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Requisiti prestazionali e criteri costruttivi del ponte Genova San Giorgio – quinta parte

Dal modello geologico al collaudo, il progetto esecutivo del nuovo ponte Genova San Giorgio, ricostruito in tempi estremamente ridotti dopo il crollo del vecchio viadotto Polcevera avvenuto il 14 Agosto del 2018: in quest’ampia relazione a puntate, vengono descritti i requisiti prestazionali e i criteri costruttivi che hanno determinato le scelte ingegneristiche compatibili con l’idea dell’Arch. Renzo Piano

Requisiti prestazionali e criteri costruttivi del ponte Genova San Giorgio – quinta parte

La prima parte dell’articolo, proposta sul fascicolo n° 145 Gennaio/Febbraio 2021 a pag. 92, è online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-prima-parte/; la seconda, pubblicata sul fascicolo n° 146 Marzo/Aprile 2021 a pag. 78, è online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-seconda-parte/; la terza, illustrata sul fascicolo n° 147 Maggio/Giugno 2021 a pag. 62, è online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-del-ponte-genova-san-giorgio-terza-parte/; la quarta, presentata sul fascicolo n° 148 Luglio/Agosto 2021 a pag. 40, è online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/ponte-genova-san-giorgio-requisiti-prestazionali-e-criteri-costruttivi-quarta-parte/. Di seguito la quinta parte.

Questo è il quinto di una serie di articoli inerenti la progettazione del ponte Genova San Giorgio, un’opera di grande impegno ma, soprattutto, soggetta a vincoli temporali, operativi e comunicativi, non comuni nella costruzione di un viadotto di tali dimensioni.

Tale relazione, che trovate sul fascicolo n° 149 Settembre/Ottobre 2021 a pag. 73, descrive le peculiarità del progetto delle fondazioni del viadotto con particolare riferimento ai criteri che hanno dettato la scelta della tipologia di fondazione e la configurazione del sistema fondale e delle opere provvisionali per il sostegno degli scavi.

Il progetto delle opere di fondazione dell’opera è stato improntato sul criterio generale di contemperare la massima sicurezza, funzionalità e robustezza dell’infrastruttura con l’esigenza di contrarre al massimo i tempi di realizzazione, in relazione agli obiettivi temporali di attivazione imposti dalla struttura Commissariale.

trivellazione
1. Il bucket di trivellazione dei pali

Nel presente articolo si descrivono le peculiarità delle fondazioni del viadotto con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

  • criteri di scelta della tipologia di fondazione e problematiche di interferenza con le fondazioni del ponte Morandi;
  • configurazione del sistema fondale e delle opere provvisionali per la realizzazione degli scavi;
  • criteri di analisi dell’interazione palo-terreno e modellazione strutturale;
  • prove di carico di collaudo.

La tipologia di fondazione

Il sottosuolo interessato dalle fondazioni del viadotto Genova San Giorgio è quello tipico della valle del Polcevera, caratterizzato dalla presenza di un substrato costituito da argilloscisti, argilliti e unità flyschoidi al di sotto di terreni di copertura alluvionali, eluvio-colluviali e detritici aventi spessori variabili.

Tale contesto geologico ha suggerito di optare per fondazioni profonde su pali in c.a. di grande diametro, strutturalmente collegati a plinti in c.a., allo scopo di traferire i carichi provenienti dalle strutture in elevazione al substrato più rigido e resistente.

La natura dei terreni da attraversare e le profondità del substrato in cui intestare i pali hanno indirizzato la scelta della tecnologia esecutiva verso la trivellazione tradizionale con bucket (Figura 1 sopra); per il sostegno delle pareti del foro si è optato per l’uso di fanghi bentonitici, limitando l’uso del tubo forma provvisorio agli strati di terreno più superficiali con scarsa frazione fine presenti in prossimità dell’alveo del Polcevera.

italferr
2. Il criterio di correzione della resistenza di punta dei pali in terreno stratificato

In relazione all’entità dei carichi trasmessi dalle elevazioni, si è adottato per i pali il diametro di 1.500 mm. In linea generale, la lunghezza minima dei pali è tale da attraversare completamente i depositi di copertura e garantire un immorsamento nelle formazioni rocciose di substrato per almeno tre diametri oltre lo strato alterato più superficiale.

In presenza di stratificazione della roccia con strati più deboli (cataclasati e/o alterati), in cui si verifica una brusca variazione delle resistenze di punta, si “corregge” la resistenza con il criterio in base al quale la resistenza di punta (qb) non subisce alcun effetto di riduzione a partire da una distanza di tre diametri (φ) dall’interfaccia con lo strato più debole (Figura 2 sopra). 

