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Aiscat: il sistema «80-20» sui lavori in house

L’Aiscat, l’associazione delle società concessionarie autostradali, nell’assemblea annuale tenutasi ieri a Roma, ha denunciato tre nodi aperti per le società autostradali, tre ostacoli che frenano gli investimenti autostradali:

1) gli aggiornamenti quinquennali dei piani economico-finanziari (Pef, strumento da cui dipendono tariffe e investimenti) ancora bloccati al Ministero delle Infrastrutture, anche i dieci che erano stati dati per approvati dal governo con il Cipe del 10 agosto;

2) il nuovo Codice appalti (Dlgs 50/2016) che impone di mettere a gara l’80% degli importi di lavori e servizi, e che secondo le società rallenta la realizzazione delle opere;

3) e infine la trattativa impantanata per la mini-proroga di alcune concessioni, in cambio di investimenti (in ballo il Gruppo Gavio, per il completamento della Asti-Cuneo, e Autostrade per l’Italia, per la Gronda di Genova).

Li ha denunciati il presidente dell’Aiscat, Fabrizio Palenzona, in carica senza interruzioni dal 2003: «Sono sempre presidente perché me lo chiedono gli associati, non perché lo voglia io», ha detto.

350 CAUSE GIUDIZIARIE IN CORSO

I consueti toni felpati dell’assemblea pubblica dell’Aiscat (l’associazione delle 27 concessionarie autostradali festeggiava anche i cinquant’anni della sua storia) non devono ingannare: la tensione con il Governo (vecchio e nuovo) è alta.

«Le cause in corso con il Ministero delle Infrastrutture – spiegano – sono 350». Una media di 13 cause per società, un record. Mauro Coletta, capo della Direzione genrale Vigilanza autostrade del Ministero, in audizione alla Commissione Ambiente della Camera a settembre, aveva parlato di 327 cause, spiegando che l’alto numero di controversie «nasce da un’attenta verifica che facciamo» su una serie di atti che riguardano «provvedimenti di approvazione dei progetti, adeguamenti tariffari, espropri, lavoro, subconcessioni e ribassi d’asta». Ma uno dei nodi principali è il mancato aggiornamento dei Piani economico-finanziari (Pef).

PRIMO NODO: ANCORA BLOCCATO L’AGGIORNAMENTO DEI PEF

Il primo dei tre nodi di scontro tra società autostradali e Governo, emersi all’assemblea annuale dell’Aiscat, è quello dei mancati aggiornamenti dei piani economico-finanziari, Pef. Deve essere fatto ogni cinque anni, in accordo tra società e ministero delle Infrastrutture, e in base al traffico effettivo e agli investimenti realizzati l'”aggiornamento” deve stabilire tariffe e investimenti per i cinque anni a venire. Le uniche società ad aver sottoscritto l’Atto aggiuntivo con il Mit, nel dicembre 2013, sono Autostrade per l’Italia e Satap (tronco A4); tutte le altre sono ferme a zero, con “periodo regolatorio” di cinque anni scaduto e trattative bloccate. «Anche i dieci Pef di altrettante società – spiega l’Aiscat – che il Cipe ha dato per sbloccati nella seduta del 10 agosto, sono in realtà ancora fermi».

Il Comitato interministeriale per la programmazione economica, il 10 agosto, ha dato parere favorevole all’aggiornamento dei Pef di Autostrada dei Fiori (prevedendo investimenti per 66 milioni di euro entro il 2018), Salt (220 milioni entro il 2018), Autovie Venete (380 milioni entro il 2017), Cav (Passante di Mestre, 56 mln entro il 2019), Sav (Aosta-Quincinetto, 54 mln entro il 2018), Sitaf (343 mln entro il 2018), Brescia-Padova (2.049 mln entro il 2026), Tangenziale di Napoli (64 mln entro il 2018), Torino-Savona (140 mln entro il 2018), Cisa (364 mln entro il 2018). «Ma le prescrizioni poste dal Cipe sono insostenibili», sostiene l’Aiscat, per cui di fatto la trattativa sugli atti aggiuntivi è ancora in alto mare.

Il nodo del contendere sono le tariffe. L’obiettivo del Ministero guidato da Graziano Delrio è contenere le tariffe. «Le proposte passate al Cipe – ha spiegato Mauro Coletta, Mit, in audizione alla Camera – prevedono il contenimento degli incrementi tariffari, in linea con gli indirizzi del ministro. I minori ricavi derivanti dal contenimento delle tariffe al tasso di inflazione sono comunque compensati da una riprogrammazione degli investimenti, con posticipazione di quelli non prioritari e una rideterminazione del valore di subentro» (la quota di ammortamento rinviata a fine concessione). Ma tutto questo non basta alle società concessionarie: «Il Wacc ipotizzato dal Cipe è fuori mercato – spiegano a microfoni spenti – troppo basso». Troppo basse le tariffe, dunque.

