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Con il Def infrastrutture saranno stralciate le opere della legge obiettivo non più attuali

Contratto di programma Rfi 2015 da 4 miliardi, assegnazione dei restanti 1,55 miliardi dello sblocca-Italia, programmazione dei 42 miliardi di fondi coesione 2014-2020 ancora da assegnare, seconda parte del piano banda ultralarga, nuovo allegato Infrastrutture al Def firmato dal ministro Delrio con la probabile revoca delle prime grandi opere della legge obiettivo ormai non più attuali. Queste le principali sfide che il Cipe si troverà davanti alla ripresa post ferie.

Il dipartimento per la programmazione economica di Palazzo Chigi (la struttura del Cipe) è già al lavoro insieme al ministero delle Infrastrutture di Graziano Delrio sul nuovo allegato Infrastrutture, da presentare entro il 30 settembre e poi sottoporre a parere Cipe. Delrio – come ha spiegato nell'intervista sul Sole 24 Ore di giovedì – sta preparando una nuova gerarchia di priorità, con meno grandi opere, più manutenzione di infrastrutture e territorio, attenzione alle reti ferroviarie regionali. Nell'allegato potrebbe esserci anche una lista di finanziamenti a opere della legge obiettivo da revocare con gli interventi cui riassegnare i fondi (da farsi poi con delibera Cipe).

In fase avanzata di elaborazione è il contratto di programma Rfi, aggiornamento 2015, che deve recepire i fondi della legge di Stabilità e dello sblocca Italia 2014: la firma tra il ministro Delrio e l'ad di Rfi Maurizio Gentile è prevista per inizio settembre, poi si andrà al Cipe. Si tratta di nuove risorse per 4 miliardi di euro, in gran parte già destinate per legge: tre miliardi per l'alta capacità Brescia-Verona-Padova e 600 milioni al Terzo Valico di Genova, mentre i restanti 400 milioni andranno ad ammodernamenti della rete.

Il Cipe dovrà poi assegnare gli ultimi fondi dello sblocca Italia, 1,55 miliardi di euro, a un elenco di nuove opere stradali Anas, tra cui il lotto Rogliano-Altilia sulla Salerno-Reggio da 381 milioni. L'originaria scadenza del 31 agosto per la "cantierabilità" (intesa come approvazione al Cipe) è stata spostata al 30 ottobre dal Dl enti locali convertito a inizio agosto, ma non è escluso che tra l'allegato Infrastrutture e la legge di stabilità Delrio e Renzi, d'intesa con il numero uno dell'Anas Gianni Armani, decidano di rivedere quella lista, preparata un anno fa dall'allora ministro Maurizio Lupi.

Uno dei punti chiave che passano per il Cipe sono poi le politiche per il Sud, e il governo non ha ancora davvero deciso se procedere, per i Fondi sviluppo e coesione (Fsc), alla programmazione prevista dalla legge di stabilità 2015, o continuare invece ad assegnare risorse per piani stralcio (600 milioni al dissesto idrogeologico), norme ad hoc (sblocca Italia 2014: tre miliardi a una lista di infrastrutture), decisioni a sorpresa (banda ultralarga, prima tranche da 2,2 miliardi, delibera 6 agosto).

Intanto va detto che i 54 miliardi per l'Fsc decisi dalla legge di stabilità 2014 si sono già ridotti a 42 per effetto di pre-assegnazioni (quelle citate sopra) o della destinazione per legge a scopi diversi da quelli propri (investimenti in aree svantaggiate, l'80% al Sud). Una pratica non molto diversa da quell'effetto bancomat tanto criticato dal Pd ai tempi di Tremonti e del Fas.

La legge di stabilità 2015, per cambiare le vecchie abitudini, stabiliva che entro fine marzo il ministro per la coesione (oggi la delega è in mano a Renzi) individuasse le aree tematiche su cui dividere i fondi coesione 2014-2020, e gli obiettivi strategici per ciascuna area, e che poi, entro il 30 aprile, il Cipe dovesse ripartire i fondi (ora 42 miliardi) per le diverse aree. Poi doveva essere costituita una cabina di regia, con Palazzo Chigi, i ministeri interessati e le Regioni, per definire i piani operativi. Rispetto al vecchio Fas 2007-2013, che alla fine affidò circa 20 miliardi di euro alle Regioni, si tratterebbe di una forte centralizzazione, ma Renzi teme che il meccanismo finisca per essere troppo rigido, vincolante e burocratico rispetto a un'azione politica che ama più scattante e impulsiva. La delibera Cipe sulla banda ultralarga del 6 agosto (2,2 miliardi Fsc per le aree bianche, a "fallimento di mercato", i cosiddetti cluster C e D) è stata portata da Renzi al Cipe a sorpresa, stralciandola dal più ampio piano che stentava a essere definito.

Al governo sono di fatto già chiare alcune priorità su cui ripartire i 42 miliardi. In autunno dovrebbe arrivare la seconda assegnazione Cipe per la banda larga, 1,3 miliardi per le grandi città, i cluster A e B, e più avanti la terza tranche (1,4 miliardi) per i voucher per gli utenti, il fondo di garanzia, il credito d'imposta. In tutto, 4,9 miliardi dell'Fsc alla banda larga. Poi il dissesto idrogeologico, a cui dovrebbero andare in tutto 6-7 miliardi dell'Fsc, anche se non basteranno, perché l'emergenza alluvioni e frane è al 60% al Centro-Nord. Poi le infrastrutture, che avranno meno risorse che in passato dai programmi europei 2014-2020: dall'Fsc arriveranno risorse per le grandi opere (le ferrovie Napoli-Bari e Catania-Palermo, l'autostrada Salerno-Reggio e la statale Ionica), ma anche per le piccole, come l'edilizia scolastica, e per i porti (circa un miliardo di euro).