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Falso in bilancio, torna il reato: sì del Senato al ddl anticorruzione

Sì del Senato al disegno di Legge anti corruzione. Il falso in bilancio, dopo la depenalizzazione del 2002, torna ad essere reato e scattano pene più severe sia per le Società normali, che però non possono più essere intercettate, sia per quelle quotate. Non solo, stretta sui reati di mafia, condanne più dure per chi corrompe e si fa corrompere nella pubblica amministrazione.

Cosa cambia nella lotta alla corruzione. Se il provvedimento andrà in porto (ora deve passare all'esame della Camera) le società quotate in borsa rischiano condanne fino a 8 anni per le false comunicazioni, il che significa che sono rese possibili eventuali intercettazioni non consentite, invece, per le Società normali che rischiano fino a 5 anni.

Stretta sui mafiosi (la pena massima arriva a 26 anni) e anche sulla corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, ad esempio, visto che si passa da 8 a 10 anni per la condanna massima. Previsto, poi, il patteggiamento dopo la restituzione del maltolto, l'obbligo del pm di informare l'authority ma anche, tra l'altro, pene scontate per i «collaboratori» e condanne ridotte per fatti di lieve entità.

«È la volta buona», dice soddisfatto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi commentando il via libera del testo contro il quale hanno votato invece M5S, FI e Gal, con la Lega che si è astenuta. «Un passo avanti significativo», per il presidente del Senato Pietro Grasso che avverte: «Resta molto da fare».

Il sì non era affatto «un traguardo scontato». Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, lo sa bene: «Sbagliava chi diceva che facevamo finta. Abbiamo rischiato e abbiamo vinto». Certo, ammette il Guardasigilli, il voto non è stato unanime.

Le misure del ddl non hanno assicurato vita facile alla maggioranza che ha tenuto ma per un soffio. Alla fine il ddl è stato approvato con 165 voti favorevoli. Ma il nodo dell'impianto, il falso in bilancio, è passato per soli tre voti di scarto.