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Requisiti prestazionali e criteri costruttivi del ponte Genova San Giorgio – ottava parte

I requisiti prestazionali e i criteri costruttivi che hanno determinato le scelte ingegneristiche compatibili con l’idea dell’Arch. Renzo Piano

La canaletta di intercettazione delle acque

Tutte le puntate di quest’ampia relazione sono pubblicate in successione a partire dal fascicolo n° 145 Gennaio/Febbraio 2021 e su https://www.stradeeautostrade.it/?s=Requisiti+prestazionali+e+criteri+costruttivi+del+ponte+Genova+San+Giorgio

Questo è l’ottavo di una serie di articoli inerenti alla progettazione del ponte Genova San Giorgio, un’opera di grande impegno ma, soprattutto, soggetta a vincoli temporali, operativi e comunicativi, non comuni nella costruzione di un viadotto di tali dimensioni.

La rete di smaltimento delle acque meteoriche della piattaforma

L’articolo riguarda la progettazione del sistema di drenaggio della piattaforma stradale che ha richiesto l’adozione di approcci di verifica e soluzioni non convenzionali.

I principali aspetti progettuali hanno riguardato:

  • la raccolta delle acque meteoriche in relazione alle caratteristiche geometriche dell’impalcato e/o della piattaforma e alla scelta del tempo di ritorno dell’evento di riferimento;
  • il trattamento delle acque di prima pioggia;
  • l’accumulo di liquidi pericolosi derivanti da eventuali sversamenti accidentali;
  • lo smaltimento “controllato” (previa laminazione) delle acque meteoriche fino a recapito finale.
ponte Genova San Giorgio
1. Vista dell’interno dell’impalcato lungo il collettore di drenaggio

I principali aspetti idrologici

La determinazione delle dimensioni delle opere che costituiscono un sistema di drenaggio richiede, soprattutto per bacini di limitata estensione (come nel caso in esame) e di relativa rapidità dei deflussi, la conoscenza accurata delle portate che affluiscono alla rete dalle superfici scolanti.

Per il dimensionamento di tale opera, le Norme tecniche di Autostrade per l’Italia (ASPI) e le Linee Guida di ANAS suggeriscono come tempo di ritorno di riferimento (Tr) e durata critica (τc) dell’evento di progetto rispettivamente 25 anni e 15 minuti.

In ragione della peculiarità dell’opera nonché della metodologia di dimensionamento scelta (descritta nel capitolo successivo), si è deciso di assumere per l’evento di pioggia di progetto le seguenti caratteristiche: Tr = 50 anni e τc = 10 minuti.

Tale scelta è risultata al contempo abbastanza cautelativa e ragionevole, soprattutto con riferimento al valore della durata critica (τc) e alla corrispondente intensità di pioggia.

Definiti i parametri di riferimento per l’evento pluviometrico di progetto, si è proceduto alla determinazione della corrispondente altezza di pioggia (o intensità), svolgendo un accurato approfondimento relativo alle registrazioni pluviometriche disponibili nell’area di studio.

In particolare, sono stati presi in considerazione i dati raccolti presso la stazione pluviografica di Genova “Università”, compresa nel bacino “tra Polcevera e Bisagno”, la più vicina all’area di intervento e con maggiore numero di osservazioni.

Sono state analizzate sia le registrazioni di massima intensità per durate superiori all’ora (i.e. 1, 3, 6, 12, 24 ore), sia le precipitazioni di notevole intensità e breve durata (inferiore all’ora), riportate all’interno degli Annali Idrologici (sezione B “Pluviometria”).

In ragione della ridotta numerosità del campione di dati di pioggia per durate inferiori all’ora, le curve di possibilità pluviometrica (CPP) ricavate dall’elaborazione statistica (secondo il metodo di Gumbel) dei dati di pioggia con durata superiore all’ora sono state opportunamente adattate a durate inferiori all’ora tramite la formulazione in [1].

Queste ultime sono state quindi confrontate (Figura 2 sotto) con le CPP derivanti dall’elaborazione “diretta” (secondo Gumbel) degli scrosci (i.e. dei dati di pioggia con durata inferiore all’ora).

Nello specifico, si osserva che le CPP dedotte mediante la formulazione di Bell forniscono valori di altezza di pioggia maggiori per durate inferiori a 25 minuti; per durate superiori, invece, l’analisi diretta delle registrazioni pluviometriche per durate inferiori all’ora fornisce CPP più cautelative.

