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Il ponte II Giugno a Senigallia

L’analisi comparata delle problematiche connesse alla ricostruzione di un ponte urbano e la loro brillante soluzione

Il ponte II Giugno a Senigallia

Senigallia è attraversata dal fiume Misa che, nel suo tratto propriamente urbano, lambisce il centro storico inalveato tra alti muri, fino al raggiungimento del mare Adriatico.

Il 3 Maggio 2014, una piena del Misa ha invaso in parte Senigallia, uccidendo tre persone e allagando più di 5.000 edifici. Da quell’evento è nato il progetto di “Mitigazione del rischio idraulico della città di Senigallia” attraverso la verifica e manutenzione straordinaria dei ponti tra l’Autostrada A14 e la foce che ha suggerito l’opportunità e più propriamente la necessità di ridurre gli ostacoli presenti alla foce del fiume Misa attraversato da ben sei ponti negli ultimi suoi 2 km.

Di questi ponti solo il primo, realizzato negli anni Novanta, supera l’alveo, largo meno di 40 m, con una sola luce, laddove tutti gli altri presentano due pile e sono realizzati, ad eccezione del ponte sulla linea ferroviaria adriatica, con strutture in calcestruzzo armato ordinario sovente realizzate nella prima metà del secolo scorso, se non prima del secondo conflitto mondiale.

Assieme al ponte sulla S.S. 16, particolarmente critici sono risultati in questa ottica i due ponti propriamente urbani, il ponte Garibaldi e il ponte II Giugno; il primo porta al Duomo, il secondo connette il corso pedonale omonimo all’espansione di Via Carducci, da anni anch’essa pedonale.

Ponte II Giugno
1. Il profilo idraulico con la criticità primaria del ponte II Giugno

Tra i due ponti urbani si sviluppano in destra orografica i settecenteschi “portici Ercolani”, intimamente legati alla storia di Senigallia e alla sua celebre Fiera di Sant’Agostino.

Il ponte II Giugno e il ponte Garibaldi sono del tutto analoghi come geometria e struttura, essendo realizzati negli anni Trenta del secolo scorso, con una successione di tre campate appoggiate. Essi connettono le due parti della città come traffico viario e soprattutto ciclo pedonale, essendo il passaggio delle macchine principalmente distribuito dai ponti più esterni sulla Statale Adriatica a valle e di collegamento al casello della A14 a monte.

In particolare, il ponte II Giugno, dopo i danni subiti con la alluvione del 2014, è stato limitato al solo transito ciclopedonale. In ogni caso, la limitazione temporale della cesura creata dalla ricostruzione di un ponte in ambito urbano, e di conseguenza dall’interruzione del collegamento tra le due sponde, sia pure per un tempo limitato, è stata sicuramente il principio informatore principale dell’intero intervento.

Le tematiche insite nella ricostruzione di un ponte urbano

Il ponte II Giugno, pur nella sua relativa modestia geometrica, è il principale attraversamento di Senigallia per la popolazione della cittadina. Secondo una prassi frequente delle città di mare, la parte terminale dell’alveo del fiume Misa – più propriamente quella in fregio al centro storico – ha svolto dall’epoca rinascimentale la funzione di porto-canale e, come in molte analoghe situazioni, questa funzione è stata deliberatamente agevolata dalla realizzazione di muri al bordo e da un restringimento della sezione idraulica tutt’altro che irrilevante.

Questa scelta, apparentemente insensata, nasce dalla volontà di mantenere un flusso relativamente rapido dell’acqua di magra, riducendo il rischio di naturale interramento della foce, pur sottoponendo l’abitato, per contro, alla certezza di frequenti esondazioni.

Ponte II Giugno
2. Il ponte II Giugno nel 2019

Con i ponti esistenti, poi, risulta dalle analisi idrauliche che la portata del tratto urbano del Misa è più che dimezzata rispetto a quella delle sezioni a monte, non racchiuse tra i muri (in corrispondenza del ponte II Giugno la portata ammessa dal ponte stesso è di 126 m3/s a fronte di una richiesta di 428 m3/s per la piena duecentennale di Normativa). In soggiacenza a questo dato, il PAI delle Marche individua l’area urbana come inondabile R4 con rischio molto elevato.

