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Bohinjski predor, il traforo dimenticato

La ferrovia transalpina che collega České Budějovice a Trieste è caratterizzata da due tunnel molto noti - il Tauri e il Karawanken - e da un terzo, il Bohinj, pressoché sconosciuto

Bohinjski predor, il traforo dimenticato

Da Monrupino il tracciato storico tocca poi San Daniele del Carso (Štanjel) e quindi, con una discesa del 2,67% lungo la Valle del Vipacco (Vipavska dolina), raggiunge Nova Gorica.

Superato l’Isonzo tramite il ponte di Salcano (Solkanski most), che per inciso è a tutt’oggi il ponte ad arcata unica in pietra tagliata più lungo del mondo (85 m), la ferrovia ne segue poi la valle fino a Santa Lucia d’Isonzo (Most na Soči), per poi risalire – con una pendenza fino al 2,6% – la Valle del Baccia (Baška grapa), fino a Piedicolle (Podbrdo).

Il Wocheintunnel permette di superare lo spartiacque alpino e di raggiungere Bohinjska Bistrica (Wocheiner Feistritz), dalla quale – con un cambio di livelletta – si arriva dapprima a Bled e quindi, oltrepassato il culmine di Dobrava (Vintgar) grazie all’omonimo tunnel (1.131 m) a Jesenice, dopo un tragitto di 144 km.

La linea è a scartamento ordinario e a trazione termica. La Trieste-Jesenice, che contempla 33 gallerie e 65 ponti, fu inaugurata alla presenza dell’Arciduca Francesco Ferdinando il 19 Luglio 1906.

Durante la Prima Guerra Mondiale (scoppiata proprio in seguito all’assassinio dell’Arciduca a Sarajevo) subì però gravi danni a causa della vicinanza del fronte, in particolare nella zona di Gorizia, snodandosi lungo moltissimi luoghi delle Battaglie dell’Isonzo.

I trattati di Saint-Germain (1919) e di Rapallo (1920) portarono alla divisione della linea tra Italia e Jugoslavia, e il confine fu posto all’interno del Wocheintunnel, che venne rinominato traforo di Piedicolle.

L’evento penalizzò la linea che in breve tempo perse importanza e volumi di traffico. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, il Trattato di Parigi (1947) determinò una nuova suddivisione della linea: all’Italia, come anticipato, rimase il solo tratto tra Trieste, Villa Opicina e il valico di Monrupino, mentre sotto il controllo jugoslavo finì la sezione tra Monrupino e il traforo di Piedicolle, che cambiò nuovamente la propria denominazione in Bohinjski predor, nome con il quale è ancora oggi identificato.