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Analisi costi-benefici, come finanziare le grandi opere

Per anni decine di miliardi di fondi europei inutilizzati o utilizzati solo parzialmente. Opere progettate e poi rimaste sulla carta oppure grandi incompiute. La storia recente e meno recente del nostro Paese è costellata di esempi di infrastrutture rimaste nel libro dei sogni. E, nella gran parte dei casi, la ragione di questi insuccessi risiede nella scarsa qualità dei progetti alla base degli investimenti programmati. La riforma del Codice degli appalti, da poco decollata, è l’occasione per rilanciare strumenti adeguati per valutare e selezionare bene le scelte prioritarie d’investimento e i progetti sui quali concentrare le risorse finanziarie disponibili.

Ma come valutarne la qualità e quali sono i criteri più idonei di valutazione, selezione e finanziamento delle infrastrutture prioritarie? A questi quesiti cerca di rispondere l’Osservatorio ‘I Costi del Non Fare’ che da oltre un decennio rileva i benefici e i costi delle politiche infrastrutturali in settori diversi nel nostro Paese.

”In tutto il mondo e nelle grandi istituzioni internazionali l’Analisi costi benefici (Acb) rappresenta la metodica più diffusa sia a livello strategico (quando si deve scegliere tra infrastrutture alternative), sia a livello di singolo progetto (quando si devono definire le caratteristiche di un intervento). Essa misura e compara costi e benefici direttamente e indirettamente ricollegabili agli investimenti”, hanno sottolineato Andrea Gilardoni, presidente di Agici, e Stefano Clerici, responsabile dell’Osservatorio ‘I Costi del Non Fare’, intervenendo al seminario ‘Finanziare bene le infrastrutture. L’Analisi costi benefici e i progetti di qualità’, svoltosi a Roma.

In una situazione di risorse pubbliche scarse, la valutazione e selezione delle infrastrutture è fondamentale per orientare correttamente gli investimenti anche privati verso le opere prioritarie per lo sviluppo del Paese. L’Analisi costi benefici (Acb), è emerso dal seminario, in questo senso, rappresenta un valido strumento per valutare l’utilità economico-sociale delle diverse alternative progettuali. Questa metodologia ha un’amplissima diffusione nel mondo grazie anche a manuali diffusi dai maggiori organismi internazionali (World Bank, Ocse, Bei) e all’adozione di linee-guida per un corretto utilizzo nei principali paesi europei (Francia, Inghilterra, Germania).

In Italia, invece, è stata tuttavia fin qui sostanzialmente disattesa. Questo strumento può certamente contribuire a identificare progetti utili (che sappiano cioè rispondere a esigenze sociali, ambientali, economiche e produttive), realizzabili nel rispetto dei tempi e dei costi pianificati, finanziariamente sostenibili e bancabili. In generale, si può affermare che l’Acb presenta notevoli pregi, uno fra tutti l’ottimizzazione del benessere sociale (Welfare) e dell’uso di risorse scarse. L’Acb è anche la base di partenza per la definizione di un rating sociale.

Ovvero di un indice sintetico che permetta di comunicare efficacemente e rapidamente la qualità di un’opera dal punto di vista economico, ambientale e sociale, ma anche finanziario. Ciò con evidenti effetti positivi su commitment della P.a., sulle scelte di molti investitori interessati al ritorno sociale e sulla valutazione del progetto da parte di stakeholder e popolazioni.

L’Osservatorio ‘I Costi del Non Fare’ (www.costidelnonfare.it) da oltre dieci anni valuta, attraverso una metodologia sviluppata dai ricercatori Agici, in parte basata sulla Cost‐Benefit Analysis, gli impatti economici, sociali e ambientali dei ritardi nella infrastrutturazione del nostro Paese.