Il posizionamento nel centro storico impone per l’opera “l’interesse paesaggistico”, secondo D.Lgs. 42/2004; ciò vale sia per la rilevanza architettonica del fronte in destra orografica (i già citati “Portici Ercolani”) sia per la mera tutela dell’asta fluviale.

È stato di conseguenza necessario ipotizzare ingegneristicamente un nuovo impalcato, capace di superare l’alveo con una sola luce di 35 m e di avere uno spessore strutturale assai minore del precedente, fino a un valore invero ridottissimo di 45 cm; ciò mantenendo una larghezza e una altimetria ovviamente vincolate al contesto urbano e alle due vie lungo fiume, chiaramente immodificabili.

Il tutto senza mutare in ragione apprezzabile la percezione visiva ormai consolidata, assimilata e inevitabilmente attesa del ponte II Giugno. Va da sé che il ponte precedente, quale connessione storica, portava anche alcuni sottoservizi essenziali (acquedotto e rete del gas) mai interrompibili durante i lavori di ricostruzione.

Poi un ponte nuovo deve essere adeguato alle azioni sismiche (e Senigallia ha una storia di terremoti non irrilevante), fondato secondo criteri contemporanei (cioè su pali intestati nei terreni argillo-limosi presenti e pieni anch’essi di sottoservizi) e, infine, preassemblato, stoccato e montato con un cantiere lineare largo solo 4 m sulla sede stradale e circa due sul marciapiede, in adiacenza alla principale via di comunicazione veicolare del centro da chiudersi solo per i sollevamenti sviluppabili in pochissimi giorni e con mezzi carrabili, movimentati con grande perizia.

Ponte II Giugno
3. La posa in opera, tramite autogrù, della passerella provvisoria per l’alloggiamento delle tubazioni il 15 Ottobre 2020, all’inizio dei lavori

A parità di posizione delle spalle, un primo studio è stato svolto sulla geometria del ponte esistente, per comprendere le possibilità di ridurne l’ingombro in alveo. A parte la coppia di pile, larghe 1,4 m, l’impalcato storico del ponte II Giugno, risalente agli anni trenta del secolo scorso, era composto da ben sei travi alte 1,2 m che portavano una soletta di circa mezzo metro di spessore.

Lo spessore elevato dell’impalcato ha stupito tutti perché la vista dagli argini suggeriva uno spessore ben minore a causa della percezione delle sole due snelle travi di bordo, alte appena 50 m e al contempo abili a mascherare la struttura vera.

Come spesso avviene nei ponti di una volta, la strada scorreva sostanzialmente in piano dando agio di guadagnare preziosi centimetri anche con un raccordo altimetrico in grado di migliorare pure l’interazione con le vie spondali. Definita la geometria del nuovo attraversamento, un problema fondamentale da affrontare è stato il mantenimento della continuità dei sottoservizi, in particolare il gas che deve scorrere con elevate garanzie di sicurezza.

Nel caso in esame, i ponti più vicini sono distanti diverse centinaia di metri, quindi non sono utilizzabili né per la deviazione dei tubi né per il collegamento tra i cantieri delle due sponde. Per la deviazione temporanea dei tubi, è stata quindi prevista la posa in opera di una passerella pedonale metallica montabile rapidamente e riutilizzabile innumerevoli volte.

La capacità portante di questo impalcato reticolare modulare permetteva di impiegarlo anche per il traffico pedonale comune; tuttavia, ciò avrebbe imposto la realizzazione di spalle, pavimentazione adeguata, parapetto a norma e persino l’esecuzione di un collaudo statico.

carter
4. Vista laterale del ponte prima della predisposizione per il carter

Prevedendo di ultimare l’esecuzione dei lavori in pochi mesi e di rimuovere la passerella appena completato il nuovo ponte, si è ritenuto correttamente ingiustificato perdere qualche mese per questi aspetti, tanto più che l’ambito storico avrebbe ancora richiesto una attenzione particolare per non rovinare, ad esempio, le sponde stesse del porto-canale.

Si è quindi scelto di poggiare la passerella su semplici cubi di calcestruzzo, al fine di superare le sponde, e di ammetterne l’uso al solo cantiere, ponendola all’interno dell’area recitata dello stesso.

