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La politica dei trasporti in Italia: le infrastrutture portuali

Il 90% delle merci nel mondo (manufatti o materie prime) e il 65% dei prodotti alimentari sono trasportati via mare. Nel mediterraneo transita il 19% del traffico marittimo mondiale. Il problema dei porti è di cruciale interesse per tutti gli operatori del settore trasporti

La politica dei trasporti in Italia: le infrastrutture portuali

Accade spesso nel settore trasporti: gli USA tendono a porre i loro aeroporti ai primi posti al mondo per passeggeri movimentati e sappiamo che tra i passeggeri conteggiati la IATA somma anche gli “spostamenti delle truppe” mentre non calcola i passeggeri trasbordati, penalizzando così – almeno a livello di comunicazione – gli hub europei. Come se a Ciampino sommassimo spostamenti militari e flussi turistici!

Sono piccole cose ma indicano una tendenza. Tendenza all’esagerazione, senza voler parlare di palese mistificazione, oppure, cosa forse ancora più triste, banale incompetenza degli estensori. Comunque, quando la finanza si interessa troppo di temi che non le sono propri, le ricadute sono macroscopiche e vanno a discapito della sicurezza, degli investimenti, delle scelte strategiche. E se alcuni anni fa il rapporto del World Economic Forum nell’indice relativo alla “Qualità delle infrastrutture portuali” escludeva dati significativi come dimensione delle infrastrutture, gli indicatori di accessibilità, i TEU movimentati/anno, il traffico totale/anno, il valore delle merci transitate, ecc. ora – come se gli operatori del settore non fossero del ramo, le statistiche internazionali sono celate o quando pubbliche, risibili.

Per quanto riguarda i dati relativi ai singoli porti, tutti nel mondo hanno cercato di agire come la IATA per gli aeroporti statunitensi e quindi, ad esempio nel porto di Rotterdam, si conteggiano anche imbarcazioni che nei porti della Liguria non possono nemmeno accedere, esistendo precise suddivisioni funzionali.

Negli ultimi anni in Italia e su tutti i principali itinerari europei e mondiali si è verificata un’estesa penetrazione dell’intermodalità determinata dal verificarsi di alcuni fattori:

  • il peso determinante della componente marittima nei traffici mondiali di merci – nel cui ambito non subisce la concorrenza da parte degli altri vettori ad esclusione di specifiche componenti merceologiche che non possono essere trasportate via mare;
  • i vantaggi derivanti dell’aggregazione in unità di carico della merce nel sistema di trasporto marittimo, che presenta però ora i suoi limiti se si osservano i container trasportati in relazione alla capacità offerta;
  • il fatto che l’ambito di utilizzazione dei container sia sempre più esteso dato che, almeno teoricamente, la quasi generalitàdelle merci è considerata trasportabile in container;
  • un’innovazione o un mutamento di condizioni riguardante una componente di trasporto non è condizionante per l’intero sistema. La componente terrestre del trasporto intermodale si trova ad operare in un contesto almeno teoricamente più concorrenziale rispetto a quella marittima, in quanto le merci scaricate dalle navi partono generalmente via terra su strada o su ferrovia, anche se in pratica il mercato è ancora largamente dominato dalla monomodalità stradale e caratterizzato da un traffico ferroviario ancora troppo esiguo. Il primato del traffico su strada trova parziale spiegazione nel fatto che se da una parte l’elemento container si è proposto per l’intermodalità marittima come un fattore fortemente semplificativo e vantaggioso, dall’altra l’intermodalità terrestre si presenta come una tecnica di trasporto più complessa rispetto alla soluzione monomodale stradale. Organizzare il trasporto combinato strada-rotaia ha richiesto il superamento di non poche difficoltà e limitazioni di ordine tecnico operativo, connesse alle caratteristiche e alle dimensioni dei veicoli ferroviari e delle unità di carico in rapporto alla rete ferroviaria da percorrere e degli impianti terminali, alla scelta di itinerari e tracce orarie affidabili, al monitoraggio e al controllo dei trasporti in itinere, ecc.;
  • nel contesto di un mercato mondiale del trasporto marittimo in continuo aumento, l’Italia non ha ancora saputo sfruttare al meglio la sua posizione strategica di crocevia nei traffici merci che si svolgono nell’area del Mediterraneo. Diversamente se si considera il traffico dei container: il mercato mondiale dei contenitori è in continua crescita – con un tasso d’incremento superiore a quello del trasporto marittimo – e il numero di container movimentati nei porti italiani ha registrato un notevole aumento. Ma le politiche di trasporto marittimo risentono di due fattori chiave che determinano il successo o il rapido declino di una infrastruttura portuale: la Normativa e la tassazione. Illudersi che siano i fattori geografici o di accessibilità quelli che sostengono o spostano quote significative di traffico, significa essere irrazionali. Laddove gli Armatori e gli operatori di settore vedranno opportunità di risparmio (sia doganale sia tariffario) confluiranno: scelte che possono mutare da un anno all’altro e che non devono in alcun modo determinare la corsa ad una infrastrutturazione che non sia legata al territorio. Bene quindi qualsiasi intervento per potenziare l’accessibilità di Genova, La Spezia, Taranto, Augusta e Civitavecchia ma senza ipotizzare che il Cliente non cerchi soluzioni alternative qualora ne tragga convenienza. Le Direttive europee non stanno facendo l’interesse della nazione ed è bene che qualcuno a Roma se ne avveda.

