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Punto di Vista: “I lavori di manutenzione stradale e la sicurezza degli… utenti”

Maurizio Crispino

In occasione dello Speciale su Cantieri e Sicurezza ospitato su questo numero della Rivista, può risultare utile fare alcune considerazioni a partire da un recente fatto di cronaca che è stato, come altri, fin troppo rapidamente “archiviato”.

Ci si riferisce al crollo di un viadotto durante operazioni di manutenzione sullo stesso svolte in presenza di esercizio della sottostante infrastruttura; non si entra nel caso specifico (che ha visto peraltro il decesso di due persone schiacciate dall’impalcato caduto) in quanto oggetto di procedimento giudiziario, ma ci si vuole interrogare sulla tendenza, invero crescente, di effettuare manutenzioni anche importanti in presenza di esercizio stradale.

La chiusura di una infrastruttura stradale, ancorché solo notturna, comporta innanzitutto disagi all’utenza, peraltro anche di tipo economico (allungandosi i tempi di viaggio). Per le strade a pedaggio la chiusura genera anche una perdita di ricavo che, da trascurabile (nel caso di un’attività manutentiva sporadica), può diventare significativa (nel caso di attività ripetitive).

Le valutazioni economiche, in genere, non giocano dunque a favore della chiusura, in quanto potrebbe risultare non significativo il vantaggio di produttività (che genererebbe una riduzione dei costi di intervento) conseguibile con l’infrastruttura chiusa al traffico. Sono dirimenti, quindi, per valutare la chiusura dell’infrastruttura, le valutazioni sulla fattibilità in sicurezza delle attività previste.

La Normativa in tema di sicurezza tutela i lavoratori ma poco si occupa dell’utenza, arrivando così al paradosso che se l’infrastruttura venisse chiusa l’area di intervento diventerebbe “cantiere” e, di conseguenza, quella sottostante la movimentazione dell’impalcato verrebbe preclusa ai lavoratori (o verrebbero comunque assunte particolari misure preventive), laddove, una volta lasciata aperta al traffico, la stessa area può essere liberamente percorsa da migliaia di utenti, dunque da un numero di persone di gran lunga superiore a quello dei lavoratori di un cantiere di questo tipo, e neanche formate e/o informate sui rischi che corrono nel sottopassare un viadotto di diverse centinaia di tonnellate in fase di movimentazione. Rischi che l’utenza dovrebbe essere posta in condizione di decidere se accettare o meno, assumendone piena consapevolezza.

Le analisi del rischio, utilizzate come strumento di supporto alle valutazioni in questi contesti, presentano elementi di soggettività ancora molto ampi e si prestano a valutazioni anche contraddittorie. Vista la crescente rilevanza del tema, è certamente necessaria una approfondita riflessione, anche di tipo normativo, sulla materia.

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