Pertanto, in ragione del valore della durata critica (10 minuti) scelto per l’evento pluviometrico di progetto, ai fini del dimensionamento del sistema di drenaggio della piattaforma stradale sono state applicate le CPP derivanti dall’applicazione della relazione di Bell alle risultanze dell’elaborazione statistica dei dati di pioggia per durate superiori all’ora.

ponte Genova San Giorgio
2. Il confronto tra differenti metodologie di calcolo per il drenaggio della piattaforma: altezza di pioggia vs durata

Le verifiche idrauliche di dimensionamento 

I vincoli metodologici

Il sistema di drenaggio delle acque meteoriche del nuovo viadotto si articola nel modo seguente:

  • opere di intercettazione sulla piattaforma stradale, collegate a collettori di drenaggio “principali” che si sviluppano all’interno dell’impalcato;
  • trasporto delle acque all’interno dell’impalcato fino alle spalle A (lato Ponente) e B (lato Levante) del viadotto;
  • raccolta delle acque meteoriche in corrispondenza delle spalle in vasche di prima pioggia (e/o di stoccaggio degli sversamenti accidentali) per trattamento di dissabbiatura e disoleatura, con scarico delle acque di seconda pioggia (rif. Regolamento Regionale della Liguria del 10 Luglio 2009 n° 4 “Disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e delle acque di lavaggio di aree esterne”);
  • canalizzazione delle acque lungo i versanti sui lati Ponente e Levante fino all’area urbana e industriale, sottostante il viadotto;
  • collettamento delle acque in vasche di laminazione e scarico finale (controllato, 20 l/s/ettaro, come da Piano Urbanistico Comunale della Città di Genova) nel reticolo idrografico superficiale esistente.

La “gestione” delle acque meteoriche secondo quanto sopra descritto discende da specifici vincoli e criteri metodologici derivanti dall’oggetto dell’incarico di affidamento (rif. nota prot. n° CC/2019/667 del 05/03/2019 del RUP dell’appalto di costruzione).

Scelte progettuali quali quella di convogliare le acque meteoriche raccolte dalle opere di drenaggio di piattaforma verso le spalle del viadotto e/o di recapitare le acque meteoriche nel reticolo idrografico minore esistente, previa opportuna laminazione, discendono da una serie di considerazioni legate alla sicurezza degli addetti durante le operazioni di manutenzione, all’architettura dell’opera e alla risoluzione delle interferenze della rete di smaltimento con una serie di infrastrutture viarie, ferroviarie e di drenaggio, in un’area estremamente urbanizzata, nel caso di scarico/recapito finale nel torrente Polcevera.

  • ponte Genova San Giorgio
    3A Il tratto con le pile P6-P16
    3A. Lo schema funzionale della rete di drenaggio della piattaforma: il tratto in rettifilo con le pile P6-P16
  • ponte Genova San Giorgio
    3B Il tratto con spalla A pila 6
    3B. Lo schema funzionale della rete di drenaggio della piattaforma: il tratto in curva con spalla A-pila P6
  • ponte Genova San Giorgio
    3C Il tratto con le pile P17-P18
    3C. Lo schema funzionale della rete di drenaggio della piattaforma: il tratto in curva per le pile P17-P18

Inoltre, la soluzione individuata (e realizzata) tramite una vasca di laminazione con sversamento controllato (secondo le Normative locali) nel reticolo idrografico esistente evidenzia comunque dei vantaggi:

  • minor consumo di territorio;
  • recapito di una portata esigua all’interno del reticolo idrografico esistente (in relazione anche a eventuali lavori di riassetto idraulico futuri) e sicuramente inferiore a quella recapitata in passato;
  • realizzazione di vasche di laminazione – e quindi di un invaso d’acqua – da poter utilizzare per fini ludico-paesaggistici, con un importante riutilizzo della risorsa idrica altrimenti persa.
La descrizione della rete di drenaggio della piattaforma

Il sistema di drenaggio del nuovo viadotto è costituito da collettori (principali) in PRFV (plastica rinforzata con fibra di vetro) collocati all’interno dell’impalcato, canaletta continua (con griglia carrabile) a bordo strada con scarichi verticali a un dato interasse e tubazioni (discendenti) in acciaio Inox che convogliano le acque meteoriche raccolte dalla piattaforma ai collettori principali, secondo gli schemi riportati nelle Figure 3A, 3B e 3C sopra (lungo il rettifilo e nei tratti in curva).