Gioia Tauro sino a pochi anni fa era il porto italiano che movimentava più merce in container, prima di Genova e La Spezia, ed era il quinto in Europa (dopo Rotterdam, Amburgo, Anversa e Brema) e il primo nel Mediterraneo. Ma alcuni connazionali hanno pensato bene di svendere aree strategiche a Terzi e ogni dinamica avrà delle ripercussioni: le navi da 22.000 TEU sono percentualmente pochissime e la richiesta di modificazione di moli e – la presenza di gru Panamax – apre soltanto la rotta a chi dall’estremo oriente ha tutto l’interesse a minimizzare il costo di trasporto.

Occorre tenere presente che la costruzione di attrezzature e impianti nei porti – nodi intermodali per antonomasia – costituisce una premessa indispensabile allo sviluppo, ma la crescita economica dell’entroterra sarà condizionata dal completamento e dal potenziamento delle infrastrutture autostradali e ferroviarie.

Lo sviluppo del traffico dei container ha conosciuto dal Novanta ad oggi un notevole incremento per tutte e tre le ripartizioni geografiche dell’Italia (Nord, Centro e Sud). Ciò dimostra che ove si presentino condizioni idonee e vengano effettuati investimenti mirati, lo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno non è demandato alla sola vocazione turistica.

Previsioni corrette, purtroppo

Il livello della domanda del settore logistico in Italia è scarso, poiché l’industria italiana non è pienamente cosciente dei possibili vantaggi derivanti da una reingegnerizzazione dei processi aziendali che preveda l’acquisizione di servizi logistici da terzi.

Tuttavia, con un fatturato pari ad almeno 155 miliardi circa (secondo una stima della Confetra), il mercato italiano è potenzialmente il più promettente. Presenta, infatti, una percentuale di domanda di servizi logistici soddisfatta dall’offerta degli operatori del settore notevolmente inferiore a quella di Germania, Gran Bretagna, e Francia. Visto il confronto tra gli operatori italiani e quelli europei quanto a dimensioni, il mercato italiano rischia di diventare terra di conquista da parte dei grossi fornitori di servizi logistici europei.

I documenti dei vari piani portuali prevedono:

  • il ridisegno della viabilità di accesso al porto al fine di ridurre l’impatto del traffico pesante sulla circolazione urbana;
  • il trasferimento dei varchi doganali su nuovi terrapieni a mare, che ospiteranno anche le aree per la sosta dei container e quelle di servizio per l’autotrasporto; su questo punto le Norme europee vogliono introdurre modificazioni sostanziali che prevedono l’autocertificazione informatica delle merci trasportate e la compilazione dei documenti doganali a cura dello stesso armatore.

Si può sorridere, ma anche l’importo e le quantità saranno autocertificate. Dal punto di vista dei Gestori autostradali, la questione è di un certo interesse poiché si può prevedere come politiche doganali di questo tipo, varate senza nulla eccepire da parte dei nostri rappresentanti alla UE, possano di fatto garantire l’immissione di tonnellate di merci – esentasse – via Pireo, ora cinese. O via altri porti più vicini, che saranno qualcosa di più di normali competitor con gli altri porti vicini.