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Quale futuro per le strade provinciali?

Giovanni da Rios

Ai primi di Agosto, con l’approvazione in Parlamento del Decreto Spending Review, diventa Legge il provvedimento nato per “accorpare e sopprimere” le Province e poi ribattezzato più morbidamente “riordino”.

Secondo i criteri deliberati dal Consiglio dei Ministri, i requisiti territoriali minimi per le province sono indicati, in linea generale, in almeno 350.000 abitanti e 2.500 km2. Vengono inoltre istituite le nuove entità amministrative delle città metropolitane, dieci in tutto: Roma, Milano, Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria.

Dovrebbero in teoria sparire – o meglio riordinarsi – 64 Province, di cui 50 nelle regioni a Statuto ordinario e 14 a Statuto speciale. Erano 59 nel 1861, 95 con il Fascismo e sono attualmente 107: dovrebbero scendere a 43, comprese le città metropolitane.

Alle nuove maxiprovincie verrebbero tolte le competenze sul mercato del lavoro e sulla edilizia scolastica, mentre si confermerebbero le funzioni di tutela e valorizzazione dell’ambiente, nonché la pianificazione del territorio, il trasporto locale e la viabilità.

Nella nuova concezione degli Enti, pare evidente che – almeno per gli aspetti patrimoniali e gestionali – la viabilità rappresenti il core business delle competenze residue: eppure nelle varie discussioni sul tema delle “piccole patrie” si è parlato moltissimo dei contenitori (cioè dell’entità dei tagli) e quasi nulla dei contenuti del riordino.

Eppure la viabilità provinciale, per estensione e volumi di traffico, rappresenta il maggior comparto delle strade italiane, con una importanza negli ultimi anni accresciuta dalla acquisizione di molte strade ex statali.

Il riordino delle Province deve essere l’occasione per ripensare, anche a livello organizzativo e funzionale, il disegno della intera viabilità nazionale, recuperando quelle ottiche di rete che il brutale taglio delle strade ANAS ha largamente compromesso.

Come pure l’istituzione delle nuove aree metropolitane dovrebbe sottendere una innovativa visione strategica di gestione stradale nelle maggiori realtà insediative, dove la crisi della mobilità su gomma si presenta più acuta.

Ai Consigli delle Autonomie Locali, che in ambito regionale dovranno definire entro il 2012 i progetti di accorpamento, va il nostro messaggio di valutare – con l’attenzione che merita – la centralità della questione viaria sul nuovo scenario amministrativo degli Enti.