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Vendita di alcol in autostrada, la Svizzera dice sì

Sicurezza stradale al centro delle discussioni, ultimamente, nella terra di Guglielmo Tell. Discussioni innescate da una vicenda specifica: la prospettata eliminazione del divieto di vendita di bevande alcoliche nelle aree di servizio autostradali. Un divieto storico, addirittura ultracinquantennale.

Destinato a sparire in applicazione del principio della libera concorrenza: il fatto che l’alcol sia liberamente venduto su viabilità ordinaria, anche a poche decine di metri dalle uscite autostradali, lederebbe la posizione commerciale delle aree di servizio. Hanno deliberato in tal senso il Consiglio Nazionale, a giugno, e il Consiglio degli Stati, lo scorso 13 settembre; tocca ora al Governo apportare le modifiche alla legislazione.

Non è senza interesse dare una scorsa alle varie voci del dibattito – riportato, per esempio, dalle testate francofone Le Temps e Le Matin. I favorevoli al cambiamento evidenziano l’ipocrisia del tradizionale divieto: inutile mostrarsi proibizionisti in autostrada, osservano, se il conducente può reperire birra e liquori ovunque e tenersi le bottiglie a portata di mano sul sedile, tanto più che, dei 18.000 incidenti censiti lo scorso anno nella Confederazione Elvetica, 2.000 soltanto si sono verificati in autostrada.

Le voci contrarie sottolineano la necessità di evitare, comunque, che la sosta in autostrada offra delle occasioni per bere: il viaggiatore professionale, il quale mai e poi mai perderebbe tempo nel traffico per uscire dall’autostrada, trovare un bar e rientrare, non dovrebbe vedere esposta in bella mostra la sua doppio malto preferita; e se gli incidenti in autostrada statisticamente sono pochi, ciò può spiegarsi proprio con le limitazioni nell’accesso all’alcol – limitazioni che, ora, scompariranno.

Insomma: da una parte, la valorizzazione delle ragioni del mercato e della responsabilità individuale (la guida in stato di ebbrezza, beninteso, è e resta duramente sanzionata pure in Svizzera); dall’altra, un richiamo ai doveri più profondi del decisore pubblico (“il senso della responsabilità collettiva consiste nel proteggere quei bambini, e quei cittadini, suscettibili di incrociare l’itinerario del guidatore scriteriato che ha alzato il gomito”, ha detto il politico Claude Hêche).