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Disgregazione del fresato per il recupero a caldo

La Redazione ha fatto visita allo stabilimento della Sangalli SpA, dove il Titolare Marco Sangalli ha mostrato le macchine fornite da Cams Srl in funzione, spiegando le ragioni che l’hanno condotto alla scelta

Ecco di seguito i temi che sono emersi dal nostro incontro con Marco Sangalli.

“Strade & Autostrade”: “A che scopo è stato acquistato l’impianto, e quali erano le esigenze che vi hanno guidato nella scelta?”.

“Marco Sangalli”: “La ricerca è durata quasi un anno, nel corso del quale ho osservato diversi impianti in funzione o installati presso altre Imprese. Nella maggior parte dei casi si trattava di assemblaggi estemporanei, oppure di sistemi derivanti dal mondo delle cave. Ma il tipo di frantumazione rivolto al mondo minerario, che è il più diffuso tra quelli offerti dal mercato, è completamente diverso: mulini rotanti, a martello o a urto.

Noi stessi siamo andati avanti a lungo col mulino a mascelle che utilizzavamo per le macerie, impiegandolo due o tre volte al mese per frantumare il nero. Il problema era nella produzione eccessiva di fini. Il processo di fresatura contribuisce già di suo, essendo realizzato all’80% negli interventi di manutenzione su materiali provenienti da strati superficiali: tappeto di usura o tutt’al più binder, dunque, senza mai toccare lo strato di base.

Oltre a questo, nel processo di frantumazione a urto si spaccano i granuli, producendo altra polverina che non soltanto aumenta la percentuale del fine, ma comporta anche problemi con l’adesione alle canale e non permette di avere delle curve costanti. Per tutti questi motivi non eravamo in cerca di una frantumazione a urto, ma di una disgregazione del materiale”.

“S&A”: “Cosa l’ha portata a concludere che l’impianto Cams fosse il più indicato per non spaccare i granuli di fresato e ottenere materiale di giuste pezzature?”.

“MS”: “Alcuni Produttori hanno proposto di costruire un impianto ex novo, ma volevamo dei macchinari già sperimentati, che non lasciassero margini di incertezza al risultato. Ci siamo quindi rivolti a Cams, che ci ha mostrato i filmati di un impianto già installato in Grecia.

Successivamente, abbiamo noleggiato una delle loro macchine mobili per alcuni giorni, per valutare la bontà del sistema, e il riscontro è stato positivo. A quel punto, si trattava di studiare un metodo scientifico che facesse al caso nostro, perché la frantumazione primaria non era sufficiente. Si è quindi arrivati a un impianto fisso realizzato su misura. Il vaglio primario è di grandi dimensioni perché il fresato al suo arrivo è molto bagnato, a causa dell’acqua impiegata nel processo per il raffreddamento dei denti e l’abbattimento delle polveri, e se rimane accatastato trattiene questa umidità, compattandosi in superficie.

Oltre quindi all’accorgimento ovvio di tenerlo a tetto, è importante lavorarlo subito, separandolo e lasciandogli prendere aria su una superficie ampia. Dalla vagliatura primaria, però, può sempre rimanere una piccola percentuale di sassi da 20-25 mm, e così abbiamo fatto predisporre un secondo granulatore e un vaglio di dimensioni più ridotte.

Se non abbiamo bisogno di materiale grosso, in questo modo possiamo creare un circuito chiuso, in cui separare anche le eventuali impurità rimaste nel fresato, come ad esempio sacchetti di plastica o chiodi. Il materiale in uscita è molto omogeneo e di qualità eccellente, con curve granulometriche costanti”.