La geometria statica

Come anticipato, le principali criticità che hanno informato la soluzione progettuale sono di tipo idraulico e costruttivo. Infatti, da un lato, il rischio idraulico rappresentato dalla possibile esondazione del fiume Misa vincola la quota di intradosso dell’im palcato il quale, di fatto, deve avere uno spessore inferiore a 50 cm e, dall’altro, la posizione marcatamente centrale dell’area di intervento, peraltro soggetta, come detto, a vincolo paesaggistico, condiziona le aree di cantiere e suggerisce, o meglio impone, per il montaggio dell’opera una concezione che minimizzi l’impiego di spazio sulla sponda destra.

Il cogente tema idraulico ha determinato l’eliminazione di qualsiasi sottostruttura in alveo e l’adozione inevitabile di uno schema a via inferiore per l’impalcato, permettendo così di minimizzare lo spessore strutturale al di sotto del piano stradale.

Il profilo stradale è stato, poi, conformato secondo un raccordo altimetrico convesso dolce che ha permesso di congiungere le estremità, poste a quota fissata dalla viabilità esistente, guadagnando al contempo quasi 30 cm di quota in corrispondenza della sezione di mezzeria del ponte, con un ulteriore incremento della sezione idraulica libera.

La struttura portante di impalcato è così costituita da una coppia di travi metalliche estradossate rispetto al piano viario, che consentono di scavalcare il fiume Misa in un’unica campata di luce 35,50 m, misurata in asse appoggi. Le travi presentano una sezione a doppio T in composizione saldata di altezza costante pari a 1.830 mm.

sezione trasversale
5. La sezione trasversale dell’opera

Tra le due travi, poste a interasse trasversale di 10,40 m, è compresa la carreggiata stradale, di larghezza 6,50 m comprensiva di banchine, e i due percorsi ciclo-pedonali laterali, larghi 1,50 m ciascuno, in modo che le stesse travi costituiscano il parapetto di bordo; l’altezza stessa delle travi è stata determinata da questa funzione e dalla sua fruizione.

Le travi sono collegate da traversi disposti a passo tipico di 2.700 mm, anch’essi in composizione saldata e con altezza variabile al fine di seguire la pendenza trasversale della doppia falda della sezione stradale, che così può essere garantita in modo semplice, senza che questo comporti un ricarico di pavimentazione, con un aumento di spessore impossibile, nel gioco di centimetri essenziali che ha informato l’opera.

I traversi sono connessi alle travi tramite unioni bullonate ad alta resistenza, cosa che ha permesso, come si vedrà in seguito, una indubbia semplificazione del montaggio in quota degli elementi, la cui velocità ha condizionato l’intero progetto.

I traversi sono resi collaboranti, tramite connettori a piolo di tipo Nelson, con la soletta in calcestruzzo spessa solo 10 cm. Lo spessore inevitabilmente contenuto della soletta, anch’esso figlio delle problematiche idrauliche già menzionate, ha imposto uno studio di dettaglio della stessa e una soluzione non comune.

Al fine di ottenere un sistema leggero e al contempo efficiente, soprattutto nei confronti dei carichi concentrati da traffico, si è scelto, dunque, di realizzare il getto di calcestruzzo su una lamiera spessa soli 6 mm, irrigidita all’intradosso tramite ribs a piatto 200×12, posti a interasse tipico di 635 mm e connessi ai traversi tramite bulloni ad alta resistenza.

La lamiera costituisce, così, dapprima un cassero autoportante nelle fasi di getto della soletta e, una volta terminato il processo di indurimento, l’armatura inferiore della soletta stessa, cui è resa solidale tramite connettori a piolo (φ 13 mm, h = 50 mm); questo ha imposto l’impiego di calcestruzzo ad alta resistenza come detto in seguito.

travi metalliche
6. L’orditura di intradosso della soletta, riflessa nel fiume Misa

La soluzione adottata si configura, dunque, come intermedia tra quella della soletta gettata su prédalle metalliche tralicciate, sovente impiegata negli impalcati in sistema misto acciaio-calcestruzzo (Werbundtraeger – dicevamo un tempo), e quella di piastra ortotropa priva, dunque, di getto.

