Nel presente articolo si descrive il monitoraggio di un esteso versante in frana che interessa la viabilità principale in contrada Valdiveltrica, tra i comuni di Orciano e Mondavio, in provincia di Pesaro-Urbino, nelle Marche.
Il monitoraggio è stato realizzato nell’ambito di una Convenzione tra la Regione Marche e l’Università degli Studi di Urbino per lo studio della franosità del bacino del Cesano con particolare riguardo alle condizioni di innesco determinate dalle precipitazioni e dalla sismicità, per la predisposizione di scenari di rischio connessi all’interruzione delle principali funzioni di emergenza e soccorso della Protezione Civile e, in particolare, della viabilità primaria.
Il monitoraggio ha visto coinvolti, oltre ai soggetti della Convenzione, le Società Sisgeo Srl e Field Srl, con la prima che ha appositamente realizzato il monitoraggio di uno dei due fenomeni franosi investigati.
L’area in frana nota come Frana di Valdiveltrica, si sviluppa lungo il versante destro del Fosso di Rialdone, affluente di sinistra del fiume Cesano, e interessa la S.P. 5 “Mondaviese” che collega gli abitati di Mondavio e di Orciano. I movimenti sono inclusi in un unico poligono cartografato nel PAI (F-07-0422) come frana complessa attiva, a cui è assegnata la classe di Pericolosità P3 (elevata) e classe di Rischio R4 (molto elevata).
Il poligono si estende per circa 180 ettari e include quasi l’intero versante, dalla sommità del rilievo all’incisione del fosso di Rialdone, che digrada verso Nord-Est. Secondo l’IFFI l’area risulta suddivisa in più poligoni: il settore settentrionale corrisponde ad un dissesto di tipo colamento lento attivo che si sviluppa a cavallo della S.P. 5 e si chiude nell’impluvio posto a valle della sede stradale (superficie di circa 1,2 ha) con un dissesto di tipo scivolamento attivo che raggiunge il Fosso di Rialdone (superficie di circa 13 ha); il settore meridionale corrisponde, in parte, ad un movimento di tipo complesso attivo e superficie di circa 40 ha. Il pendio presenta un’acclività media di 7°-8° e un’altimetria variabile da 150 a 200 m s.l.m.. L’area è quasi interamente destinata ad attività agricole ed i principali beni esposti sono piccoli nuclei di case sparse, la S.P. 5 “Mondaviese” e alcune reti tecnologiche.
Il monitoraggio ha riguardato due aree del versante di Valdiveltrica, entrambe situate poco a valle della S.P. 5 “Mondaviese”: l’Area 1, per la quale sono stati predisposti strumenti con acquisizione automatica gestiti da remoto a cura della Sisgeo-Field, che interessa anche un fabbricato rurale già oggetto di ordinanza di sgombero e delocalizzazione dei residenti e l’Area 2, attrezzata con strumenti di acquisizione manuali gestiti dal Servizio di Protezione Civile Regionale, che interessa più direttamente la sede stradale e periodicamente soggetta ad interventi di colmata e rifacimento della pavimentazione. In entrambe le aree sono stati eseguiti due sondaggi a carotaggio continuo per la messa in opera di un tubo inclinometrico e di un tubo piezometrico. La caratterizzazione geognostica è stata quindi completata con prove in foro di tipo dinamico (SPT) e prelievo di campioni indisturbati assoggettati a prove fisico-volumetriche e meccaniche presso il laboratorio geotecnico dell’Università di Urbino. Il tubo inclinometrico è stato attrezzato con quattro sonde inclinometriche fisse poste alle profondità di 4, 9, 12,5 e 16,5 m dal pianocampagna collegate ad un acquisitore automatico.
Le sonde inclinometriche fisse sono progettate per il monitoraggio in continuo di aree interessate da fenomeni franosi con elevato stato di attività e sono equipaggiate con sensore biassiale di tipo accelerometrico solidstate con un cavo strumentale per ogni singola sonda. L’acquisitore permette la lettura automatica, a intervalli di tempo stabiliti, delle sonde inclinometriche fisse e dei trasduttori elettrici delle pressioni dell’acqua nei tubi piezometrici.
