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I Patti per il Sud salgono a sei (su 15) 13,4 miliardi di fondi Fsc

Per l’attuazione dei Patti per il Sud il governo stanzierà, con delibera Cipe , complessivamente 13,4 miliardi di euro a valere sui fondi Sviluppo e coesione (Fsc) 2014-2020. Dopo la firma con la Regione Campania, il 24 aprile (si veda il servizio), il premier Matteo Renzi ha fissato un calendario che prevede il 30 aprile la firma con la Regione Calabria e le città metropolitane di Reggio Calabria, Catania e Palermo e il 2 maggio la firma di quello con la Regione Basilicata. Le istruttorie sono in fase avanzata per tutti gli altri Patti (le Regioni Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna, e le città metropolitane di Napoli, Bari, Taranto, Cagliari) e l’obiettivo di Palazzo Chigi è di arrivare a tutte le firme entro il mese di maggio (per la cronaca, il Masterplan per il Mezzogiorno del novembre scorso prevedeva la firma dei Patti entro dicembre 2015).

Per ora neppure il governo sa con esattezza quante risorse pubbliche saranno programmate nei 15 Patti: oltre ai 13,4 miliardi di Fsc 2014-2020, infatti, i Patti coordinano Stato e Regioni (o città metropolitane) nella spesa anche di fondi Fesr già previsti nei Por regionali e nei Pon statali, programma i fondi nazionali dei “programmi regionali complementari” (tolti dal co-finanziamento dei Por ma considerati di fatto una loro appendice) e anche ri-programma residui fondi Pac e Fas 2007-13, ancora non spesi.  Nel caso della Campania i fondi Fsc 2014-20 assegnati (da formalizzare poi con delibera Cipe) sono 2.780 milioni, su un totale di risorse programmate pari a 9.558 milioni (di cui 2.553 già esistenti da precedenbti programmazioni, ApQ, AdP, Cis, assegnazioni per legge). Facendo un ragionamento un po’ a spanne, se questo rapporto Fsc/totale registrato nel Patto della Campania (il 29%) ci sarà anche nelle altre regioni, alla fine i Patti “goveneranno” risorse per 45-50 miliardi di euro.

Lo strumento del Patto per il Mezzogiorno non è al momento previsto in nessuna legge né provvedimento ufficiale del Cipe o di altro organo di governo, ma solo nel documento chiamato “Masterplan per il Mezzogiorno”. Tuttavia la sua struttura richiama gli Accordi di programma quadro (ApQ) della legge Finanziaria 1997 (legge 662/1996, si veda il Dossier Camera), nell’ambito degòli strumenti di programmazione negoziata Stato-Regioni, allora inventati dalla coppia Prodi (premier) e Ciampi (ministro del Tesoro). Nella sostanza l’obiettivo dell’attuale governo (il premier Renzi e il sottosegretario con delega ai fondi coesione Claudio De Vincenti sono gli artefici politici dell’operazione, con il lavoro tecnico svolto dal Dipartimento per le politiche di coesione di Palazzo Chigi, l’ex Dps) è innovativo e ambizioso, soprattutto se confrontato con le ultime programmazioni, fatte di eccessiva autonomia regionale, frammentazione di interventi e pochi controlli.

Da una parte coordinare molto più di quanto fatto in passato, anche nel 2007-13, i programmi statali e regionali finanziati dai vari fondi per le aree in ritardo di sviluppo. Anzi, la programmazione dei fondi Fsc 2014-2020 (50 miliardi di euro, di cui 11 programmabili solo dal 2019) sarà in buona parte unitaria, senza piani regionali e statali. Dai 50 miliardi iniziali, tolti gli 11 pronti solo dal 2019 e gli 8,4 già assegnati per legge o dal Cipe nel 2014-2015, ne restano 30,4 miliardi: 13,4 sono programmati nei Patti, e anche i restanti 17 (altri 12 al Sud e 4,5 al Centro-Nord) passeranno per la condivisione degli obiettivi in Cabina di Regia Stato-Regioni (costituita con Dpcm 25 febbraio 2016) e poi per delibere Cipe.

L’altro obiettivo dei Patti per il Sud – sempre rispetto al passato – è una più stringente definizione di cronoprogrammi e impegni reciproci di Stato e Regioni, con una “cabina di controllo” (costruita soprattutto sul lavoro dell’Agenzia di coesione, altra novità della programmazione 2014-2020) che verifichi l’attuazione del Patto e consenta l’applicazione delle previste sanzioni (revoca di fondi) in caso di inadempienza. Circa i contenuti, i Patti definiscono gli investimenti strategici nazionali, che però hanno collocazione e impatto su singole regioni. Facciamo un esempio: incrementare il trasporto urbano su ferro, o combattere il dissesto idrogeologico, sono priorità nazionali, ma poi le singole opere sono regionali, previste nei Patti. L’alta velocità Napoli-Bari, invece, è interregionale, fuori dai Patti.

Le aree tematiche di intervento contenute nei Patti sono – in ordine di priorità – infrastrutture, ambiente, cultura e turismo, sostegno allo sviluppo economico. Voci simili a quelle dei fondi Fesr, che però come priorità puntano più su imprese, ricerca, lavoro, e meno sulle infrastrutture materiali.