo quadro regolatorio che si modifica in tempo reale genera cooperazione, dà potere agli Amministratori, utilizza efficientemente i dati e dà veramente voce ai cittadini è un compito arduo e complesso.

Ma in fin dei conti, mettere a punto regole flessibili è anche la sola strada percorribile per rispondere ai costi e ai benefici del nostro nuovo mercato della mobilità, e al tempo stesso massimizzare le opportunità di accessibilità.

Economia circolare e smart mobility, così è cambiato il modo di spostarsi

L’economia circolare coinvolge anche le automobili che tra circa dieci anni si trasformeranno da strumento di trasporto in mezzi interconnessi e sostenibili.

Non solo un semplice mezzo di trasporto. L’automobile, come l’abbiamo conosciuta, verrà rimpiazzata. Ma da se stessa. La rivoluzione dell’economia circolare ha infatti già cominciato a coinvolgere l’auto, trasformandola da mero veicolo a un vero e proprio computer. E le parole chiave saranno: connessione, condivisione e sostenibilità.

La prima, immediata dimostrazione di una mobilità differente è rappresentata dai dati del car sharing, il cui utilizzo è in netta crescita. Gli iscritti ai servizi di car sharing in Italia nel 2018 sono stati in totale un milione e 860.000, di cui circa il 90% iscritto a servizi free-floating.

Rispetto al 2017, l’incremento maggiore si è avuto però nei servizi station-based con un più 37%, mentre il car sharing a flusso libero ha totalizzato un più 27% anno su anno.

I chilometri percorsi in car sharing sono stati complessivamente 88,9 milioni nel 2018. La flotta complessiva continua a crescere arrivando a quota 7.961 auto, con una quota del 27% di elettrico sul totale che è cresciuto dell’11% nel segmento free-floating e del 39% nello station-based rispetto al 2017.

In rampa di lancio per costituire nel futuro un’alternativa importante alla domanda di mobilità degli italiani è il car sharing Peer-to-Peer, soprattutto guardando ai dati relativi al mercato europeo. In Italia sono già attive piattaforme che offrono servizi tradizionali di car sharing tra privati (Consumer-2-Consumer) o che in alcuni casi coinvolgono anche le flotte aziendali (Business-2-Business-2-Consumer).

Con la condivisione di auto che prende piede, cambia anche l’idea del mercato stesso della auto: le vendite del nuovo sarebbero destinate a diminuire ma le auto percorrerebbero più chilometri, spostando il business delle case verso la manutenzione/riparazione.

“Le strategie circolari – ha sottolineato recentemente AIRP (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici) – sono particolarmente importanti nel settore dei trasporti”.

Sul fronte della gestione dei veicoli a fine vita, ad esempio, sempre più Aziende stanno investendo sui trasporti sostenibili trasformando la linea di produzione, puntando al recupero degli scarti e alla rigenerazione (remanufacturing) dei materiali appartenenti ai veicoli alla fine del loro ciclo di vita (oli esausti, batterie, plastiche, pneumatici).

A caratterizzare l’auto del futuro, ovviamente, sarà la sua capacità di essere sempre connessa: sarà possibile così “parlare” e comunicare direttamente con la segnaletica stradale e consentirà ai viaggiatori di poter accedere sia alle mail che ai propri profili social. E sarà un’auto “verde”: con motorizzazione elettrica o ibrida, sfruttando l’energia rinnovabile. Tra Smart City ed economia circolare, il futuro dell’auto sembra essere già qui. 

resilienza digitale
5.

Conclusioni

Il presente articolo intende essere un primo contributo utile per consentire un’analisi ragionata dei principali fattori che intervengono nella gestione di una nuova mobilità utilizzando i risultati conseguenti alle restrizioni adottate durante il periodo di crisi e fornire delle tematiche utili per un confronto, uno scambio di vedute.

Occasione per comprendere come le tecnologie e l’innovazione tecnologica così come l’adozione di nuovi comportamenti, di nuovi stili di vita possono contribuire a vivere meglio superando tutte le distorsioni che abbiamo rilevato, da sempre, nelle nostre città.

L’esperienza di Covid-19, è un’occasione unica per ricavare un nuovo modello di città che potrà rispondere agli innumerevoli interrogativi riguardanti la mobilità intelligente in una città intelligente, del futuro.

