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La politica dei trasporti in Italia: le infrastrutture portuali

Il 90% delle merci nel mondo (manufatti o materie prime) e il 65% dei prodotti alimentari sono trasportati via mare. Nel mediterraneo transita il 19% del traffico marittimo mondiale. Il problema dei porti è di cruciale interesse per tutti gli operatori del settore trasporti

La politica dei trasporti in Italia: le infrastrutture portuali

Impossibile trovare dati congruenti e impossibile stabilire quale sia il dato credibile. Fatto sta che le statistiche degli ultimi anni evidenziano una realtà un po’ differente da quella diffusa dagli operatori finanziari. Che, avendo sede a Londra, vedono la questione marittima in una prospettiva diversa da chi opera nei Continenti.

La Consulta dell’Autotrasporto e della Logistica, che ha sempre sostenuto l’importanza dei dati e della corretta comunicazione al fine di poter indirizzare i tavoli decisionali, è stata sospesa per oltre cinque anni, senza nessun motivo oppure un motivo precisissimo se si considera quanto pesi a livello internazionale la posizione geografica dell’Italia e la nostra capacità infrastrutturale. In questo caso si spiega bene il velo di silenzio calato sulla questione porti e la sostanziale strada aperta a gruppi stranieri.

E, anche se sono trascorsi 2067 anni dal passaggio di Cesare sul Rubicone (esattamente il 10 Gennaio), il dado è nuovamente tratto: qualcuno a Roma non fa l’interesse dell’Italia. Il sistema dei porti integra professionalità qualificate e risorse imprenditoriali diverse e altamente specializzate e costituisce un patrimonio di know-how consolidato.

Anche se sovente i porti vengono considerati come semplici segmenti in una visione intermodale, non si deve dimenticare che le attività che qui si concentrano sono composte da numerosi operatori logistici e da essi soli dipende la capacità di offerta di servizi di un porto. Attività logistiche dalle quali, ora forse assai più che nel passato, dipenderanno scelte importanti e strategiche.

Negli ultimi anni, ma secondo Bruno Musso (“Il cuore in porto”, Mursia, 2016) negli ultimi decenni, gli operatori del settore trasporti sono stati poco ascoltati e le scelte, tutte le scelte, sono state poste nelle mani di altri, che fanno a gara per stilare classifiche improbabili nella matematica certezza che “strategie vendute come ottime” si sposino presto con i desiderata dei settori della finanza già colpevoli di molti e noti tracolli che hanno interessato mezzo mondo.

Questa, che potremmo definire come una sorta di silente alleanza, impegna da un lato brillanti economisti nel cercare metodi per aumentare a dismisura i profitti e porta gli stessi a dimenticarsi dei rischi. Molte scelte non paiono essere concordate con gli addetti al settore ma sono costantemente concertate su ben altri tavoli e questo determina che la comunicazione sia costantemente falsata.