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Dissesto, pronti 132 progetti per mettere in sicurezza le aree metropolitane: la mappa

Un piano stralcio per le aree metropolitane, diviso in due tranche. Il fondo progettazione, che potrebbe partire in autunno. Il maxi piano nazionale da 7-8 miliardi, che procede a rilento.

La strategia del Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico, grazie al lavoro dell'Unità di missione guidata da Mauro Grassi, appare finalmente definita e ruota intorno a questi tre pilastri. Due di questi (il fondo e il piano nazionale) sono però ancora in attesa dell'avvio, mentre il terzo (lo stralcio aree metropolitane) sta finalmente trovando una forma stabile, dopo mesi di lavoro.

La mappa degli interventi sarà inserita in un Dpcm di prossima pubblicazione, ma «Edilizia e Territorio» è in grado di anticiparla . Si parte dal primo pacchetto di 33 opere da 800 milioni (650 statali e 150 in cofinanziamento), licenziato a inizio agosto dal Governo. A questi interventi, se ne aggiungono altri 94: sono tutti progetti definitivi ed esecutivi, quindi cantierabili, che l'Unità è pronta ad avviare insieme alle Regioni. Sarà compito della legge di Stabilità mettere a disposizione i fondi necessari.

Servono, per la precisione, 500 milioni, ai quali andranno ad aggiungersi poco meno di 100 milioni di contributi comunali e regionali. Se, poi, dovessero esserci le risorse, il gruppo di lavoro di Palazzo Chigi ha già individuato cinque opere, per 150 milioni totali, con progettazioni meno avanzate, ma di cui i diversi territori avrebbero bisogno. Includendo anche loro, il conto totale arriva a 132 interventi, che completano il quadro di questo piano stralcio. Questo primo tassello si avvia al completamento, seppure con tempi ancora da definire. Ma il lavoro di contrasto al dissesto passa anche dagli altri due pilastri.

Quello più importante è il maxi piano nazionale da 7-8 miliardi, articolato su base pluriennale. La strada verso la sua chiusura è, però, in salita. I motivi sono diversi. Da un lato, la trattativa con le Regioni avanza lentamente: le progettazioni ancora molto indietro impediscono di bruciare le tappe. Dall'altro, questo piano dovrà contare sul Fondo di coesione che, però, per l'80% è riservato al Sud e lascerebbe al Nord solo le briciole.

Una soluzione alla questione delle risorse non è ancora stata trovata. Anche il problema del fondo progettazione, infine, pare lontano da una soluzione. Il Cipe a febbraio ha stanziato 110 milioni per creare un plafond, da utilizzare come base per pagare le progettazioni delle Regioni, in molti casi parecchio arretrate.

Quel fondo è agganciato a un emendamento inserito nel Ddl collegato ambiente, in discussione al Senato e, al momento, fermo alla fase di votazione delle modifiche. Sulla carta, c'è la volontà di approvarlo alla ripresa dei lavori parlamentari. Ma non è detto che le promesse vengano rispettate. Intanto, l'Unità di missione ragiona su un nuovo stralcio, stavolta dedicato alle aree a rischio frana. Potrebbe essere un modo per anticipare gli effetti del piano nazionale e replicare l'esperienza positiva del programma dedicato alle aree metropolitane.

Tutto dipenderà dalle risorse messe effettivamente sul piatto dal Governo. Sono tutti interventi considerati prioritari per proseguire l'opera di rammendo del nostro territorio già iniziata nei mesi scorsi: lavori di sistemazione idraulica, adeguamento delle reti fognarie, mitigazione del rischio frane, scolmatori, casse di espansione, tagli di vegetazione. Insomma, progetti piccoli e grandi con una caratteristica comune: riguardano tutti i grandi agglomerati urbani, nei quali il rischio per la popolazione è più elevato. «La nostra idea – spiega Grassi – è avere a disposizione un piano che sia sempre più avanti rispetto alle disponibilità effettive. Se ci sono risorse, anche poche, chiediamo che vadano al contrasto al dissesto, perché adesso abbiamo una serie di progetti definitivi ed esecutivi, pronti da mandare in cantiere».

In questa stessa chiave, nei prossimi mesi, potrebbe partire un nuovo piano stralcio dedicato alle zone a rischio frana. Sarà un altro anticipo del maxi piano nazionale, per il quale sono previsti tempi di lavorazione ancora lunghi, dal momento che è necessaria una trattativa con tutte le Regioni. Le cifre più rilevanti di questa nuova tranche arriveranno nelle isole. La Sardegna è interessata da quattro interventi per 94,9 milioni di euro, mentre la Sicilia da sette opere per 89,7 milioni: soldi che andranno a Olbia, Cagliari, Messina e Catania.

Nel Lazio arriveranno 55,7 milioni per undici interventi: saranno impiegati per la messa in sicurezza dei molti piccoli corsi d'acqua che tempestano soprattutto le aree periferiche della città e i Comuni limitrofi. In Veneto è previsto un solo lavoro, ma molto rilevante: 51 milioni di euro per l'estensione dell'invaso di Montebello a servizio del torrente Chiampo, nell'area di Padova. Altri 48,5 milioni andranno in Liguria, a Genova, principalmente a Santa Margherita Ligure (33 milioni per un canale scolmatore tra i torrenti San Siro e Magistrato).

Poco più di 43 milioni sono destinati alla Toscana, che ha scelto di realizzare molti progetti, ma di importo ridotto. Mentre la Campania spenderà i suoi 42,6 milioni per otto opere, tutte nell'area metropolitana di Napoli. Completano il quadro 27,9 milioni al Piemonte, 24 milioni all'Emilia Romagna, 9,8 milioni alla Calabria e 9,6 alla Lombardia. Queste cifre si sommano a quelle già stanziate a inizio agosto, pari complessivamente a 650 milioni per 33 opere: in quel caso il grosso (275 milioni di euro) era andato alla messa in sicurezza di Genova. Ma con questo passaggio non si chiude ancora il cerchio.

Perché a questi soldi potrebbero aggiungersi altri 150 milioni di investimenti: l'Unità di missione, infatti, ha selezionato cinque opere che, escluse in questa prima fase, potrebbero clamorosamente rientrare dalla finestra, in caso di risparmi di spesa o di risorse extra. Hanno, però, un livello di progettazione meno avanzato rispetto alle altre, che sono tutte esecutive e definitive. Per loro potrebbe essere utilizzato il fondo progettazione da 100 milioni, ancora bloccato in attesa dell'approvazione del Senato nell'ambito del collegato ambiente.

Qualcosa, su questo fronte, potrebbe muoversi alla ripartenza dei lavori parlamentari. Il totale di questa tranche arriva, allora, a 99 opere, considerando anche quelle di riserva. Il mezzo miliardo necessario a finanziare la seconda fase del piano stralcio dovrà essere trovato nelle pieghe della legge di Stabilità. Portando così il totale degli investimenti statali a quota 1,15 miliardi che, per effetto dei cofinanziamenti, lieviteranno fino a 1,38 miliardi. «Dalla manovra ci aspettiamo sicuramente qualcosa – conclude Grassi -, ma si potrebbero trovare anche fonti diverse, per esempio fondi destinati ad altri settori e non spesi». L'elenco di queste prime 132 opere (consultabili nelle tabelle di pagina 2 e 3) sarà ufficializzato con la pubblicazione di un Dpcm, prevista nei prossimi giorni.