Tema che è stato negli ultimi anni molto discusso, ma con scarsi risultati. Tema tipico che riguarda: convergenza tra nuove necessità, nuove tecnologie, nuovi stili di vita, come contrasto alla forte urbanizzazione ed agli stili di vita inadeguati al modello di città attuale. Oggi, per colpa di Covid-19, dobbiamo ripensare tutto, radicalmente.

L’Italia ora ha l’opportunità di ripartire e può farlo senza tornare ai livelli di traffico, di inquinamento, di congestione dell’era precedente utilizzando dei parametri di riferimento sinora indisponibili.

E’ necessario avere una nuova capacità di reimpostare il nostro modello sociale utilizzando le correlazioni causa-effetto che vengono rilevate nelle fasi Covid-19.

La necessità di pervenire ad un eco-sistema innovativo si scontra con le difficoltà tecniche e amministrative che frenano l’implementazione di soluzioni in grado di portare benefici, più in generale, all’economia e alla società e quindi anche alla mobilità nel suo complesso (perdite economiche per congestione, ecc.).

In particolare, è urgente che si proceda anche a definire delle chiare e nuove strategie di supporto all’innovazione e alla riqualificazione del mondo del lavoro, rivedendo le tematiche che ormai non sono più adeguate.

In tutto questo, le Pubbliche Amministrazioni si trovano davanti a delle grandi sfide che negli anni passati non sono state in grado di affrontare perché, oltre a una scarsità di mezzi, c’è stata spesso una scarsità di visione strategica, di coerenza politica e di utilizzo delle risorse, senza badare a quali sono le vere priorità per un’Amministrazione che vanno ben oltre al mandato politico.

Tra le altre, la questione del monitoraggio ed il controllo dei ponti e delle infrastrutture stradali ci sta dando – da troppo tempo – una netta conferma di questo; e la previsione è che il tutto verrà ulteriormente ritardato nonostante l’evidente livello di rischio.

Per poter ottenere i risultati che ci stiamo prefiggendo, gli uffici preposti alla gestione delle infrastrutture, della mobilità, delle strade, dei parcheggi, ecc., devono non solo unirsi su generali obiettivi condivisi, ma anche ricevere più libertà d’azione dagli organi politici.

I temi di grande scala come il traffico, la mobilità, l’urbanistica, la pianificazione territoriale, non possono essere impostati secondo logiche autonome, se non causare gli effetti che abbiamo visto sinora.

ENEA
6.

Analogamente non possiamo dimenticare che abbiamo un processo decisionale e legislativo troppo lungo, e intrinsecamente lento a rispondere.

La politica dovrebbe, poi, sì porsi obiettivi generali ma anche consentire a coloro che li attuano di prendere decisioni basate su dati tecnici e non far prevalere logiche che non sono supportate.

Del resto, l’attuazione della gran parte degli strumenti di programmazione della mobilità e dei trasporti ha dimostrato come la politica interviene con logiche ben diverse. E i risultati si vedono.

Un esempio: l’HCM – Highway Capacity Manual è una pubblicazione del Transportation Research Board della National Academies of Science negli Stati Uniti ed è un manuale riconosciuto a livello internazionale, con il quale è possibile dimensionare una strada in funzione del volume di traffico che può sostenere e così anche gli effetti sulla qualità dell’aria derivanti dalle scelte fatte. Questo o altri strumenti sono utilizzati per prevenire le distorsioni che vediamo?

Del resto, il sistema della mobilità viene assimilato a un sistema idraulico dove i due parametri di riferimento sono portata e capacità. Non si tratta di ingegnerizzare tutto, ma di utilizzare quegli strumenti tecnici disponibili che ti anticipano quali saranno le situazioni della circolazione in funzione delle scelte assunte.

Muoversi sì ma muoverci meglio dovrebbe essere lo slogan che indica la giusta direzione futura.

La prima parte dell’articolo è pubblicata sul fascicolo n° 141 Maggio/Giugno 2020 e online su https://www.stradeeautostrade.it/its-smart-road/un-nuovo-modello-di-smart-city-post-covid-19-prima-parte/.

  For English version: https://www.stradeeautostrade.it/en/smart-road-digital-transformation/a-new-smart-city-model-after-covid-19-part-2/

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