Il nuovo viadotto ha pendenza praticamente nulla; quindi i collettori di drenaggio sono dotati di pendenza “propria”, tale da consentire il convogliamento delle portate con tempo di ritorno pari a 50 anni (tempo di ritorno di progetto).

I collettori in PRFV in uscita dall’impalcato (in corrispondenza delle due spalle) recapitano le acque dapprima nelle vasche di prima pioggia e/o nei bacini di accumulo degli sversamenti accidentali e successivamente nelle vasche di laminazione, prima dello sversamento (controllato, 20 l/s/ettaro) nel recapito finale costituito dalla rete di drenaggio urbana esistente.

A differenza del nuovo viadotto, la rampa di accesso (dall’Autostrada A7) ha una pendenza massima (con direzione verso l’impalcato del viadotto) pari a circa il 6% e una pendenza minima del 2% (quest’ultima considerata per il dimensionamento dei collettori di drenaggio) (Figura 4). Complessivamente, la superficie scolante (viadotto e rampa) ammonta quindi a 3,1 ettari circa. 

4. Lo schema funzionale del sistema di drenaggio della piattaforma stradale della rampa di accesso
I criteri di dimensionamento

Il dimensionamento dei collettori di smaltimento delle acque meteoriche è stato effettuato mediante l’applicazione del metodo dell’invaso lineare.

L’utilizzo di tale metodo trova giustificazione per grandi opere in zone pianeggianti, con superficie scolante ≤ 30 ha [2] o ≤ 100 ha [3], dove di fatto l’influenza dell’invaso è notevole [4, 5 e 6]. Il viadotto in progetto (con pendenza longitudinale praticamente nulla e superficie scolante complessiva pari a circa 3 ha) appartiene a questa categoria di opere. Come noto, nell’applicazione del metodo dell’invaso lineare, fondamentale è la determinazione del cosiddetto “volume dei piccoli invasi”.

Nel caso specifico, tale parametro è rappresentato dal volume di acqua che si può accumulare nella canaletta continua collocata in prossimità del bordo strada e sulla piattaforma stradale in dipendenza della pendenza trasversale e dell’intensità dell’evento meteorico di progetto.

Per la valutazione del volume d’acqua che si può accumulare sulla piattaforma stradale, si è proceduto al calcolo dell’altezza del velo idrico in funzione della geometria della strada e dei parametri di pioggia.

Nello specifico, si è fatto riferimento alle formulazioni proposte da [7] e nell’ambito del Progetto Europeo VERT (2017). Si è osservato che la formulazione sviluppata nell’ambito del progetto VERT fornisce valori (3,9 mm in rettifilo) dell’altezza del velo idrico (per l’intensità di pioggia di progetto, Tr = 50 anni) superiori a quelli ricavati (2,8 mm in rettifilo) con la formulazione proposta da [7].

Pertanto, in via cautelativa, nella valutazione dei volumi dei piccoli invasi sono stati adottati i valori (medi) di velo idrico ricavati dalla formulazione di Macchione e Veltri (1988), mentre le altezze del velo idrico dedotte mediante la formulazione del progetto europeo VERT sono state considerate nella verifica nei confronti dell’aquaplaning.

A tal proposito, la velocità al di sopra della quale si innesca il fenomeno di aquaplaning, ovvero per cui la pressione che si genera nel velo idrico interposto tra pneumatico e pavimentazione supera la pressione di gonfiaggio degli pneumatici, è stata valutata mediante la relazione proposta da [8].

I valori di velocità di aquaplaning ottenuti per l’intensità di pioggia corrispondente al tempo di ritorno di progetto (Tr = 50 anni) ammontano a 113,1 km/ora in rettifilo e 117 km/ora in curva, ben al di sopra del valore limite di velocità imposto sul nuovo viadotto in progetto (i.e. 80 km/ora) per via della geometria della curva all’imbocco della galleria Coronata (lato Ponente).

Determinate le portate di progetto tramite il metodo dell’invaso lineare relativamente alle superfici scolanti del nuovo viadotto, i collettori di drenaggio previsti sono stati verificati in moto uniforme, ammettendo un grado di riempimento massimo pari al 70%.

Le verifiche sono state condotte anche con riferimento a portate incrementate per effetto dei cambiamenti climatici in atto, stimate tramite una originale procedura sviluppata sulla base delle risultanze dei modelli meteo-climatici attualmente disponibili (e.g. IPCC).

