L’incidentalità stradale in Italia rimane tra i più gravi problemi, presentando, nell’anno 2022, un totale di 3.159 morti e 223.475 feriti ed essendo di gran lunga la prima causa di morte dei giovani.
Se analizziamo il numero dei morti in incidenti stradali per milione di abitanti, l’Italia (54 morti nel 2022) è al disopra della media Europea (46 morti), più del doppio dei Paesi del Nord Europa (Danimarca, Norvegia e Svezia si aggirano tra 20 e 30 decessi all’anno).
La comunità scientifica ha preso coscienza del problema già da anni, tuttavia quella civile sembra accettare passivamente questo fenomeno, come se fosse dovuto al destino, senza rendersi conto che per ogni incidente stradale esistono cause o concause ben precise che lo generano.
La maggioranza degli incidenti (73% del totale) avviene ancora in ambiente urbano e dal 2010 a oggi non si assiste ad alcun decremento significativo degli incidenti a pedoni, mentre per i ciclisti si è verificato un aumento del 30%. Quindi si dovrebbe anche criticamente verificare la bontà degli interventi infrastrutturali realizzati in questi anni sulle strade urbane.
Le cause principali di questa nostra situazione sono molteplici, tra cui: i notevoli ritardi con cui si emanano leggi o direttive riguardanti la sicurezza stradale (per esempio, a tutt’oggi ancora nessuna direttiva sull’applicazione delle tecniche di moderazione del traffico); pochi tecnici qualificati per la progettazione stradale con la conseguenza di una bassa qualità degli interventi; uno stanziamento di fondi insufficienti a riqualificare le strade pericolose; il numero di autovetture in circolazione (l’Italia detiene il record al mondo di autovetture per abitante) e il grave ritardo nella realizzazione di sistemi di trasporto collettivo di qualità.
Tuttavia, si rilevano alcuni elementi che forniscono un certo ottimismo: l’avvio del primo corso per la formazione degli ispettori della sicurezza stradale da parte dell’agenzia ministeriale ANSFISA; contributi a fondo perduto per la riqualificazione dei tronchi stradali più critici; l’applicazione delle analisi di sicurezza alle strade urbane ed extraurbane. Tutto questo, seppur lentamente, sta contribuendo alla formazione di una “cultura della sicurezza stradale”.
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