Recentemente si va sempre più affermando la “Value Engineering” (VE), introdotta durante la Seconda Guerra Mondiale per ridurre i costi di costruzione di prodotti industriali. Scopo di questo approccio è quello di produrre al costo più basso oggetti che assolvano compiti assegnati, focalizzando l’attenzione sulle funzioni dei vari componenti o materiali piuttosto che sui loro attributi fisici.
La questione da porsi è quanto sia lecito applicare questo processo al campo dell’Ingegneria Civile, e quindi ai ponti. La VE svolta in sede di progettazione ha qualche similitudine con l’analisi Costi/Benefici (C/B) condotta quando si progetta una infrastruttura, almeno per quanto riguarda l’analisi estesa dei costi diretti e indiretti. Ora entra in gioco un nuovo parametro: la vita utile del ponte, peraltro già utilizzato per definire certe azioni aleatorie (sisma, ecc.).
L’importanza di questo parametro per un prodotto industriale è evidente: se devo costruire un telefonino che so già divenire obsoleto tra cinque anni perché impiegare materiali che hanno una vita molto più lunga? Posso ridurre i costi di produzione, senza compromettere la funzionalità del telefonino, adottando materiali più economici. Volendo estendere questo esempio ad un ponte, le cose diventano più complesse.
Innanzitutto perché queste opere sono quasi sempre parte di una infrastruttura molto più estesa, strada o ferrovia, a cui mal si adatta il concetto di “obsolescenza”, potendo caso mai parlare di inadeguatezza o di riduzione di funzionalità: nel qual caso, la strada o la ferrovia vengono declassate ma non rottamate. Secondariamente perché, una volta fissate le resistenze, per i materiali attualmente in uso – acciaio e calcestruzzo – si può incidere solo in parte sulla loro vita: ad esempio, con i cicli di verniciatura per l’acciaio o con particolari mix o additivi per il calcestruzzo.
Vanno infine considerate le fondazioni, la cui vita utile sembra difficile da governare. Qualcosa di simile alla VE può essere invece utilmente impiegata per analizzare un progetto esistente: si tratta allora di una vera e propria rivisitazione dello stesso focalizzata esclusivamente sui costi, che può evidenziare errori o ridondanze inutili. Ma forse questa è cosa diversa dalla VE originale.
L’impiego di nuovi materiali (in particolare gli FRP) potranno rendere più utile in futuro, anche nella fase progettuale, la VE, il cui impiego peraltro è già oggi consigliabile nel caso di grandi opere singolari: si pensi ad un ponte strallato, in cui si hanno molteplici componenti che lo rendono sempre più simile a una “macchina”.