L’interferenza con le fondazioni esistenti del ponte Morandi

Il tracciato del nuovo viadotto si discosta leggermente dal tracciato del ponte Morandi per rimodulare la curva in ingresso alla galleria Coronata. La scansione delle campate è stata quindi studiata allo scopo di minimizzare l’interferenza delle nuove opere fondali con le fondazioni esistenti; le interferenze interessano principalmente le nuove pile P10, P13, P17 e in modo marginale le pile P1 e P2.

  • fondazioni
    3 italferr
    3. La planimetria generale
  • ponte Morandi
    4 italferr
    4. Il profilo longitudinale dell’asse principale

Al fine di minimizzare il rischio di interferenza in profondità con i pali esistenti, in relazione sia all’incertezza sulla reale posizione degli stessi sia alle tolleranze di verticalità in esecuzione, la configurazione dei nuovi pali è stata definita secondo il criterio di garantire una distanza minima dai pali esistenti, intesa come distanza fra asse nuovo palo e bordo palo esistente, almeno pari al diametro del palo maggiore.

È stata prevista la demolizione dei plinti esistenti per tutta la parte interferente con i nuovi plinti e i pali esistenti sono stati svincolati strutturalmente dalle nuove fondazioni, ipotizzando che tutte le azioni trasmesse dalle strutture in elevazione siano trasferite alle sole palificate di nuova realizzazione; cautelativamente, nel dimensionamento dei pali non si è quindi tenuto conto del possibile effetto benefico di “consolidamento” del terreno determinato dalla presenza dei pali esistenti.

La geometria e la lunghezza delle palificate

La configurazione geometrica delle fondazioni del viadotto Genova San Giorgio è il risultato di un processo iterativo che ha avuto lo scopo di contemperare il soddisfacimento dei massimi requisiti di sicurezza e funzionalità dell’opera con l’esigenza di ridurre gli ingombri, i volumi di scavo e le demolizioni delle strutture fondali esistenti, con l’obiettivo di contrarre al massimo i tempi di costruzione.

Il numero, la disposizione e la profondità dei nuovi pali di fondazione variano da pila a pila in funzione dell’entità dei carichi in fondazione e alle condizioni stratigrafiche e geotecniche del sottosuolo, in modo da garantire un livello prestazionale per tutti i pali il più uniforme possibile.

  • pali
    5A, 5B e 5C italferr
    5A, 5B e 5C. Le pile P12-P14-P15-P16, dieci pali L = 41-43-42 m (5A), le pile P3-P4-P5-P6, 11 pali, L = 47-50-48-46 m (5B) e le pile P8-P11, 14 pali L = 45 m (5C)
  • viadotti
    5D, 5E e 5F italferr
    5D, 5E e 5F. La pila P9, 15 pali L = 47 m (5D), la pila P10: 16 pali L = 47 m (5F) e la pila P17: 11 pali L = 29 m (5F)

Le Figure 3 e 4 sopra riportano il plano-profilo dell’asse principale con l’indicazione del numero e della lunghezza dei pali per tutte le pile e le spalle. Le Figure 5A, 5B, 5C e 5D riportano alcune geometrie tipiche con le dimensioni dei plinti, il numero, la distribuzione e l’interasse dei pali.

Il vincolo imposto dalla presenza dei pali del Morandi e dal criterio adottato per risolvere l’interferenza ha comportato per alcuni plinti configurazioni geometriche eccentriche e ruotate rispetto all’asse della pila (Figure 5E e 5F).

Gli scavi e le opere provvisionali

L’esigenza di comprimere i tempi di costruzione, oltre a suggerire l’adozione di configurazioni planimetriche ottimizzate per i plinti e i pali, ha dettato anche la scelta del piano di posa delle fondazioni. La quota di intradosso dei plinti è stata infatti ottimizzata nell’ottica sia di minimizzare i volumi di scavo che di limitare l’interferenza con la falda, in particolare per le pile ubicate lungo la piana del Polcevera.

  • palancolato
    6A italferr
    6A. Il palancolato della pila P10
  • Levante
    6B italferr
    6B. Le demolizioni della pila P10

Ove possibile, sono stati previsti scavi non confinati con scarpate di adeguata inclinazione, limitando l’impiego di opere provvisionali ove richiesto dalla presenza di manufatti o sottoservizi interferenti nella piana del Polcevera o dall’elevata pendenza del terreno per le pile ricadenti sui versanti.