Il datalogger è dotato di sei canali analogici differenziali che con il sistema operativo multitasking permette simultaneamente l’esecuzione delle funzioni di misura e di comunicazione. L’alimentazione del sistema di acquisizione è garantita tramite un pannello solare ed i dati vengono trasferiti ad un server tramite un modulo GSM/GPRS, con controllo e gestione del sistema da remoto tramite protocollo WMS via Web. Il sistema è completato da un tubo piezometrico con piezometro tipo-Casagrande a trasduttore di pressione elettrico adatto a rilevare le variazioni di pressione interstiziale nei terreni a granafine, e da una stazione meteo a controllo remoto, costituita da pluviometro, termometro, anemometro e barometro, gestita in remoto dal Centro Funzionale Multirischi della Protezione Civile regionale.
Il monitoraggio delle due aree è proseguito per circa 18 mesi, dalla fine del 2010 alla metà del 2012, quando è stato interrotto a causa dell’entità dei movimenti rilevati.
È evidente una superficie di scorrimento a 9 m dal piano-campagna e direzione di movimento verso i quadranti settentrionali. Le relazioni con le precipitazioni mostrano chiaramente come il movimento si evolva a gradini, con velocità, nelle fasi parossistiche, di circa 1 cm/giorno.
La velocità di deformazione osservata permette di classificare i fenomeni come a “cinematica lenta”, stante il comportamento duttile delle argille grigio-azzurre e della relativa coltre colluviale che ricopre i versanti e in cui i fenomeni franosi si impostano.
Il carattere di attività è di tipo stagionale, riscontrata l’impossibilità di proseguire il monitoraggio per un periodo di tempo più prolungato a causa delle eccessive deformazioni cumulate. Il cinematismo e le relazioni di causalità con le precipitazioni suggeriscono che la causa principale sia da ricercarsi nelle condizioni idrauliche al contorno, costituite pressoché tutto l’anno da condizioni di saturazione della coltre colluviale argillosa e da filtrazione piano-parallela al pendio, che minimizzano le resistenze offerte nei confronti degli sfori di taglio.
Interventi di parziale bonifica sono stati in passato realizzati dal servizio viabilità della Provincia, in particolare poco a monte dell’area 2, a protezione della S.P. 5 “Mondaviese” e di alcuni fabbricati prospicienti la strada. Gli interventi, realizzati sul finire degli anni Novanta, sono costituiti da pozzi drenanti (profondità 12m) lato-monte strada, una palificata lato-valle con profondità dei pali di 20m e diametro 100 e, poco più a Sud, in corrispondenza del tratto stradale prospiciente l’Area 2, da dreni sub-orizzontali lato-monte strada di lunghezze comprese tra 30 e 50m e diametro di 50, raccordati ad una trincea drenante lato-valle strada.
L’efficacia dei sistemi di bonifica si è tuttavia dimostrata insufficiente, come testimoniano i movimenti misurati in particolare in corrispondenza dell’Area 2, nonché i continui interventi di rifacimento della pavimentazione stradale poco più a Nord della medesima area. La spiegazione dell’inefficacia dei sistemi di controllo delle spinte e delle pressioni idrauliche è da ricercarsi nella concausa stratigrafica dei fenomeni franosi che interessano l’area di Valdiveltrica, legate all’assetto giaciturale delle argille grigio-azzurre basali che immergono a franapoggio con angoli a basso grado. Questa condizione determina la presenza di superfici di scollamento a livello del passaggio dalla coltre-colluviale all’argilla-basale, chiaramente messa in luce dai sondaggi a profondità di circa 10 dal piano-campagna, con cinematismi prevalentemente traslativi o roto-traslativi ad ampio raggio di curvatura.
L’assetto stratigrafico-strutturale rappresenta, a questo punto, la causa principale dei fenomeni franosi, vista l’estensione dei medesimi che interessano l’intero versante che immerge a Nord-Est, cui si somma, dal punto di vista della semplice accelerazione dei movimenti, la condizione idraulica
determinata dal regime delle precipitazioni stagionali, rispetto tuttavia ad un movimento che assume a tutti gli effetti i caratteri di una deformazione pressoché continua del tipo creep, ossia di deformazione incrementale nel tempo a carico costante. Ciò spiega l’inefficacia dei sistemi tradizionali di bonifica e stabilizzazione, stante l’estensione e l’entità delle sollecitazioni in gioco che richiederebbero una progettazione degli interventi su più ampia scala, seppure con un grado di affidabilità che necessariamente rimanderebbe ogni decisione ad un’analisi costi/benefici.