SECONDO NODO: PROROGHE IN CAMBIO DI INVESTIMENTI

È il secondo nodo per il settore autostradale evidenziato dal presidente dell’Aiscat Fabrizio Palenzona, oggi in assemblea. Il progetto, avviato dal governo Renzi con il decreto Sblocca Italia, ha l’obiettivo di realizzare investimenti autostradali con minori aumenti tariffari, grazie a proroghe delle concessioni e/o accorpamenti di concessioni dello stesso gruppo. «Non è un’operazione per mascherare una proroga delle concessioni quale regalo ai concessionari – ha precisato Palenzona – ma una compensazione: anziché gli aumenti previsti dai contratti e dai Pef vigenti, si spalma la dinamica tariffaria su un arco maggiore». Per allungare le concessioni, senza gara evidentemente, serve il via libera della Commissione europea, e la trattativa è in corso dall’inizio del 2015.

«I tempi lunghi di Bruxelles li conosciamo, purtroppo» spiegano al Mit. Ma l’Aiscat è convinta che il Ministero non spinga abbastanza. Sul tappeto sono due operazioni. Una riguarda il Gruppo Gavio, e ha l’obiettivo di completare la Asti-Cuneo, opera avviata dieci anni fa alla quale manca circa un miliardo di euro di investimento, non coperto dall’attuale Pef. La proposta del gruppo è di accorpare le concessioni di Satap A4 (scade nel 2026), Satap A21 (scade a luglio 2017, i tempi stringono) e Asti-Cuneo (2035), ammortizzando l’investimento su un arco temporale più ampio (l’effetto più evidente sarebbe non mettere in gara la A21, lasciandola ai Gavio per ancora qualche anno (si parla di sette anni). L’altra partita riguarda Autostrade per l’Italia.

Nel caso di Autostrade per l’Italia l’aggiornamento quinquennale del Pef è già stato firmato a fine 2013. L’obiettivo del Ministero, su cui sta trattando con Bruxelles, è evitare che la realizzazione della Gronda di Genova (progetto definitivo presentato nell’aprile scorso, 4,3 miliardi di euro il costo) sia “ripagata” con aumenti tariffari del 18% in dieci anni, come previsto dall’attuale contratto con Aspi. L’alternativa è un allungamento della concessione di sette anni, dal 2038 al 2045 (Autostrade è disponibile), limitando l’aumento tariffario decennale in pochi punti percentuali. Ma la “navetta” delle lettere tra il Ministero e la Commissione Ue va avanti da mesi senza arrivare al dunque. Dietro il palco ufficiale l’Aiscat fa filtrare la sensazione che il governo non stia facendo abbastanza per convincere Bruxelles.

TERZO NODO: APPALTI ALL’80% IN GARA

Non è data per chiusa da parte dell’Aiscat (è il terzo nodo aperto denunciato oggi dall’associazione delle concessionarie) la partita dell’80-20 sugli appalti delle autostrade. La norma cioè del Codice appalti (Dlgs 18 aprile 2016, n. 50) che impone alle concessionarie autostradali di mettere in gara (bando europeo) l’80% in valore di tutti i lavori, i servizi e le forniture. «È stata una modifica unilaterale – ha detto il presidente Fabrizio Palenzona – con evidenti profili di illegittimità, perché in contrasto con contratti di concessione validi ed efficaci». «Le società autostradali – incalza il presidente dell’Aiscat – sono state in qualche modo espropriate, senza indennizzo, di un diritto che gli derivava direttamente dal contratto. Anche in base alla nuova direttiva le concessionarie hanno libertà di esecuzione e organizzazione».

La soglia dei lavori autostradali da mettere a gara è salita in pochi anni dal 40 al 60 e infine appunto all’80%, con norma che diventerà obbligatoria dal 18 aprile 2018. L’obiettivo del Parlamento è stato di aumentare il mercato, riducendo al minimo l’in house per le concessioni che non sono state affidate con gara, perché già esistenti prima delle direttive europee del 1993. Le gare all’80% hanno ovviamente soddisfatto i costruttori e i gestori di servizi di progettazione, che avranno più bandi aperti a cui partecipare; ma molto critiche le società concessionarie, che hanno sempre sostenuto che l’affidamento diretto alle società controllate rende più veloci e certi i lavori, mentre le gare europee rallentano e l’affidamento a terzi porta rischio contenzioso e meno affidabilità su tempi e qualità delle opere; e i sindacati degli edili, che lamentano licenziamenti già in arrivo da società di costruzione controllate, come Pavimental (Aspi), e temono l’affidamento a imprese meno strutturate e con lavoro nero.

Entro il 18 aprile prossimo, in base allo stesso Dlgs 50/2016, il governo può rivedere il Codice appalti con un decreto correttivo, cosa che probabilmente avverrà; per questo l’Aiscat e i sindacati premono per le modifiche. Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio aveva aperto a modifiche nelle settimane scorse, anche se per ora limitate all’esclusione delle manutenzioni ordinarie dall’obbligo di gara (si potrebbero fare tutto con affidamenti a società controllate). Ma la questione è ancora aperta, dunque l’Aiscat insiste.