Rispetto a quest’ultima soluzione, tuttavia, la lamiera irrigidita presenta un indubbio vantaggio in termini costruttivi, riducendo enormemente il numero di saldature da realizzare, e di durabilità, presentando tutte sezioni aperte facilmente ispezionabili, oltre a consentire una impermeabilizzazione e una pavimentazione di tipo ordinario.

La durabilità è, infatti, un tema cruciale per un’opera posta in ambiente marino; tutti gli elementi metallici sono in acciaio S355 verniciato con ciclo anticorrosivo di categoria C4-H, secondo UNI EN ISO 12944.

Anche la durabilità del getto di calcestruzzo della soletta, in classe di resistenza C50/60, risulta esiziale e passa, invece, inevitabilmente dalla possibilità di evitare o ridurre l’insorgere di fessurazioni.

A tal fine, all’impiego, ormai frequente, di un additivo antiritiro si è aggiunto l’impiego di fibre di vetro, con notevole incremento della resistenza a trazione del getto.

Come già anticipato, nel progetto di ricostruzione del ponte si è tenuta debitamente in conto la sicurezza nei riguardi dell’azione sismica; l’analisi di risposta sismica locale appositamente eseguita ha evidenziato come i terreni argillo-limosi presenti portino a un’accelerazione di plateau pari a circa 0,9 g allo SLV. Pertanto, sono stati adottati appoggi in elastomero armato, in numero di tre per ogni spalla, in grado di trasmettere azioni sismiche.

rivestimento
7. La predisposizione di montanti metallici per il successivo fissaggio dei pannelli esterni di rivestimento

In tal modo, si realizza una condizione di appoggio elastico che permette, pur con assoluta economia di costi, di incrementare il periodo proprio di vibrazione della struttura e, dunque, ridurre l’entità dell’azione sismica cui essa è soggetta, il tutto senza penalizzare il transito pedonale con giunti di dilatazione esuberanti.

Questo risultato appare più che utile per minimizzare il numero di pali di fondazione compresi nei pochi metri disponibili di cantiere sulla viabilità aperta al traffico e intersecati da fognature e sottoservizi, senza parlare delle bombe delle quali si dirà in seguito.

Il nuovo ponte permette di ricucire le due sponde, ma deve anche ripristinare, infatti, la continuità dei servizi di acquedotto e rete del gas, temporaneamente deviati, come si è detto, sulla passerella reticolare provvisoria.

Le stesse piattabande inferiori delle travi principali permettono di alloggiare le tubazioni all’esterno, senza che si renda necessaria alcuna struttura di supporto aggiuntiva. La ricostruzione di un’opera che ha caratterizzato per decenni il territorio circostante non può, inoltre, prescindere dall’inserimento dell’opera nel contesto e nella visuale urbana.

posa in opera
8. Il sollevamento e la posa in opera della prima trave il 17 Dicembre 2020

Pertanto, la soluzione progettuale, oggetto di autorizzazione paesaggistica del 10 Marzo 2020, ha previsto la realizzazione di elementi architettonici esterni, miranti a ricostruire, pur parzialmente, il prospetto percepito del ponte esistente.

Tali elementi sono costituiti da pannelli modulari in lamiera d’acciaio, sui quali sono tassellati elementi in travertino, la cui geometria richiama quella pristina dei parapetti storici. Tali pannelli vanno a rivestire le travi principali, cui sono connessi tramite montanti metallici disposti a interasse di circa 3 m, per un’altezza di poco più di 1 m, in modo da lasciare le tubazioni visibili e accessibili alle ispezioni, come richiesto dagli Enti gestori.

Il cantiere

Si è già evidenziato come l’esigenza di agevolare le operazioni di montaggio, in un contesto urbano con ridotti spazi disponibili, sia stato uno dei criteri informatori della soluzione adottata. Il montaggio dell’opera è avvenuto tramite successivi sollevamenti con autogrù concentrati in poche giornate di chiusura al traffico di Via Portici Ercolani.

L’assenza di ampie zone di stoccaggio e movimentazione sulle sponde del fiume ha comportato imprescindibilmente la necessità di interrompere il flusso di traffico durante le operazioni di sollevamento che, dunque, sono state concepite per essere il più possibile brevi, mentre tutte le lavorazioni sono avvenute con almeno una corsia aperta.