La rete dei collettori di drenaggio
5. La planimetria schematica della rete dei collettori di drenaggio

La rete dei collettori di drenaggio principali è così composta:

  • due collettori DN700 (uno per carreggiata), di lunghezza pari a 350 m e pendenza pari a 0,25%, dalla pila P7 alla spalla SA (lato Ponente);
  • un collettore DN800, per la carreggiata Est, di lunghezza pari a 720 m e pendenza pari a 0,19%, dalla pila P7 alla spalla SB (lato Levante);
  • un collettore DN800, per la carreggiata Ovest, di lunghezza pari a 600 m e pendenza pari a 0,15%, dalla pila P7 alla pila P16;
  • un collettore DN500, per la rampa, di lunghezza pari a 130 m e pendenza (minima) pari a 2%, che si innesta sul collettore DN800, della carreggiata Ovest, in corrispondenza della pila P16;
  • un collettore DN800, per la carreggiata Ovest, di lunghezza pari a 120 m e pendenza pari a 0,3%, che raccoglie e convoglia le acque del DN800 precedente (P7-P16), della rampa e dell’ultimo tratto (120 m) dalla pila P16 alla spalla SB (lato Levante).

La modesta pendenza assegnata ai collettori è stata dettata dalla ridotta disponibilità di spazio all’interno dell’impalcato, dipendente a sua volta dalla disposizione degli elementi strutturali e degli altri sottoservizi. In Figura 5 sopra, è riportata la planimetria schematica della rete dei collettori di drenaggio.

L’opera di intercettazione delle acque meteoriche sulla piattaforma stradale è costituita da una canaletta continua in cemento polimerico con griglia in ghisa carrabile (classe D400), con scarico verticale o bocchettone (in acciaio Inox) collegato a una tubazione discendente sempre in acciaio Inox (Figura 6), a sua volta collegata al collettore principale (in PRFV) che si sviluppa all’interno dell’impalcato (Figure 3A, 3B e 3C).

Tramite i collettori principali, le acque meteoriche sono quindi convogliate in corrispondenza delle spalle e raccolte in vasche di trattamento (acque di prima pioggia) dotate di accumulo/stoccaggio degli sversamenti accidentali (Figura 7 sotto), prima del loro smaltimento al recapito finale, previa laminazione.

A tal proposito, su lato Levante, il bacino di laminazione è stato ricavato riutilizzando il plinto (in parte demolito) dell’ex pila 11 del Ponte Morandi, nell’ottica di contenere il consumo di suolo. 

La canaletta con griglia in ghisa
6. Un dettaglio della canaletta continua con griglia in ghisa carrabile dell’opera di intercettazione

La scelta dei materiali

Come precedentemente descritto, i collettori principali di drenaggio previsti all’interno dell’impalcato sono realizzati in PRFV (plastica rinforzata con fibra di vetro). La scelta di tale materiale è legata ad alcune considerazioni di carattere tecnico, in ragione dei vantaggi che ne derivano dal suo impiego rispetto agli altri materiali (e.g. acciaio, PVC, PEAD, ecc.) quali:

  • l’elevata resistenza agli agenti atmosferici e ai raggi ultravioletti;
  • l’insensibilità al gelo e alle alte temperature (prerogativa dei materiali plastici termoindurenti, in ragione del rammollimento tipico di quelli termoplastici, PVC, PEAD);
  • insensibilità alla corrosione e agli effetti delle correnti vaganti: nessuna necessità di protezione attiva o passiva (a differenza dell’acciaio);
  • ridotto coefficiente di dilatazione termica (26 x 10-6 1/°C), rispetto agli altri materiali plastici, prossimo a quello dell’acciaio.

La modesta/limitata dilatazione termica della tubazione è generalmente assorbita dagli elementi in gomma del sistema di giunzione. Le tubazioni in PRFV per scarichi a pelo libero (PN1) vengono fornite come standard con giunto a manicotto premontato PN6.

La tenuta è assicurata da una guarnizione continua in gomma elastomerica (EPDM) di larghezza corrispondente a quella del manicotto stesso, con profilo a labbro quadruplo.

La presenza dell’anello di battuta centrale non permette a giunzione avvenuta il contatto tra le estremità delle tubazioni ed è proprio questo anello in gomma interposto tra le due estremità, ad assorbire eventuali dilatazioni.

