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La riforma del Codice degli Appalti

Le preoccupazioni di Finco per l’operatività del PNRR su una materia che riguarda il 10-12% del PIL del nostro Paese e che non può essere presa sottogamba

Cantiere

La riforma del Codice degli Appalti – Per la foto in primo piano, photo credit: Tom Fisk da Pexels

Si presentano, in sintesi, alcune delle principali preoccupazioni della Associazione Finco in relazione a la riforma del Codice degli Appalti:

1. grandi lotti e accordi quadro: al contrario di quanto previsto nelle premesse del Codice degli Appalti, si impedisce di fatto alle PMI la partecipazione diretta alle gare di appalto relegandole al subappalto;

2. subappalto con ribasso senza limiti nell’affidamento tra Appaltatore e Subappaltatore: si sta andando verso gare dove le categorie di lavoro sono tutte subappaltabili al 100% tranne la categoria prevalente che non può essere subappaltata al 100%. Questo sistema non facilita la partecipazione delle piccole e medie Imprese, in particolare super-specialistiche, che vengono schiacciate al massimo ribasso a unico beneficio dell’Impresa appaltatrice con categoria prevalente;

3. sì alla semplificazione della burocrazia e no al semplicismo pericoloso che porta alla riduzione di:

  • partecipazione alla gara per le Imprese specialistiche;
  • qualificazione delle Imprese;
  • qualità del progetto;
1 Treno di macchine
1. (photo credit: David Mcelwee da Pexels)

4. sì alla semplificazione riducendo, accorpando e qualificando le Stazioni Appaltanti. Se ne parla da almeno un decennio: il comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei Contratti pubblici, introdotto dal comma 4 dell’art. 23 della Legge 210/11, stabilì che i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti dovessero obbligatoriamente dare incarico, per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture, a un’unica centrale di Committenza, nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti, oppure costituire un apposito accordo consortile tra i Comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici.

E le Stazioni Appaltanti e gli Enti aggiudicatori acquisire lavori, servizi e forniture associandosi o consorziandosi oppure ricorrendo a centrali di Committenza, tenute al rispetto del Codice. La Stazione Unica Appaltante era già prevista dall’art. 13 della Legge 136/10, per gestire – su base regionale, mediante apposite convenzioni gare di lavori – forniture e servizi per tutte le Amministrazioni. Una reale applicazione di questi principi può facilitare un’avveduta e pronta suddivisione in lotti degli appalti, onde concretizzare le prescrizioni contenute nella Legge recante “Misure per la libertà d’impresa” (180/2011) al fine di garantire la partecipazione delle PMI agli appalti;

5. le Stazioni Appaltanti molto spesso sono l’anello debole del procedimento. Carenza di Tecnici qualificati, procedimenti interni lunghi e farraginosi, carenza nella capacità progettuale, carenza nel controllo dell’appalto, tempi di pagamento infiniti.

Progettisti responsabili del progetto (esecutivo), in caso di vizi o non eseguibilità, devono rispondere in prima persona: così facendo si elimina il cosiddetto “errore progettuale” che porta a perizie di variante in corso d’opera, allungamento dei tempi, ecc..

PNRR: M3C1 – 2 sicurezza stradale 4.0 

La riforma 2.1 “Attuazione delle Linee Guida per la classificazione e gestione del rischio la valutazione della sicurezza e il monitoraggio dei ponti esistenti”

Si tratta del processo di valutazione del rischio di ponti e viadotti esistenti, gestione del rischio, valutazione della sicurezza e monitoraggio di ponti cavalcavia, ecc. nonché di strade e autostrade gestite da ANAS e Concessionari autostradali:

  1. la manutenzione attraverso il monitoraggio è indispensabile e urgente;
  2. manca un Catasto completo delle strade;
  3. pericoli:
  • progetti non adeguati – semplicismo;
  • Imprese poco qualificate – semplicismo;
  • ribasso senza limiti tra Appaltatore e Subappaltatore + subappalto senza limiti e senza garanzie di pagamento = opere incomplete (vedi Legge Obiettivo).
La riforma del Codice degli Appalti
2. (photo credit: Mali Maeder da Pexels)

Esempi di disastri per carente manutenzione

  • Del ponte Morandi si è già scritto (quasi tutto);
  • ponte di Novara: il cavalcavia di Novara, crollato una domenica del mese di Ottobre, era a rischio crollo già nel 2015. Lo affermava la relazione allegata al progetto di manutenzione straordinaria realizzato tra il 2015 e il 2016, nella quale il Progettista scriveva senza giri di parole che il problema è “la natura del terreno, il quale presenta scarse caratteristiche di portanza, soprattutto per lo strato iniziale”;
  • viadotto di Avellino: l’incidente stradale del viadotto Acqualonga avvenne la sera del 28 Luglio 2013 lungo l’Autostrada A16 nei pressi di Monteforte Irpino in provincia di Avellino, quando un pullman – a causa di un guasto all’impianto drenante e alla mancata resistenza del guardrail autostradale – precipitò da un viadotto provocando 40 vittime e causando il più grave incidente stradale in Italia;
  • ponte sul lago di Corbara: il ponte era stato chiuso in seguito a un controllo periodico nell’ambito del quale i Tecnici ANAS avevano rilevato criticità strutturali su una delle campate. La viabilità è stata ripristinata (notizia del 2021). Ed a lungo si potrebbe continuare.

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