Per i plinti posizionati nella parte pianeggiante è stato sufficiente prevedere localmente dei palancolati, contrastati da puntoni diagonali ove necessario (Figure 6A e 6B).

Per gli scavi sui versanti, e in particolare per quello di Levante, a causa delle maggiori altezze di scavo e delle più elevate spinte del terreno in pendenza, sono state previste paratie di pali in c.a., generalmente a sbalzo in virtù della resistenza per forma conferita dalla configurazione geometrica in pianta e dal vincolo offerto dai cordoli sommitali; in tal modo, è stato possibile evitare l’utilizzo di tiranti che – seppur provvisori – avrebbero allungato i tempi di esecuzione.

Solo in un caso (pila P17) è stato necessario il ricorso al contrasto con puntoni diagonali in c.a. (Figure 7A, 7B, 8 e 9).

  • martinetti
    7A italferr
    7A. La pianta delle fondazioni e delle opere provvisionali sul versante di Levante
  • sovrastruttura
    7B italferr
    7B. Il profilo delle fondazioni e delle opere provvisionali sul versante di Levante
  • Enser
    8 italferr
    8. Le pile P17 e P2 della rampa sul versante di Levante
  • Ponente
    9 italferr
    9. La paratia a presidio dello scavo della pila P17

I criteri generali di calcolo

L’analisi dei pali di fondazione del viadotto Genova San Giorgio è stata sviluppata attraverso modelli di interazione che schematizzano il terreno come un mezzo alla Winkler, caratterizzato da una serie di molle non lineari, indipendenti tra loro, il cui comportamento tensodeformativo è definito mediante le curve p-y [1].

L’analisi è stata condotta con l’ausilio del software Group della Ensoft che, per le azioni verticali, implementa la relazione fra carico trasferito al terreno e spostamento verticale del palo attraverso le curve di trasferimento non lineari t-z per il laterale e Q-w per la base.

Per le azioni orizzontali, l’implementazione delle curve p-y consente di tenere conto degli effetti di gruppo [2] attraverso l’introduzione di un fattore moltiplicativo minore di uno, che riduce il valore di reazione p del terreno per ciascun palo in ragione della posizione occupata all’interno del gruppo.

Tale coefficiente di riduzione tiene conto degli effetti di interazione con gli altri pali del gruppo nel suo complesso: interazioni tra pali posti lungo la retta di applicazione del carico (effetto ombra), interazione tra pali disposti in direzione ortogonale alla retta di applicazione del carico (effetto di bordo), interazione tra pali disposti con un angolo β rispetto alla direzione di carico.

  • estradosso
    10A italferr
    10A. I coefficienti di riduzione delle curve p-y per pali prossimi a scarpate su terreni coesivi
  • terreni
    10B italferr
    10B. I coefficienti di riduzione delle curve p-y per pali prossimi a scarpate su terreni incoerenti
  • collaudo
    11 italferr
    11. Il dominio di resistenza per la verifica GEO della capacità portante orizzontale del gruppo di pali

Nel caso di pali prossimi a scarpate, le curve p-y sono state opportunamente penalizzate mediante coefficienti di riduzione valutati sulla base dei diagrammi delle Figure 10A e 10B [3].

Tutte le verifiche sono effettuate in accordo all’approccio 2: A1+M1+R3 delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2018), adottando il valore del fattore di correlazione ξ3 = 1,7 corrispondente a una verticale di indagine.

Per la capacità portante orizzontale del gruppo di pali, oltre alla verifica con metodo classico di Broms, è stata effettuata una analisi di interazione, considerando come azione sollecitante il solo taglio in una singola direzione (y o z alternativamente) e incrementandolo per steps successivi (analisi push over).

A ogni step si controlla che il momento sollecitante sui pali (Mmax,palo) sia inferiore al momento resistente MRd calcolato con l’effettivo sforzo normale agente. Il valore del taglio resistente della palifica Rgruppo,tr,y o Rgruppo,tr,z è quello che porta al raggiungimento di MRd sul palo più sollecitato.

quinta parte

  • quinta parte
    12 italferr
    12. I carichi verticali agenti sui pali
  • quinta parte
    13 italferr
    13. Le curve di capacità portante del palo singolo

Determinato il taglio resistente nelle due direzioni y e z, si costruisce il dominio di resistenza come indicato nella Figura 11 e si controlla che le sollecitazioni di taglio sul gruppo di pali siano all’interno.

