Condividi, , Google Plus, LinkedIn,

Stampa

Investimenti e produttività, doppia sfida cruciale

Della manovra varata dal governo va apprezzato anzitutto l’obiettivo prioritario di rilanciare gli investimenti, privati e pubblici, come leva principale dello sviluppo: impostazione corretta sia per rafforzare la crescita dell’economia italiana nel breve periodo, sia per eliminare strozzature di competitività del nostro sistema nel medio-lungo periodo.

Ancora più rilevante è questa impostazione per il fatto che con coraggio mette al centro del rilancio degli investimenti, e dell’economia, il settore manifatturiero. La manifattura è il cuore dello sviluppo e “Industria 4.0” è, in questo senso, il cuore della manovra, con un intervento mai sperimentato in Europa in queste dimensioni: 16 miliardi complessivi di incentivi (che diventano 20 con il taglio dell’Ires dal 27,5% al 24%) che saranno spalmati contabilmente in otto anni nel bilancio dello Stato ma porteranno a investimenti delle imprese concentrati quasi tutti nel 2017.

La conferma del superammortamento al 140% per chi investe in macchinari, il nuovo iperammortamento al 250% per chi fa investimenti digitali, il rafforzamento del bonus ricerca, il rifinanziamento del fondo di garanzia che con 900 milioni può consentire finanziamenti per 22-25 miliardi alle imprese: sono strumenti di politica economica decisivi per innalzare il livello di produttività dell’industria italiana e agganciare il treno della digitalizzazione nella competizione mondiale. Sono strumenti che agiscono orizzontalmente e sono quindi “neutri” rispetto ai singoli settori: tutti avranno la possibilità di accedere alle agevolazioni per innovare. E si delinea così una grande sfida anche per le imprese.

Senza trascurare che un altro pilastro della manovra, il rafforzamento della detassazione dei premi di produttività aziendali, consentirà di accelerare il recupero di produttività anche sul fronte decisivo del lavoro, ferma da troppo tempo e principale elemento di svantaggio competitivo della manifattura italiana rispetto ai concorrenti europei.L’altro aspetto fondamentale che non si può non sottolineare di questa legge di bilancio è che per un po’ meno della metà, 11,5-12 miliardi su 26,5 miliardi, sarà finanziata in deficit. Questo attribuisce alla manovra un carattere espansivo certamente positivo in questa fase congiunturale, sforzandosi tuttavia di mantenere un dialogo costruttivo con le regole europee. Bisognerà vedere, nei prossimi giorni, quale sarà la valutazione di Bruxelles ma intanto si può apprezzare l’equilibrio con cui il governo italiano ripropone un tema decisivo in Europa in questo momento: la politica del rigore dei conti pubblici fine a se stesso è sbagliata, mentre bisogna mettere la crescita e il rilancio degli investimenti al centro delle politiche europee e nazionali. La questione decisiva non è fare strappi e neanche ottenere qualche decimale di flessibilità, quanto piuttosto correggere la rotta europea portando argomenti alla costruzione di una nuova politica per la crescita. Le due questioni – la manifattura al centro dello sviluppo e la correzione delle politiche europee nel senso della crescita e della competitività – vanno di pari passo ed è proprio in una chiave europea che va capitalizzato questo primo, importante sforzo per rilanciare gli investimenti industriali. Bisogna dare atto al governo di aver fatto scelte coraggiose in questa fase, come coraggioso è il segnale che parte dal cuore dalla manifattura europea, con il “patto per la competitività” firmato dagli industriali italiani e tedeschi.

Le dodici raccomandazioni che Confindustria e Bdi fanno nel loro documento ai governi e all’Unione europea offrono una piattaforma per sviluppare in avanti il programma Industria 4.0 e farne il primo tassello di una politica europea che veda la tecnologia e l’innovazione come leve per ridare all’Europa una capacità competitiva e di interlocuzione con il resto del mondo. In questo quadro – e a prescindere dalle scelte che vorrebbero imporci i vincoli della burocrazia europea – è fondamentale comunque che il governo italiano non molli su due aspetti importanti della politica di bilancio: la riduzione del debito e la spending review. Sono due aspetti per cui l’Italia viene guardata con attenzione dai mercati e su cui dobbiamo continuare una traiettoria di correzione virtuosa. Anche perché restano da sminare le clausole di salvaguardia per l’Iva nel 2018 e 2019. E anche il rilancio degli investimenti pubblici – che il premier ieri ha quantificato in 12 miliardi aggiuntivi per il triennio 2017-19 – è possibile e realistico soltanto all’interno di un’azione di qualificazione della spesa pubblica che non si limiti a tagliare (magari con operazioni “lineari”) ma sposti risorse pubbliche dalla spesa corrente improduttiva a quella per investimenti.

Condividi, , Google Plus, LinkedIn,