Ciò ha suggerito in primo luogo l’adozione di giunti bullonati per le connessioni tra gli elementi metallici, con l’unica ovvia eccezione dei conci delle travi principali, saldati a piena penetrazione a piè d’opera.

travi
9. Il completamento del montaggio dell’orditura costituita da travi e traversi

Tali saldature sono state, comunque, notevolmente ridotte, suddividendo ciascuna trave in soli tre conci di lunghezza massima di 12,50 m, comunque trasportabili in loco senza prevedere mezzi eccezionali. In secondo luogo, al fine di agevolare il funzionamento della gru, sono stati previsti sollevamenti leggeri, di facile esecuzione anche in presenza di uno sbraccio di lavoro di quasi 30 m.

Data la geometria delle sponde, infatti, è stato possibile disporre una autogrù da 500 t unicamente in destra idraulica, in fregio ai Portici Ercolani. Sempre in destra idraulica è stata disposta l’area di stoccaggio e di pre-assemblaggio degli elementi, tra cui i conci di trave da saldare.

La prima fase di montaggio dell’opera è consistita nel sollevamento delle singole travi principali, ciascuna dal peso di 36 t circa, e nel successivo collegamento di queste ai traversi di spalla, precedentemente fissati ai dispositivi di appoggio. Successivamente, tramite una autogrù da 100 t, si è proceduto al montaggio dei traversi e quindi dei pannelli di lamiera irrigidita ad essi connessi.

La scelta di un carpentiere di grande esperienza e capacità, come la Cimolai di Pordenone, ha permesso di contrarre i tempi di realizzazione, sia per la disponibilità interna di mezzi operativi che per la disponibilità di un magazzino ampio e sufficiente di lamiere, tale da non dover attendere i correnti tempi di approvvigionamento.

La costruzione dell’opera è stata, dunque, completata dal getto della soletta di impalcato, avvenuto in due fasi, e dalla stesura dei 5 cm di pavimentazione stradale, per poi concludere con le opere di finitura.

cordoli
10. Il getto di prima fase della soletta, a meno dei cordoli, già transitabile in data 31 Dicembre 2020

Conclusioni

Dopo il collaudo del 15 Gennaio, a soli tre mesi dall’inizio dei lavori, il ponte è stato aperto al traffico pedonale. In questo tempo va computato un mese circa di fermo cantiere conseguente al reperimento di 12 mine sulle spalle; si trattava in realtà di bombe di produzione tedesca che sono risultate essere state posizionate dall’Esercito italiano durante il secondo conflitto mondiale nell’eventualità di dover far brillare il ponte.

Il collaudo è stato eseguito caricando l’opera col numero massimo di autocarri a quattro assi da 40 t che fisicamente potevano essere contenuti dall’impalcato e, come avviene sovente in queste situazioni, questo non ha consentito di raggiungere il 100% delle sollecitazioni di progetto; è altresì chiaro come l’occupazione stechiometrica della superficie carrabile fornisca il massimo carico di esercizio effettivamente possibile.

Durante le prove statiche è stata eseguita anche la caratterizzazione dinamica che ha confermato, così come le prime, la perfetta riuscita dell’intervento. Lo scorso 16 Giugno, invece, è stato completato il montaggio degli elementi architettonici esterni, miranti a ricostruire, pur parzialmente, la geometria pristina dei parapetti in travertino.

collaudo
11. Il collaudo statico dell’opera, tramite otto autocarri da 40 t

Dati tecnici

  • Committente: Consorzio di Bonifica delle Marche per conto di Regione Marche
  • Progetto esecutivo: BME Bonifica Marche Engineering Srl
  • Progetto esecutivo di dettaglio: Studio Matildi+Partners
  • Collaudo: Ing. Giorgio Giorgi
  • RUP: Ing. Cristiano Aliberti
  • Direzione dei Lavori: Ing. Nafez Saqer
  • Coordinatore per la Sicurezza in fase di esecuzione lavori: Ing. Greta Baldassarini
  • Esecutori dei Lavori: F&I Lavori Soc. Coop.
  • Esecutori dei Lavori delle opere Metalliche: Cimolai SpA

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