In anni recenti il tema del recupero dei ponti esistenti, sia in termini di sicurezza strutturale che funzionalità, si è posto come problema preponderante per gli Enti Gestori di infrastrutture, in Italia come negli altri Paesi europei.
L’adeguamento alle Norme vigenti di tali opere richiede un approccio sostanzialmente diverso dalla progettazione delle nuove strutture, e il ricorso a metodologie per il rinforzo statico e recupero funzionale che tengano conto della tipologia strutturale, delle caratteristiche del progetto originale, delle proprietà dei materiali esistenti e della compatibilità con gli stessi, dello stato di manutenzione e, non ultimo, degli aspetti di sostenibilità ambientale connessi all’intervento.
In tale contesto l’adeguamento del ponte ad arco in c.a. San Francesco sul fiume Adige a Verona fornisce un caso studio di riferimento, non solo perché gli interventi di rinforzo statico e sismico sono applicati ad un ponte che ha caratteristiche tipologiche comuni a molti ponti multicampata realizzati durante l’immediato dopoguerra, ma anche per la sua collocazione in ambito urbano, che ne determina aspetti peculiari legati all’adeguamento funzionale.
Un elevato numero di ponti in servizio mostra allo stato attuale carenze dimensionali, strutturali e funzionali rispetto ai livelli prestazionali richiesti dalle Norme vigenti. Molte strutture, a partire dalle più vetuste, sono progressivamente diventate inadeguate nei confronti dei nuovi standard, in termini di aumentati carichi per asse, maggiori volumi di traffico, incremento delle velocità di progetto e conseguenti effetti dinamici correlati.
Questi effetti sono enfatizzati dal concomitante degrado naturale dei materiali dovuti a processi di ammaloramento della struttura, in un contesto generale di scarsa manutenzione delle opere d’arte o completa assenza della stessa, legati a cause di tipo fisico (gelo-disgelo) o chimico (carbonatazione, corrosione delle armature, attacco di solfati, reazioni alcaliaggregati, aggressione di sostanze acide, aggressione da sali) o fattori ambientali del contesto in cui l’opera si inserisce, di tipo idrologico o geologico-geotecnico.
Tale situazione è resa per gli Enti Gestori ancora più complessa in Italia dove, oltre ai suddetti tipi di “vulnerabilità” che interessano i ponti esistenti, è prevista dalla nuova generazione di codici strutturali la valutazione della fragilità connessa alle azioni sismiche, con l’obbligo di eseguire la verifica sismica, e di conseguenza pianificare interventi adeguati di rinforzo per le strutture strategiche e rilevanti ai fini della Protezione Civile. A causa della situazione sopra descritta, il mantenimento in efficienza delle reti di trasporto sta diventando un compito estremamente oneroso per gli Enti preposti, soprattutto se si considera che quasi mai ci sono abbastanza risorse disponibili per affrontare il “problema intero” a tempo debito. Questo è apertamente riconosciuto da codici e standard, dove, ad esempio, viene detto che “Il prolungamento della vita utile delle strutture esistenti è di grande importanza, perché l’ambiente costruito rappresenta una grande asset economico e politico, che accresce sempre più di anno in anno (ISO 13822, 2010). La valutazione delle strutture esistenti è diventato uno dei più importante compiti dell’ingegneria civile”.
Stabilire delle procedure per la valutazione di strutture esistenti e identificare, anche per tipologie di opere, delle tecniche di intervento specifiche per l’adeguamento, è essenziale dal momento che la riparazione e il retrofitting si basano su un approccio sostanzialmente diverso rispetto alla progettazione di nuove strutture, e richiedono spesso conoscenze che vanno al di là del campo di applicazione di codici di nuova progettazione. Il progetto degli interventi di “riparazione+rinforzo+adeguamento funzionale” dei ponti esistenti va affrontato con l’obiettivo da un lato di sopperire a tutte le carenze, dall’altro di ridurre al minimo l’intervento, massimizzando allo stesso tempo il contributo degli elementi costruttivi esistenti e degli schemi strutturali originariamente adottati [3] in accordo con principi e approcci alla progettazione di tipo sostenibile.
Tutti questi aspetti trovano una soluzione chiara nel progetto proposto per la riqualificazione del Ponte San Francesco, che quindi fornisce degli spunti anche di ordine più generale per l’intervento su altre opere esistenti con caratteristiche analoghe.
Descrizione dell’opera e dello stato di degrado
Il ponte costituisce uno degli attraversamenti più trafficati sul fiume Adige nel centro storico di Verona. È un ponte in c.a. con tre campate ad arco: la centrale misura 41,45 m di lunghezza e quelle laterali 35,81 m. La struttura superiore è costituita da una soletta in c.a. di 14 cm di spessore, che poggia su un grigliato di travi ribassate di 25 cm rispetto allo spessore della soletta. Queste travi poggiano su pilastri distribuiti in direzione longitudinale e trasversale con un passo di 2 m che scaricano sull’arcata in c.a., aventi un’altezza molto variabile, che parte da H = 0,30 m in prossimità della chiave sino ad arrivare ad H = 4,66 m in vicinanza delle spalle, nella campata centrale.