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Il Punto di Vista: “Un masterplan trasportistico da riprendere”

Pietro Lunardi

Da sempre, la ricchezza e la qualità della vita di un Paese sono indissolubilmente legate all’efficienza del suo sistema di logistica e mobilità: come per la circolazione del sangue nel corpo umano, un sistema arterioso che convive armoniosamente con un sistema venoso, il cui mancato funzionamento, produce perdite di carico che si traducono in fenomeni di cancrena, altrettanto per il sistema trasportistico di persone e merci, se la mobilità di queste non è sufficientemente garantita, si produce il ristagno dell’economia e il proliferare della malavita.

È quello che da decenni, purtroppo, si sta verificando nel nostro Paese, che sul piano infrastrutturale è indietro di almeno 20 anni rispetto agli altri Paesi europei.

Tra il 2001 e il 2006, dal Governo Berlusconi e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (che allora guidavo) fu compiuto un grande sforzo per colmare questo gap infrastrutturale, sia attraverso la messa a punto di un masterplan trasportistico decennale di 120 opere infrastrutturali per 125,8 miliardi di Euro, sia attraverso la revisione integrale delle reti TEN che riuscimmo a ottenere dall’Unione Europea in occasione della Presidenza italiana durante il secondo semestre del 2003, perseguendo il triplice scopo:

  • di agganciare l’Italia all’Europa, superando e rendendo permeabile al traffico la barriera fisica delle Alpi attraverso il riconoscimento, anche sotto il profilo dei finanziamenti europei, di importanti opere transfrontaliere come il traforo ferroviario del Frejus sulla Torino-Lione, il traforo ferroviario del Brennero sulla Verona-Monaco e il traforo stradale alpino del Tenda, tutte opere oggi in costruzione;
  • di fornire alla nostra penisola, con particolare riguardo al Sud, la possibilità di diventare protagonista all’interno della piastra logistica del Mediterraneo, come punta avanzata dell’Europa all’interno dei grandi traffici intercontinentali tra Suez e Gibilterra, attraverso il riconoscimento di opera d’interesse europeo alla realizzazione di un collegamento stabile tra la Calabria e la Sicilia attraverso lo Stretto di Messina (il famoso ponte sullo Stretto progettato, finanziato (per il 20% dall’UE) e appaltato in soli tre anni, congelato dal Governo Prodi (2006-2008) e messo in liquidazione dalla coppia Monti-Passera (2011-2013);
  • di restituire al Paese, con i suoi oltre 8.000 km di coste, la propria vocazione originaria di armonizzare, attraverso le autostrade del mare, i traffici di persone e merci, coniugando le funzioni dei porti e dei retroporti con il sistema arterioso e venoso di autostrade e ferrovie.

Grazie anche all’approvazione della Legge Obiettivo, in soli cinque anni di Governo (2001-2006) l’importo delle opere affidate o cantierate fu di ben 51 miliardi di Euro e altri 65 si sarebbero investiti nei cinque anni successivi se quel masterplan trasportistico non fosse caduto in mani sbagliate!

La conseguenza è che ancor oggi la carenza delle infrastrutture di trasporto è il tallone d’Achille dell’Italia. Guardando al futuro appare urgente, innanzitutto, dare continuità ai Corridoi transeuropei (ferrovie e autostrade) armonizzando i traffici tra mare e terraferma.

Occorre cioè riprendere quanto era stato già programmato nel masterplan e parzialmente realizzato con la Legge Obiettivo (pensata e nata come un impianto legislativo che consentiva di garantire finalmente tempi certi ai numerosissimi adempimenti burocratici e tecnici necessari ad accompagnare concretamente un’opera pubblica dalla concezione alla cantierizzazione e che qualcuno, in un recente passato, ha addirittura definito “criminogena”, solo perché recepiva una clausola delle Ferrovie dello Stato, contenuta nei contratti del 1991 per l’Alta Velocità con i General Contractor, che prevedeva che lo stesso Contraente Generale potesse dotarsi di una Direzione Lavori propria, come contraltare all’Alta Sorveglianza nominata dalle stesse Ferrovie dello Stato).

Non meno urgente appare, parimenti, l’adeguamento delle infrastrutture di trasporto urbano delle nostre grandi città. Qui siamo veramente deficitari se si pensa che la sola Madrid ha più chilometri di linee metropolitane di tutte le nostre città italiane messe insieme (290 km contro 240)! La maggior parte di queste opere richiederà la realizzazione di tracciati per lo più in sotterraneo, adottando le più avanzate tecnologie per abbattere i costi e i tempi di costruzione. Si tratta di un’opportunità per gli operatori del sotterraneo italiani che, in questo, si sono conquistati una meritata fama internazionale.

L’adeguamento infrastrutturale è base imprescindibile per il rilancio economico e sociale del Paese. Auspico che il Governo che verrà riconosca questa realtà incontrovertibile e riprenda il lavoro incominciato nel 2001 e troppo presto interrotto.