La sintesi delle analisi

Le configurazioni ottimizzate dei nuovi pali di fondazione hanno permesso di conseguire un livello di sollecitazione per tutti i pali il più uniforme possibile, come mostrato dal grafico in Figura 12, che riporta per tutti i plinti i carichi assiali massimi sia allo SLU che allo SLE.

A titolo esemplificativo, si riportano di seguito i dati di base e i risultati delle analisi per la fondazione della pila P9, ubicata in prossimità della sponda di Ponente del Polcevera, tra due campate di luce L = 100 m (Figura 5D).

Le verifiche di capacità portante verticale e orizzontale

Dal confronto fra le curve di capacità portante verticale del palo singolo con i carichi massimi di progetto, è stata determinata la lunghezza dei pali (Figura 13), mentre le verifiche alle azioni orizzontali del palo sono state esplicitate riportando i valori delle sollecitazioni di taglio di progetto nei domini di resistenza costruiti secondo i criteri esposti in precedenza (Figure 14A e 14B).

quinta parte

  • quinta parte
    quinta parte
    14A. Il dominio di resistenza per la verifica alle azioni orizzontali per combinazione SLU e SLV
  • quinta parte
    quinta parte
    14B. Il dominio di resistenza per la verifica alle azioni orizzontali per combinazione SLU e SLV

La modellazione strutturale del plinto

Per il plinto, le analisi strutturali sono state effettuate sulla base di modelli ad elementi finiti (FEM) di tipo shell implementati con il programma di calcolo SAP 2000 (Figure 15A e 15B).

Le azioni derivanti dalla sovrastruttura sono state assegnate in corrispondenza del baricentro della sezione del fusto della pila, a quota di estradosso del plinto di fondazione; il punto di applicazione di tali azioni è stato riportato, per mezzo di collegamenti rigidi “weld constraints”, alla proiezione dello stesso sul piano medio dell’elemento shell.

La porzione di elementi shell all’interno della sezione della pila è stata imposta rigida per mezzo di “body constraints” assumendo valido il principio di conservazione delle sezioni piane per il fusto della pila. La rigidezza di ciascun palo di fondazione è stata modellata per mezzo di un elemento tipo “springs” in grado di simulare la matrice di rigidezza del palo.

modello di calcolo - quinta parte
15A e 15B. Il modello di calcolo FEM utilizzato per l’analisi del plinto di fondazione su pali della pila P9
L’armatura del plinto

Le armature del plinto sono state verificate schematizzando il plinto cautelativamente sia come un “solido snello” sia con modelli tirante-puntone. Particolare attenzione è stata posta nel progetto di dettaglio dell’armatura per tenere conto delle problematiche di montaggio dovute alla presenza di numerosi strati di barre (Figura 16). 

Le prove di carico di collaudo sui pali

Durante i lavori sono state effettuate le prescritte prove di carico di collaudo sui pali. Considerata l’impossibilità di allestire una zavorra di dimensioni tali da raggiungere gli elevati carichi di prova (pari a 1,5 volte i carichi di esercizio, oltre 13.000 kN per i pali più sollecitati), si è optato per la modalità di applicazione del carico attraverso una batteria di martinetti a contrasto del plinto sfruttando i pali adiacenti come elementi di ancoraggio (Figura 17).

I risultati delle prove hanno confermato pienamente le previsioni progettuali in termini di curve carico-cedimento, evidenziando un comportamento del palo in campo sostanzialmente elastico caratterizzato da spostamenti complessivi dell’ordine di alcuni millimetri.

quinta parte

  • plinti - quinta parte
    16 italferr
    16. L’assemblaggio in opera delle gabbie di armatura dei plinti
  • martinetti - quinta parte
    17 italferr
    17. I martinetti per la prova di carico su palo

Bibliografia

[1]. G. Landi – “Pali soggetti a carichi orizzontali: indagini sperimentali ed analisi”, Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Costruzioni XVIII Ciclo, Università degli Studi di Napoli Federico II, Novembre 2005

[2]. L.C. Reese, D.A. Brown, M.W. O’Neill – “Cyclic lateral loading of a large – scale pile group”, Journal of Geotechnical Engineering, ASCE, 113 (11), 1326-1343, 1987.

[3]. “Effects of soil slope on lateral capacity of piles in cohesive and cohesionless soils”, Final report of a research project funded by caltrans under facilities contract No. 59A0645, March 2012.

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