Per considerare il differenziale di dilatazione del sistema viadotto/tubazione sono stati inoltre previsti dei giunti di dilatazione, in acciaio Inox, lungo lo sviluppo dei collettori all’interno dell’impalcato.

Il sistema di trattamento delle acque
7. Il sistema di trattamento delle acque di prima pioggia dotato di accumulo/stoccaggio di sversamenti accidentali

Per quanto concerne la scelta del numero di giunti di dilazione, innanzitutto è preferibile averne più di uno in modo da ridistribuire le sollecitazioni ed evitarne quindi il deterioramento in breve tempo.

Nello specifico, in ragione di una escursione massima dell’impalcato di +/−60 cm, prevedendo giunti caratterizzati da una dilatazione massima di +/−10 cm, ne sono stati previsti tre lungo il collettore DN700 (da pila P7 a spalla SA) e tre lungo il collettore DN800 (da pila P7 a spalla SB), per entrambe le carreggiate (Est e Ovest); in totale quindi 12 giunti di dilazione.

Un altro vantaggio delle tubazioni in PRFV riguarda il peso sicuramente ridotto, rispetto ad esempio all’acciaio, che ne facilita il trasporto e l’installazione (specialmente nel caso in esame, con viadotto a circa 40 m dal suolo e spazi esigui all’interno dell’impalcato).

Relativamente all’opera di intercettazione, la scelta dei materiali sopra descritti, i.e. cemento polimerico e ghisa rispettivamente per la canaletta di raccolta e la griglia di copertura, e acciaio Inox per i bocchettoni e le tubazioni discendenti, è legata alla necessità di evitare il danneggiamento della rete di drenaggio in caso di incendio sul nuovo viadotto. 

Conclusioni

Fin dall’inizio, la progettazione idraulica è stata caratterizzata da una “visione più ampia” dell’opera, nel rispetto ovviamente della Legislazione vigente ma con un approccio basato intrinsecamente su due aspetti importanti ovvero l’iconicità del nuovo viadotto e quello che rappresenta per lo Stato italiano (la rinascita, la bellezza, la genialità, la competenza tecnica, la velocità di realizzazione) e il periodo di vita atteso dell’opera stessa che doveva sembrare “eterna” a differenza purtroppo del viadotto Polcevera.

Su questi presupposti si basano le diverse scelte e soluzioni progettuali adottate e descritte (in parte) nei capitoli precedenti, quali il tempo di ritorno di progetto (Tr = 50 anni) della rete di smaltimento delle acque meteoriche, il trattamento delle acque di prima pioggia non richiesto dalla Legislazione locale per pavimentazioni stradali, la predisposizione antincendio (in termini di materiali) e la raccolta dei liquidi pericolosi derivanti da eventuali sversamenti accidentali sulla piattaforma (non prevista dalle Norme per i viadotti, ma soltanto da quelle relative alla sicurezza in galleria).

Bibliografia

[1]. F.C. Bell – “Generalized Rainfall Duration Frequency Relationship”, Journal of the Hydraulics Division, Proceedings of american Society of Civil Engineers, 1969.

[2]. G. De Martino – “Contributo al calcolo delle portate di piena col metodo dell’invaso per reti di fognatura serventi aree minori di 30 ha”, Giornale del Genio Civile, 1949.

[3]. F. Cotecchia – “Semplificazione del metodo dell’invaso per il calcolo delle portate pluviali di fognatura serventi aree minori di 100 ha”, “Ingegneria sanitaria”, 1965.

[4]. L. Da Deppo, C. Datei – “Fognature”, Cortina, Padova, 2004.

[5]. I. Mantica – “Proposta di un metodo semi-probabilistico per la progettazione e la verifica delle fognature urbane”, 3° Seminario nazionale su “Sistemi di drenaggio urbano”, Ancona, 1992.

[6]. A. Damiani – “Procedimento per un calcolo più spedito dei canali di fognatura col metodo dell’invaso”, Ingegneria Sanitaria, 1963.

[7]. F. Macchione, P. Veltri – “Opere d’arte idrauliche minori nelle infrastrutture stradali”, “Tecniche per la difesa dall’inquinamento”, a cura di G. Frega, Editoriale BIOS, 1988.

[8]. B.M. Gallaway et. al. – “Pavement and Geometric Design Criteria for Minimizing Hydroplaning”, Federal Highway Administration, Report n. FHWARD-79-31, 1979.

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