Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Posted in:

Leggere la città per percorrerla

Un centro urbano o un edificio ben progettato non hanno bisogno di troppa segnaletica. La loro stessa struttura suggerisce l'ubicazione delle parti che la compongono. Riflessioni a margine di un corso di aggiornamento

Leggere la città per percorrerla

Vi sono, come noto, eclatanti esempi dell’efficacia in tutto ciò in quella che opportunamente è chiamata “architettura a volume zero”. Casi tipici sono, ad esempio, la delimitazione di aree pedonali tramite idonea pavimentazione, la demarcazione della carreggiata tramite verde, il contenimento della velocità dei mezzi motorizzati tramite idonea geometria orizzontale e verticale della sede stradale, la delimitazione di “isole ambientali” tramite “porte”: è il mondo ad un tempo affascinante ed efficace della “moderazione del traffico”, che riesce a coniugare – se correttamente praticato – sicurezza e fluidità della mobilità con praticabilità effettiva e serena da parte di tutti, anche dei più deboli; ma anche con bellezza di vie piazze; e, non da ultimo, con… la non necessità di segnaletica. Anche la città fatta bene è quindi in grado di essere facilmente leggibile. Pure per la città, cioè, la marea di frecce e targhe negli spazi pubblici della mobilità – e non solo in quelli! – è una sostanziale dichiarazione di carenza: quella di avere necessità di protesi (cioè di corpi posticci, estranei alla propria organicità) per dichiararsi al cittadino ed al city user e per chiedere comportamenti appropriati. È utopico quanto detto?

No, perché esempi del tutto probanti ve ne sono. Ahimè, però, limitati a casi di insediamenti di media – o più frequentemente piccola – dimensione, o di porzioni di insediamenti più grandi.

Nella generalità dei casi invece, purtroppo, non è così: la città è scarsamente leggibile; o lo è solo per alcune tematiche; o lo è solo in alcuni suoi ambiti ristretti.

Ed ecco, allora, che balza evidente la necessità di disporre di riferimenti in materia di segnaletica che, partendo da teorizzazioni adeguatamente istruite, giungano a proporre buone pratiche anche a seguito di analisi critiche di esperienze. In tale logica, al nostro attivo già vi è una precedente e non antica esperienza in materia.

Come? Questa è storia più complessa. Ma orientarsi in essa è possibile. Magari attingendo alla nostra bibliografia, dai riferimenti facilmente rinvenibili. Si veda catalogo.egaf.it